Ravenna vs Matteo Renzi

Oggi facciamo un confronto. Da una parte il processo di partecipazione che a Ravenna ha portato alla creazione della prima bozza di documento sull’agenda digitale. Dall’altra (l’oramai celeberrimo) “Matteo Risponde”.

matteo-risponde-620x350Cominciamo dal secondo. È un format già visto (addirittura dai tempi del governo Monti) che però, va riconosciuto, Renzi ha reinterpretato in modo comunicativamente efficace. C’è lui in video (e in streaming sul sito del governo) nella sala stampa di Palazzo Chigi. Davanti un portatile connesso a Twitter. Le persone scrivono domande, lui le legge, e risponde. Le risposte sono sempre a voce (più lunghe e argomentate) e in formato tweet. L’impressione è che vengano letti tutti, in ordine di arrivo, senza censure preventive (di cui fu invece accusato Monti, peraltro, ora si può dire, anche a ragione). Poco meno di un’ora durante la quale si apprezza più il lato umano del premier che i contenuti. Non perché non ci siano ma perché, oggettivamente, certe domande richiederebbero qualcosa di più di uno slogan o una promessa. Per cui alla fine sulle cose complicate il format lascia il tempo che trova. Dal punto di vista del gradimento del “popolo della rete”, salvo qualche eccezione, invece va alla grande.

Il processo ravennate è tutt’altra cosa. Vecchia scuola: circa 400 persone, divise in 6 workshop, e 5 focus groups, aiutate e guidate da 3 facilitatori. Si parte dal minestrone generale di proposte e idee, e le si affina mano a mano, fino a tirarne fuori 7. Queste serviranno da base per un documento approvato dal Comune (quindi dalla parte istituzionale) ma frutto della mediazione di tutte le voci che potevano (e volevano) dire qualcosa in merito. Insomma, un caso da manuale di democrazia partecipata-

E ora, trovare le differenze. Forse però si fa prima a trovare l’unica cosa in comune tra i due casi di partecipazione. Appunto il fatto di essere entrambe appartenenti alla famiglia “partecipazione democratica”. Per il resto siamo lontani anni luce, sia sulla notiziabilità, sia sull’efficacia e sulla opportunità di ripetere l’esperienza. Lascio valutare a voi in quale misura a favore dell’una o dell’altra iniziativa. Qui mi limito a un’altra osservazione. Ci piacerebbe che le iniziative dei “pesci grossi” – in questo caso il governo – avessero un pizzico (anche qualcosa di più di un pizzico) di fondamenta. Che non fossero solo spot, ma dessero anche sostanza. Vedere il Premier rispondere su twitter è divertente. Una volta. Già alla seconda ti chiedi quale sia l’utilità dell’operazione. Al tempo stesso ci piacerebbe che i “pesci piccoli” si sforzassero a prendere l’esempio delle capacità di rendere la democrazia e il dialogo divertenti e affascinanti. Il grande merito di Matteo Renzi è quello di saper trattare temi importanti in modo leggero. La democrazia è tra questi. Vedere la stessa abilità anche a livello locale, e nelle tante occasioni in cui non ci sono i riflettori a dare lustro alle iniziative, sarebbe una conquista per i cittadini, per gli amministratori pubblici, e per la democrazia partecipativa.

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