Pmi, social media e digital marketing: quale scenario per l’Italia?

Può una impresa oggi, soprattutto se media o piccola, non essere in rete e perdere le opportunità di business che provengono dal web?
Sembrerebbe di no, se è vero, come dimostrano dati Eurostat relativi al 2013, che circa il 73 % delle imprese Ue che impiegano almeno 10 persone, hanno un sito web, 2 punti percentuali in più rispetto al 2012, e quasi il 30% è sui social media. Aumenta quindi la percezione dell’importanza di aprirsi al mondo della rete anche se si tratta di “partire” che registrano numeri molti differenti nei diversi stati dell’eurozona: i paesi nordici quelli in cui la stragrande maggioranza delle aziende ha un sito internet, con il record in Danimarca (92%), Svezia (89%), Austria (86%), Germania e Olanda (entrambe 84%), mentre a essere più social sono le imprese di Malta (55%), Olanda (50%), Irlanda (48%), Svezia (45%) e Gran Bretagna (42%).  Diverso il panorama in Italia, con il 67% (contro il 73%) ad avere un sito internet e il 25% (contro il 30%) ad utilizzare Facebook, Twitter o Youtube.

A cosa si deve una così bassa apertura ai social media da parte delle imprese italiane? Ne abbiamo parlato con due importanti esperti di social media Gianluca Diegoli e Luca Conti, alla vigilia dell’incontro del 16 maggio, organizzato da Luca Carbonelli nell’ambito de “Il Salotto del Caffè” cui prenderanno parte in veste di relatori.

Le aziende si bloccano nel momento in cui devono raccontarsi – spiega Diegoli – Manca il tono di voce giusto, manca la capacità di espressione. Hanno paura di non essere professionali. Ma l’informalità e il tono amichevole è proprio quello che cercano le persone dalle aziende, soprattutto dalle PMI”. Ad “aggravare” le reticenze pesano i dubbi su come “controllare” la vita social e come coniugarla con tutte le altre attività aziendali: “la perdita di controllo e un nuovo fronte da presidiare sono visti come critici” rileva Conti, anche se poi “Ricevere feedback spontanei e apprezzamenti, spesso sorprende”.

Eppure i vantaggi che la rete e i social offrono alle imprese, pensiamo solo al tema dell’e-commerce e  alle opportunità legate all’internazionalizzazione, sono sempre più sotto gli occhi di tutti. Oggi per una impresa essere social “significa poter creare un rapporto privilegiato con una parte dei propri clienti, un network di entusiasti e di promotori che si sentono coinvolti nelle sorti dell’azienda. In termini di business, significa capire le esigenze del mercato in modo continuativo, carpire segnali prima degli altri, coltivare una rete di vendita “informale“. Spiega Diegoli  oltre che rappresentare una opportunità anche in termini di immagine, come sottolinea Conti: essere social per una impresa, oggi, vuol dire non perdere opportunità, vuol dire: “essere al passo con i tempi e con le necessità di ascolto del cliente; per il business è un modo per non perdere il polso del mercato”.

L’Italia come se la cava in questo contesto? Secondo Luca Conti le aziende nostrane in questa materia: “Scontano il ritardo culturale del sistema paese, ma non credo siano poi così lontane dalla testa del gruppo”  mentre Diegoli sottolinea che nel Belpaese “Siamo davanti a un ambiente estremamente vario, in cui a “campioni eccellenti” si affiancano aziende che hanno perso completamente il polso con la realtà della vendita e della scelta in rete dei prodotti da parte delle persone.”

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