Verso la smart community: come sostenere i progetti di innovazione per le città

Perché il cablaggio della città è necessario? La connettività a larga banda è davvero uno strumento di innovazione per cittadini, imprese e territorio? Come sostenere i progetti di innovazione e quanto contano le infrastrutture a banda larga? Queste le domande al centro delle riflessioni sviluppate nell’ambito del convegno “Come sostenere i progetti di innovazione a beneficio della città” svoltosi nei giorni scorsi a Settimo Torinese organizzato dal Comune e Sielte S.p.A. Esperti di IT, funzionari pubblici, esponenti delle telco e delle istituzioni a confronto per riflettere sul ruolo dell’innovazione sul territorio.

innovazionePer sviluppare progetti innovativi la banda larga è un elemento di base. È quanto è emerso con forza dal dibattito,  moderato da Stefano Epifani Chief Editor di Tech Economy. La disponibilità di banda larga è certamente il prerequisito nodale su cui costruire qualunque pianificazione strategica e operativa per progetti innovativi sul territorio. E le telco si stanno muovendo in questi anni per migliorare coperture e servizi per Pa, imprese e cittadini. Lo scenario, infatti, è cambiato rispetto al passato, spiega Gianni Moretto, Direttore Open Access Nord Ovest – Telecomitalia: “oggi al centro dell’azione non c’è più il traffico voce, c’è la velocità del trasferimento dei dati che avviene attraverso le reti di telecomunicazione“, questo perché con l’internet of things i dati stanno entrando nelle cose con forti implicazioni in vari ambiti, dall’agricoltura alla gestione degli edifici, dalla salute e la telemedicina ai sistemi di sorveglianza e di sicurezza.
Su cosa puntano, quindi le telco? Fastweb, ha spiegato Gianfranco Fossati, Responsabile Field Nord – Fastweb, ha scelto il Fiber to the cabinet, modello già ampiamente diffuso in Inghilterra, Germania e Svizzera, interessante per tre motivi: costa il 70% in meno delle altre soluzioni; non ha bisogno di interventi all’interno delle abitazioni; garantisce copertura uniforme, a differenza delle altre tecnologie che assicurano una buona copertura solo in zone densamente abitate. Vodafone, spiega Sabrina Casalta, Ultrabroadband Manager Italia – Vodafone, ha investito circa 3,6 miliardi di euro in Italia per la creazione di infrastrutture per la fibra, il 4G e il HSPA+ (dove quest’ultima copre circa il 95% della popolazione italiana): “a Settimo abbiamo realizzato un intervento di circa 3 mesi, abilitando la vendita del servizio per oltre l’80% della popolazione, grazie anche alla collaborazione con l’amministrazione comunale“.

Posta la centralità delle infrastrutture, come valorizzare realmente i progetti smart city per il territorio? Il punto di partenza, come emerge dalla tavola rotonda, è avere una visione complessiva del fenomeno che tenga conto si degli aspetti tecnici, tecnologici e infrastrutturali ma che ponga sempre di più al centro dell’innovazione del territorio le persone, passando così da un modello di smart city a un modello di smart community, intesa sempre più come un luogo in cui le persone interagiscono in modo intelligente attraverso le tecnologie.

“Una città è davvero smart solo nel momento in cui tutte le sue risorse sono collegate attraverso le infrastrutture ed è per questo che è fondamentale anche sviluppare l’interoperabilità dei servizi per i cittadini che abitano una smart city” spiega Salvo Rosa, Resp. Sistemi Informativi Sielte S.p.A., ma lo sviluppo delle infrastrutture non è solo un fenomeno di carattere ingegneristico “è anche social“, sottolinea il direttore di TOP IX Andrea Casalegno: chi si occupa di progettazione infrastrutturale deve  “tenere conto che gli utenti contribuiscono in modo diretto alla realizzazione delle infrastrutture“. Dello stesso avviso Antonio Pernice, Esperto Tecnico Scientifico MIUR secondo cui la smart city non può esser costruita “in laboratorio” attorno ad elementi esclusivamente di tipo tecnologico ma deve tener conto della natura del territorio cui si riferisce, valorizzandone le specificità ed interpretandone i valori. “La smart city non è solo un insieme di tecnologie informatiche ma nasce dalla capacità dell’amministratore di contemperare la dimensione digitale con la materialità di un contesto urbano, che è fatto di logistica, trasporti, servizi che per quanto digitalizzati mantengono una dimensione fisica che rappresenta un punto di contatto insostituibile con il cittadino.” conclude Pernice.

smart cityIl tema delle smart city tocca anche i modi in cui oggi concepiamo il tempo e lo spazio: è quanto afferma Claudio Broggio del CSI Piemonte che porta gli esempi del monitoraggio energetico all’interno degli edifici pubblici e di come il cittadino possa cambiare la propria mobilità, attraverso il car sharing, il bike sharing e servizi simili legati alla tecnologia digitale. Un problema, però, persiste ed è quello legato agli open data: “si parla spesso di Open Government – aggiunge Broggio – ci sarebbe tutta la tecnologia, ci sarebbero anche tutti i dati ma mi chiedo se esiste una vera volontà di attuazione“. Infine Broggio cita anche il caso di maggior successo di open data in Italia, “dati piemonte.it”, affermando: “sfido qualunque impresa a usarli in qualche modo, a fare business con quei dati. Non sono veramente dati aperti: essere aperti non vuol dire solo aprire dati ma significa aprirsi ad una cittadinanza attiva e alla collaborazione“.

La smart city costruisce un rapporto totalmente nuovo tra amministrazione e cittadini, sottolinea Elena Piastra, Vicesindaco di Settimo Torinese “l’idea è che il rapporto con la pubblica amministrazione possa essere simile a quello che si ha con uno smartphone, lo si compra privo di applicazioni e poi lo si personalizza con le app di cui si ha bisogno; proprio per questo noi stiamo cercando di disegnare i servizi attraverso una profilazione totale dei bisogni del singolo cittadino”.

In chiusura Emanuele Spampinato, CEO di Etna HiTech, ha posto l’accento sul passaggio da Smart City a Smart Communities, nella quale la creazione di applicazioni e di nuove esperienze di fruizione dei servizi non spettano alla PA ma al territorio. “La PA deve creare le condizioni abilitanti affinché il mondo all’esterno possa collaborare e, ad esempio, pensare app per accedere a servizi PA in mobilità“: la pubblica amministrazione mette a disposizione di tutti i dati sulla viabilità, poi il territorio vedrà quali app creare per poter utilizzare quei dati per le proprie esigenze. “Il problema principale della governance (di una smart city, ndr)”, conclude Spampinato, “è mettere in piedi un modello che ponga al centro la persona. Le persone partecipano alla qualificazione dei fabbisogni, alla validazione dei sistemi che devono erogare un servizio” attraverso anche un sistema partecipato di peer review “così che se un servizio non va bene lo si cambia. È questo il modello di innovazione continua! E ci siamo dentro tutti: le imprese, le infrastrutture e la PA“.

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