Sanità Digitale: il mercato e le fantasie

Incoraggianti segnali di ripresa del mercato IT in Sanità: in attesa dei dati previsionali per il 2016-18 (Netics li renderà pubblici a settembre, in occasione di “s@lute: il Forum della Sanità Digitale”), indubitabilmente qualcosa si muove. Grandi gare in arrivo, sia a livello regionale che di singole aziende sanitarie e ospedaliere, e l’avvio di una prima serie di iniziative inter-regionali destinate a vivacizzare il prossimo triennio dopo 5-6 anni di calma quasi piatta.
Anche sul versante dell’offerta le cose sembrano muoversi con maggiore dinamismo: si tornano a vedere operazioni di merge & acquisition, e più di un vendor ritiene che chiuderà il 2015 con performances interessanti anche sul mercato domestico dopo un biennio trascorso a tentare la conquista di qualche mercato estero.

sanità digitaleTutto bene, quindi. O forse no.
La domanda cresce, è vero. Ma cresce ancora troppo al di sotto dei trend internazionali dove ci si è abituati alla doppia cifra anno su anno.
E’ mancato – sperando che si faccia vivo a partire dal 2016 – il grande balzo in avanti che avrebbe dovuto essere rappresentato da quel “Patto di Sanità Digitale” del quale si sono perse le tracce nel suo rimbalzare fra Stato e Regioni e che ora – stando ai bene informati – dovrebbe finalmente vedere la luce con una prima importante focalizzazione sulla telemedicina.
Mancano – clamorosamente – piani strategici di Sanità Digitale a livello centrale e regionale: il capitolo “Sanità Digitale” all’interno del “Piano Crescita Digitale” licenziato da Palazzo Chigi a inizio marzo rappresenta un encomiabile tentativo di mettere in fila una serie di titoli (fascicolo, ricetta elettronica, anagrafe degli assistiti, pagamento elettronico dei ticket) provando anche a indicare dei tempi di attuazione e una metrica di riferimento per la misurazione dei risultati, ma non può essere di certo assimilato a un “vero” piano.
Nessuna Regione si è dotata di un Piano Strategico di Sanità Digitale vero e proprio: nelle migliori delle ipotesi (meno della metà delle Regioni e Province Autonome) troviamo capitoli dedicati alla Sanità all’interno dei documenti di “Agenda Digitale”. Ma anche in questo caso, nulla che possa davvero paragonarsi a un piano strategico.

Torniamo alla domanda di IT in Sanità: cresce, come dicevamo in apertura. Lo fa nella stragrande maggioranza dei casi perché non può non farlo: asset ai limiti dell’obsolescenza da sostituire, i progetti di Fascicolo che devono essere avviati perché c’è una norma statale che lo impone. Eccetera.
E così i vendor rincorrono le singole opportunità, giocandosi il tutto per tutto sui singoli territori e in clamorosa assenza di un quadro di riferimento.
Niente che assomigli al modo “normale” di stare su un mercato, diciamo.
Fornitori che non sono in condizione di sapere “dove vogliono andare” i loro clienti.
Clienti che si lamentano perché i fornitori non investono.
Come se fosse possibile investire non sapendo perché, come e dove farlo.

Sanità digitaleE poi la Consip.
Che parte con accordi quadro sugli ERP in PA e Sanità, quando tutti gli analisti (ma anche le Regioni e le ASL) sono concordi nel dire che questo è l’ultimo dei problemi.
Pare che adesso Consip stia uscendo anche con un’ulteriore raffica di accordi quadro per la Sanità: Fascicolo Sanitario Elettronico (!), Ricetta dematerializzata, Cartella Clinica.
E anche in questo caso, le Regioni e le ASL interpellate fanno fatica a capire il senso di iniziative così fortemente disgiunte dalla realtà quotidiana nei territori.
La sensazione è che il volume reale di business attivato da questi accordi quadro sarà quantomeno deludente, e che tutto in realtà si riduca a un “fissare l’asticella dei prezzi” (abbassandola ancora una volta) con obiettivi di pura spending review. In un contesto nel quale, di spending review se ne è già vista sin troppa.
Soprattutto, la sensazione è che in Consip prevalgano logiche di posizionamento e di volontà di presidio di un mercato sicuramente interessante e dimensionalmente rilevante. Logiche che – purtroppo – prescindono da uno studio preliminare delle reali necessità lato domanda.

E dire che ci sarebbe molto bisogno di una centralizzazione degli acquisti in Sanità, soprattutto per quanto riguarda i beni e servizi non sanitari.
Partire dall’IT, però, rischia di essere un autogol. Soprattutto se lo si fa tirando eccessivamente la leva del prezzo.
Il mercato non può reggere un ulteriore ribasso di prezzi, e soprattutto di tariffe per servizi professionali IT che hanno raggiunto valori assolutamente insostenibili.
Di iniziative “fantasiose”, la galassia MEF ne ha messe in cantiere sin troppe: a partire da quell’ormai tristemente famoso “split payment” che – salvo sorprese in arrivo da Bruxelles – contribuirà non poco a ridurre (ammesso che sia ancora riducibile) la liquidità di fornitori sempre più in difficoltà.

Continuare a vedere il mercato come una eterna lotta fra domanda e offerta, dove le parti se le danno di santa ragione sperando di averla vinta, è una follia.
Le ICT devono essere viste – una volta per tutte – come il principale driver per la razionalizzazione di tutto il “Pianeta PA e Sanità”. La domanda e l’offerta devono mettere in comune obiettivi, strategie e risorse.
Quello che era, sembra che sia e dovrà essere il Patto di Sanità Digitale.
Il resto sono chiacchiere da convegno e difese di uno status quo non sostenibile ancora per molto.

 

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