La Riforma degli Appalti e le Smart City

Circa un paio di settimane fa il Senato ha approvato il disegno di legge delega al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.

L’oggetto del ddl, che adesso passerà alla Camera dei Deputati, riguarda l’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Tra le principali novità introdotte dal ddl, oltre al divieto di gold plating ossia di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, vi sono le seguenti:

  • Finisce l’era del massimo ribasso (se non regolato da taluni casi e soglie), con la riforma vi sarà l’utilizzo, per l’aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, misurata sul miglior rapporto qualità/prezzo. Inoltre i servizi di ingegneria/architettura non potranno più essere soggetti al massimo ribasso, limitando l’appalto integrato e dando maggiore slancio e centralità al progetto e alle professionalità coinvolte.
  • Razionalizzazione per le stazioni appaltanti (circa 40.000 in Italia !). Per appalti al di sopra dei 100.000€ i Comuni non capoluogo saranno costretti ad aggregarsi mentre al di là dei tetti definiti in Europa, ossia 5,2 milioni per i lavori e 200mila euro per servizi e forniture, sarà necessario passare attraverso centrali di committenza unificate a livello regionale.
  • Forte limitazione a deroghe e varianti in corso d’opera, sarà infatti molto più difficile ottenere eccezioni alle normali procedure per l’affidamento di lavori pubblici e/o a dilatare tempi e costi di lavori e opere.
  • Misure di premialità, su criteri reputazionali ed etici, per le imprese che favoriscono la partecipazione di PMI e utilizzo di manodopera locale; maggiore trasparenza e tutele per l’esercizio del subappalto.
  • Maggiori poteri all’ANAC con pareri e poteri vincolanti per le stazioni appaltanti, linee guida, etc. Istituzione, sempre a cura dell’ANAC, di un apposito registro dei commissari di gara.
appalti
Fonte: giurdanella.it

Traspare, dal testo licenziato dal Senato, una fondata e ragionevole preoccupazione sulla regolazione dell’appalto pubblico al fine di limitare i fenomeni di discrezionalità, illegalità e corruzione ma tuttavia ancore poche sono le misure previste per stimolare innovazione e favorire procurement innovativo.

Pallido e sterile infatti il rimando al tema del partenariato pubblico-privato (PPP): “razionalizzazione ed estensione delle forme di partenariato pubblico privato, con particolare riguardo alla finanza di progetto e alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità,  incentivandone l’utilizzo anche attraverso il ricorso a strumenti di carattere finanziario innovativi e specifici ed il supporto tecnico alle stazioni appaltanti, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti” e alla predisposizione di specifici e adeguati studi di fattibilità per il PPP.

Generico inoltre il ricorso e le modalità di partecipazione della popolazione sulla realizzazione di grandi infrastrutture: “previsione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali aventi impatto sull’ambiente o sull’assetto del territorio, nonché previsione di una procedura di acquisizione dei consensi tecnici e amministrativi necessari per realizzare un’opera che sia semplice, vincolante e non modificabile nel tempo

Appare oltremodo necessario non perdere la grande occasione di riforma dell’appalto pubblico introducendo elementi di innovazione che non riguardino solo la digitalizzazione di procedure ma viceversa recependo alcuni tratti importanti delle suddette direttive europee (partenariati per l’innovazione, Investimenti Territoriali Integrati (ITI) e sviluppo locale di tipo partecipativo su base PPP) che per il momento sembrano assenti, o quantomeno poco esaltati, nel dibattito pubblico e nel testo della riforma.

Se così non fosse, parlare di innovazione, di smart city, di procurement innovativo sarà ancora una volta un esercizio teorico e non un contributo fattivo al miglioramento del Paese.

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