La notizia, apparentemente, è una non notizia: ovvero che Facebook sta valutando l’introduzione di un tasto Dislike per i post sul social. Se ne parla da molto tempo e la stessa azienda non ha mai nascosto che sia una delle funzioni che le persone chiedono di più.
La notizia, quindi, non è nuova ma ha comunque sollevato una forte polemica globale legata sopratutto a quello che è apparso come un fraintendimento di matrice linguistica: la frase pronunciata da Zuckerberg in occasione di una sessione di Domande e risposte, era chiara: “l’azienda sta costruendo un modo con cui le persone possano esprimere comprensione e vicinanza” quando avviene la condivisione in bacheca di una notizia triste, come quella legata a disastri naturali o eventi personali luttuosi.
Come spiega TechCrunch, tale annuncio è stato male interpretato da molta stampa che ha visto nelle parole di Zuckerberg la prossima implementazione di un bottone dal significato vicino al “non mi piace” nella classica accezione negativa del pollice verso. Di fatto l’esatto opposto del noto Like. E questo a dispetto del fatto che Zuckerberg abbia chiaramente specificato:
“Non vogliamo semplicemente costruire un tasto Dislike perchè non vogliamo trasformare Facebook in un forum dove le persone possano votare nel bene e nel male i post delle persone. Non è la community che vogliamo creare.”
Un fraintendimento che, semmai, può essere compreso alla luce “del doppio significato che porta con sè il mi dispiace” ci spiega Giovanni Boccia Artieri Professore ordinario presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, che vuol dire certamente vicinanza emotiva e “che può essere anche inteso in opposizione binaria rispetto al like.” Ma la questione davvero importante è un’altra e fa riferimento più al marketing che alle proteste.
In realtà, il famigerato tasto Dislike come chiarito da più parti subito dopo la grande polemica che ha portato molti utenti a protestare direttamente sul profilo di Marck Zuckerberg contro un tasto che avrebbe portato su Fb odio e timori, avrà le fattezze, e il senso, di un tasto empatia, che permetta davvero alle persone, come annunciava Marck Zuckerberg, di poter declinare sul social sfumature emotive più precise che non l’uso del solo like. E’ chiaro che un tasto empatia “risponde a un bisogno culturale diffuso, ovvero quello di partecipare ad eventi mediali anche tragici.” In questo senso la notizia è servita a Facebook a “testare la sensazione e reazione che si può creare negli utenti attorno a un tipo di tasto come questo.”
Ma se guardiamo il fenomeno da un’altra angolazione, il tasto empatico servirà a Facebook per due cose: “renderà possibile gestire in modo facile e immediato la dimensione empatica online degli utenti e, al contempo, la renderà misurabile e più vendibile in termini di marketing interno di FB”. Il social network, sostiene Boccia Artieri è, infatti, alla ricerca di un’espressione maggiormente monitorabile, in modo automatizzato, delle emozioni online. Perchè se è vero che si possono analizzare i like in diversi modi, “con i commenti l’operazione è già più complessa perchè vanno analizzati in profondità con tecniche che al limite arrivano alla sentiment analysis che contempla sono tre posizioni, favore, contrarietà, neutralità.” Il tasto dislike, invece, ovvierebbe a queste difficoltà: “sarebbe un tasto “sfumato” che riuscirebbe a fornire agli algoritmi di analisi dati da analizzare in modo automatico e con metriche più raffinate in merito alle emozioni suscitate.”
E aprirebbe le porte, anzi le spalancherebbe, alla possibilità per brand, aziende e marketer di misurare con una buona approssimazione i sentimenti delle persone: il sogno di chiunque gestisca campagne online, social o non social, e che miri, potenzialmente, a indirizzare pubblicità sulla base del fattore emotivo dei clienti. Tanto per ipotizzare solo uno degli usi possibili di tali nuovi dati.
Siamo pronti a un bottone così particolare?
“Tutto dipenderà da come verrà usato e implementato: saranno gli utenti a scegliere se visualizzarlo o no sui post? Saranno solo su determinati tipi di contenuto?” spiega il docente “Sarà un fattore rilevante perchè è un bottone che potrà essere inteso e usato in modo doppio” esattamente come accade con il like. “Pensiamo a un tema delicato e di rilevanza sociale: un tasto dislike non è detto che venga usato per esprimere dispiacere ma potrebbe fomentare la polarizzazione della rete su una dimensione binaria. Questo perchè per l’utente è facile intendere il tasto dislike in opposizione al like.”
E proprio sul come stanno nascendo ipotesi diverse: secondo TechCrunch la modalità con cui la partecipazione empatica potrebbe concretizzarsi è attraverso una emoticon, immediata e facile da apporre e interpretare; oppure attraverso bottoni che richiamino il senso del “mi dispiace” che faccia immediato riferimento alla partecipazione nel caso di una storia triste o un evento tragico.
Insomma, quale che sia la scelta del social l’interesse mondiale sul tema c’è stato e, almeno su questo fronte, Facebook e Mark Zuckerberg hanno avuto certamente la risposta che attendevano.
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