App dedicate alla salute: in Usa è boom per il #MobileHealth

E’ il trend del momento che, in prospettiva, appare anche il più promettente: è quello che, per effetto della crescente diffusione dell’IoT, lega internet a device e apparati che monitorano e raccolgono dati sulla nostra salute e benessere. Un interesse che si concretizza, nel solo panorama Usa, in oltre 165mila app dedicate alla salute e dispositivi wearable con funzioni innovative per la raccolta dati attualmente disponibili per i consumatori americani. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato oggi dall’IMS Institute for Healthcare Informatics.

Benché la maggior parte delle applicazioni ad oggi disponibili guardino al benessere generale dell’individuo, lo studio fotografa un interesse crescente verso un più ampio utilizzo da parte del sistema sanitario soprattutto per quanto riguarda la gestione delle patologie croniche. Secondo lo studio, oggi, 1 applicazione su 10 è in grado di interconnettersi con un dispositivo o un sensore, fornendo biofeedback e dati sulle funzioni fisiologiche del paziente ampliando così l’accuratezza e la praticità della raccolta dati. Quasi un quarto delle applicazioni è incentrato sulla gestione delle patologie e delle relative terapie, mentre due terzi riguarda il fitness e il benessere delle persone.

I numeri

Il numero totale delle applicazioni mHealth è in rapida ascesa:  nell’App Store di Apple dal 2013 si è assistito a un incremento ben del 106% di App, e il 12% di queste rappresenta più del 90% di tutti i download effettuati, e circa la metà di tutti i download è attribuibile a sole 36 applicazioni.

Nel corso degli ultimi due anni, oltre al potenziamento della capacità di raccolta dati sugli utenti, si è assistito anche a un incremento del numero di applicazioni mHealth in grado di connettersi a reti social (dal 26% al 34% del totale), evidenziando l’importanza del social networking per stimolare la partecipazione dei consumatori.

Strategico il ruolo dei medici: il retention rate a 30 giorni delle applicazioni mHealth prescritte da un medico è infatti superiore del 10% rispetto a quelle selezionate autonomamente dai pazienti. Per quanto riguarda le applicazioni per il fitness prescritte da un operatore di settore, il retention rate presenta un incremento del 30%.

Le tipologie 

Le app di mHealth analizzate possono essere suddivise in due categorie principali: quelle che facilitano il benessere generale come l’esercizio fisico e la dieta, e quelle che specificamente si concentrano sulla gestione di una malattia attraverso l’implementazione di protocolli di trattamento, come i memo dei farmaci. Le prime sono quelle numericamente più frequenti, con i due terzi dello app: fitness, stile di vita, stress, dieta e nutrizione. Trattamento e gestione di patologie, invece, interessano un terzo delle app analizzate  con solo una piccola quota specificamente concepita per particolari malattie.

mHealth

I soggetti erogatori di prestazioni sanitarie concordano sul valore derivante dall’utilizzo di app mHealth, ma riconoscono il persistere di barriere che ne prevengono una capillare adozione. La maggior parte dei soggetti erogatori intervistati dall’Istituto sono fiduciosi che l’utilizzo di app mHealth possa ridurre la spesa sanitaria e incoraggiare i pazienti ad assumere un ruolo più partecipativo nel miglioramento del proprio stato di salute. Gli intervistati hanno evidenziato come l’integrazione dei dati mHealth con la cartella clinica informatizzata sia un aspetto essenziale per migliorare il processo decisionale del clinico e la comunicazione con il paziente.

Nonostante l’entusiasmo di fondo rispetto all’utilizzo integrato di app mhealth nel sistema sanitario, rimangono perplessità relative ad alcuni limiti ad oggi persistenti come: la limitata connettività e integrazione con sistemi di workflow; il lento cambiamento nei processi di erogazione delle prestazioni sanitarie; riservatezza dei dati, sicurezza e incertezze normative; assenza di evidenze scientifiche finalizzate a misurare l’efficacia delle applicazioni e incapacità di raggiungere i gruppi di pazienti più vulnerabili (principalmente gli anziani o coloro che non parlano inglese).

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