Software libero: e il business?

Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di strani, nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”.

Sono passati più di trent’anni da quando Richard Stallman diede vita al movimento Free Software. Da allora sicuramente i programmi liberi hanno fatto passi da gigante in molti settori ed in alcuni addirittura si sono imposti rispetto a quelli proprietari.

Dai report annuali che vengono pubblicati, si evince che le aziende si affidano sempre più a soluzioni libere e molte, ancora poche le italiane, sono quelle che basano il loro business su questa tipologia di software.

Free, non è gratis

Purtroppo l’elemento che rimane più impresso del free software non è la libertà, ma la gratuità. Questa confusione è presente sia in chi non conosce l’argomento sia in chi, frequentando community open, la tematica dovrebbe conoscerla. Basta girare qualche gruppo Facebook, forum o gruppi Telegram per incappare in commenti dai quali si evince che l’elemento fondamentale è la sua gratuità.

Facciamo un passo indietro e riprendiamo in mano quelle che sono le basi dei prodotti open. Il free software mette al centro della sua esistenza quattro libertà: l’utilizzo per qualunque scopo, la possibilità di studiare il software, ridistribuirlo e migliorarlo. Pertanto la gratuità non è elemento fondante. Nessuno di questi principi è in contrasto con il fatto che un’azienda possa basare o creare del business utilizzando software open source, sia offrendo servizi sia decidendo di non seguire le classiche forme di distribuzione tramite la rete e vendendo il programma, assieme naturalmente ai sorgenti.

Se anche un’azienda o una Pubblica Amministrazione, con al suo interno le figure professionali adeguate, decidesse di utilizzare un software libero per la propria struttura, sosterrebbe dei costi per le ore-persona dei soggetti coinvolti nel progetto ma conseguirebbe risparmi sui costi di licenza.

Business

La domanda più frequente quando si parla di open source è: “Un’azienda dove guadagna?”

Il modello open source sposta il suo baricentro dalla vendita di una licenza all’offerta di servizi continuativi. I progetti open importanti e sostenuti anche da aziende dimostrano come lo sviluppo distribuito abbatta i costi di realizzo, permettendo alle imprese di costruire offerte concorrenziali su questi prodotti, senza rinunciare alla qualità.

Il business che si basa sul software libero è un modello a km 0, in quanto spesso le aziende che forniscono servizi o prodotti open fanno parte del tessuto economico locale o al massimo nazionale. Quindi da una parte vengono abbattuti i costi di produzione a livello globale, dall’altra vengono incentivate le relazioni tra imprese e i propri clienti.

Opportunità

L’Open Source come modello di business è sicuramente un’opportunità per le startup che possono sfruttare il modello collaborativo per lanciare un proprio progetto. Lasciando aperta la partecipazione di terzi si possono abbattere i costi di sviluppo, probabilmente insostenibili in proprio. Oppure si potrebbero costruire servizi su progetti già avviati, offrendo assistenza a chi vuole utilizzare un prodotto per il proprio lavoro. D’altra parte le aziende che decidono di basare il proprio business su software open devono necessariamente partecipare economicamente al sostegno del progetto, reinvestendo una parte degli utili generati dalla vendita dei servizi.

Punto d’incontro

Un progetto open per divenire modello di business vincente deve essere punto d’incontro tra tutti i soggetti che lo sostengono: volontari, professionisti e aziende. Queste ultime non devono temere la condivisione con terzi dei progetti, anzi il punto di forza deve proprio essere la base partecipativa. Tuttavia le community devono capire che un software deve prendere forza da tutti quei professionisti e aziende che decidono di sostenere l’iniziativa.

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