Decelera, ovvero ritrovare il tempo di ripensare al business

Decelerare in un mondo che corre e rischia di trascinare via imprese e imprenditori. Questa la teoria alla base di Decelera, una società in crescita che focalizza il suo core business sulla decelarazione di startup e imprese, finalizzata a individuare un modello di business più performante ma anche più sostenibile. 

Il programma di decelerazione di 18 mesi inizia con una o due settimane di disconnessione, immersi nella natura di Minorca e del Messico, in cui gli imprenditori identificano le chiavi utili a generare valore attraverso il lavoro di squadra, la potenza della rete e della comunità.
Abbiamo chiesto al CEO, Marcos Martin, di spiegarci cosa significa esattamente decelerare oggi.

Cosa significa “decelerare” per una startup o più in generale per un’azienda? Significa ripensare il modello di business e cambiare la strategia?

Sì in un certo modo decelerare significa ripensare l’azienda con un approccio diverso. Viviamo in un mondo iper accelerato e i “superpoteri” del nostro cervello non riescono a far fronte a tutto perché hanno bisogno di spazio. Quello spazio in cui il cervello è più produttivo e libero. Per questo servono dei luoghi come Minorca, in cui non si abbassa il rumore mentale.

Decelerare significa smettere di pensare a come far crescere l’azienda per un breve periodo, riscoprendo la qualità del tempo. Decelerare significa rompere la rumorosa routine quotidiana per concentrarsi sul come migliorare il proprio modello di business, il proprio  team, le proprie competenze trasversali. È un momento utile a rafforzare la rete con colleghi, mentor e investitori.

La metodologia Decelera coinvolge l’imprenditore più del modello di business, che non è certo al centro della nostra metodologia.

Durante le 2 settimane di stage, è necessario fare una pausa anche dai social network e da Internet? O è sufficiente allontanarsi dalle città per evitare il “rumore di sottofondo”?

Il processo di decelerazione non significa ridurre tutto, ma cambiare il ritmo, lo spirito, l’ambiente, le attività. Gli imprenditori possono essere “online”. Diciamo che è un tempo utile a respirare e concentrarsi, un tempo di qualità per avere quelle idee che solitamente non nascono in ufficio.

Il campus che abbiamo a Minorca (e in Messico per la prima volta in ottobre), insieme alle attività che si organizzano, allontanano gli imprenditori dal rumore di sottofondo, li invitano a parlare con altri imprenditori e investitori. Sono momenti molto utili nel processo di ridimensionamento e crescita di un’azienda.

Quali sono le difficoltà che gli imprenditori hanno nell’immaginare modelli più sostenibili?

Principalmente l’accesso al capitale. Se si lancia una startup sostenibile, si può essere visti come una “società sociale” attraente solo per alcune tipologie di investitori. A volte l’investimento nelle aziende è visto come “beneficenza”, mentre dietro ci sono grandi progetti. Qualsiasi azienda con un team sostenibile, una tecnologia forte, una elevata capacità di problem solving ha un potenziale importante. Durante la quarta edizione Decelera, ci siamo resi conto che c’erano più startup tecnologicamente sostenibili di quanto pensassimo, e stiamo confermando questa tendenza anche quest’anno. Ci sono un gran numero di imprenditori che usano la loro creatività per raggiungere gli SDG delle Nazioni Unite. Significa essere economici, attenti agli aspetti sociali e ambientali.

Potresti parlare di alcuni esempi di start-up o aziende che hanno decelerato e poi accelerato? Hai una buona pratica interessante da spiegare?

Dopo quattro edizioni, 90 startup hanno decelerato con noi. La metà di questi ha raccolto più di 80 milioni di euro, che è già un successo. Ci sono storie di successo tra loro. Per me è difficile indicarne alcune, ma citerei la accelerazione di Mercaux. Olga Kotsur, fondatrice e CEO, ha chiuso un round di Serie A da 4,5 milioni di dollari lo scorso novembre.

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