Realtà Aumentata tra crescita esponenziale e qualche limite

Il 65% delle aziende di medie e grandi dimensioni, entro il 2024, disporrà di hardware per la Realtà Aumentata da dare in dotazione ai lavoratori. Questa una delle previsioni IDC, che vede AR come uno dei trend chiave, che sta velocemente conquistando un posto in azienda.

Con l’evolversi della Realtà Aumentata – afferma Daniela Rao, senior director research e consulting di IDC Italiala resistenza all’adozione di dispositivi AR da poter implementare nei flussi di lavoro è destinata a diminuire, vista la maggiore accessibilità e semplicità di integrazione dei dispositivi”.

Entro il 2022, sempre secondo IDC, il 15% delle aziende avrà dispositivi Device-as-a-Service con diversi strumenti quali PC, tablet e smartphone da usare in mobilità e da abbinare sempre più a dispositivi wearable. Con l’implementazione della Realtà Aumentata, molti reparti IT avranno difficoltà a tenere il passo con i budget limitati e i DaaS, che combinano hardware, software e servizi in un unico contratto, potrebbero rappresentare valide soluzioni.

Gli attuali utilizzatori di DaaS – continua Daniela Rao – affermano di aver potuto ridurre i cicli di aggiornamento dei dispositivi, andando a contenere così i costi in media del 22%. La maggior parte degli utenti, inoltre, afferma di aver alleggerito il carico di lavoro IT proprio grazie ai DaaS”.

Altra problematica non ancora del tutto risolta secondo IDC quella riferibile alla grande frammentazione lato hardware, con dispositivi mobili, come smartphone o tablet, che consentono un’ampia gamma di casi d’uso generici, ma una user experience non ideale.
Man mano che il mercato si amplia e la tecnologia diventa più matura – spiega la ricercatrice IDC – queste lacune di tipo tecnico si colmano. Al momento attuale le aziende che utilizzano AR lo fanno principalmente per aumentare l’efficienza nel flusso di lavoro o per migliorare il grado di sicurezza dei lavoratori e stanno ottenendo risultati incoraggianti, misurabili come downtime più bassi, esecuzione dei processi più veloce o migliore inserimento dei nuovi lavoratori da poter formare attraverso AR”. In prospettiva, quindi, le organizzazioni stanno pianificando di estendere le applicazioni AR a diversi settori aziendali, tra cui il supporto IT interno ed esterno, lo sviluppo dei prodotti e l’assistenza clienti.

Quale la situazione in Italia?

Secondo i dati IDC elaborati per Assintel Report 2019, la spesa delle aziende italiane per dispositivi di Realtà Aumentata e Virtuale oltre che per i wearable è ancora molto contenuta, ma destinata a crescere significativamente superando quella dei consumatori entro pochi anni. Questi dispositivi, che inizialmente hanno attratto soprattutto i consumatori privati, stanno infatti entrando nelle aziende che sempre più spesso li utilizzano per gestire processi interni e servizi rivolti al cliente. I dispositivi AR/VR e Wearable, in grado di liberare le mani e potenziare le capacità operative dei lavoratori, sono destinati a cambiare ancora il nostro modo di lavorare e, come i device mobili qualche anno fa, a rivoluzionare il parco dei device aziendali, con impatti diretti su infrastruttura ICT e organizzazione. Basti pensare che il mercato AR/VR dal 2017 al 2019 fa registrare una crescita pari al 173%, a fronte di una crescita del 151% dei wearable.

Quali gli effetti benefici di AR e quale i rischi?

Le aziende e le fabbriche – afferma Matteo Valoriani, esperto in ARsono drasticamente cambiate dal dopoguerra ad oggi con l’introduzione dell’automazione industriale prima e dell’informatizzazione dopo. Di conseguenza anche la figura del lavoratore e il concetto stesso di lavoro deve cambiare, ma per molti aspetti così non è stato. Basti pensare al tema della formazione e dei processi di manutenzione e assemblaggio che vengono ancora eseguiti come 50 anni fa, basandosi su carta e passaggio di conoscenza orale.
Soluzioni AR/VR possono aiutare a formare in modo più efficace le persone, prima, e supportarle attivamente durante le attività quotidiana garantendo minori errori e cosa più importante maggiore sicurezza sul lavoro. Il rischio è che queste soluzioni vengano comprate e iniziate a usare senza un adeguato studio e processo di inserimento ma, affinché queste soluzioni vengano accettate e comprese, è necessario analizzare bene i processi interni alle aziende e coinvolgere i lavoratori stessi nel processo di transizione evitando che queste tecnologie siano percepite come imposizioni”.

Quali aziende investiranno di più in futuro?

Nell’ultimo anno, anche per merito dei numerosi incentivi, – continua Valoriani – abbiamo visto crescere esponenzialmente le richieste di progetti per il mondo industriale soprattutto legati a dispositivi di AR. A mio avviso sono 5 le aree in cui le aziende possono trarne benefici: digitalizzazione dei processi, incremento della sicurezza del lavoro, formazione tecnica avanzata, efficientamento dei processi di monitoraggio, manutenzione e prevenzione dei guasti con conseguente riduzione dei tempi di fermo della produzione e dei costi associati. Queste aree sono punti chiave per ogni media e grande azienda, ma sicuramente il settore industriale manifatturiero è quello che ne trarrà per primo grandi risparmi e benefici. Per le numerose piccole medie aziende italiane produttrici di macchinari industriali, vedo una enorme opportunità per differenziarsi e offrire servizi, piattaforme a valore aggiunto ai propri clienti completamente integrati e pre-configurati con i propri prodotti”.

Quali i punti di attenzione per le imprese?

L’adozione delle tecnologie AR – dice Giuseppe Gramazio, esperto AR in Cefrielnon può e non deve essere vista dalle imprese semplicemente come l’ennesima leva tecnologica per aumentare l’efficienza e la produttività nel proprio settore. Questa visione semplicistica, porterebbe soltanto ad un puro esercizio tecnologico destinato al raggiungimento di obiettivi di utilità contenuta se non al completo fallimento dell’iniziativa di innovazione. Tra i principi ispiratori che hanno guidato la maturazione delle tecnologie AR ci sono l’innovazione dei processi umani e meccanici, il potenziamento delle capacità percettive dell’uomo, l’esaltazione dell’interazione umana con l’ambiente reale tramite componenti virtuali. 

L’adozione dell’augmented reality corrisponde quindi più ad un cambio del paradigma di interazione in ambito lavorativo che ad una semplice innovazione di processo legata all’utilizzo di nuovi tools, di conseguenza, l’impatto sulle realtà imprenditoriali è notevole e comporta una presa di coscienza concreta e impegnativa da parte delle imprese stesse. È essenziale quindi dotarsi di una strategia AR e valutare correttamente l’impatto sui sistemi e i processi esistenti, senza cercare a tutti i costi l’utilità di questa tecnologia mediante semplici esercizi di adattamento sommario dell’esistente. Processi e sistemi informativi dovranno essere adeguati al nuovo paradigma di interazione e a volte completamente ripensati, quindi si dovranno sostenere degli investimenti che si presume dovranno essere ripagati nel tempo. 

Valutare use case innovativi che abbiano un senso per la propria azienda, progettare per massimizzare l’esperienza finale dell’utilizzatore e investire solo sulla base di una roadmap strategica di innovazione quando ha senso, l’AR non deve essere interpretata come un vezzo tecnologico, ma come una leva che opportunamente sfruttata può stravolgere il proprio modo di lavorare e produrre in maniera nuova e più efficace”.

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