Il 5G in Italia tra primati e paure

Siamo sempre molto attratti, ma anche spaventati, dalle pagelle sull’Italia, a maggior ragione su tematiche da cui dipende il futuro della competitività della nostra economia e della qualità della nostra vita. Ben venga, quindi, la classifica dell’Europe 5G Readiness Index.

Vale innanzitutto la pena di ricordare come il settore delle telecomunicazioni mobili sia da sempre considerato un ambito nel quale l’Italia ha fatto scuola, sia dal punto di vista tecnologico (Telettra docet) che dell’innovazione di mercato (dalla scheda prepagata in poi, senza dimenticare il tanto vituperato modello tariffario dei 28 giorni, oggi cancellato). D’altra parte, cresce la consapevolezza dell’impatto che avranno le soluzioni mobili 5G nella trasformazione digitale dell’economia, ma anche nel nostro modo di relazionarci con persone e oggetti.

A proposito di metodologia

Di metodologia si vive e si muore. Argomento molto noioso, ma prima di iniziare a portare la croce qualche considerazione è doverosa, rimanendo armati dalle migliori intenzioni. Innanzitutto, sono sei le dimensioni rilevanti per la valutazione (tra parentesi il numero di variabili): Infrastructure and Technology (9); Regulation and Policy (7); Innovation Landscape (7); Human Capital (4); Country Profile (4); Demand (4), che sono poi oggetto di specifica ponderazione. La metà delle variabili vengono misurate attraverso una scala qualitativa utilizzata nell’ambito del sondaggio annuale del World Economic Forum presso la business community di 148 Paesi (122 intervistati in Italia e 68 in Jamaica, tanto per esemplificare…). L’aggiornamento dei dati è inevitabilmente variabile (dal 2015 al 2018, con una prevalenza del 2017), con l’utilizzo di valori percentuali e valori assoluti a seconda dei casi. Melting pot.

Prima le cattive notizie

Siamo al 23° posto dietro la Russia e davanti all’Azerbaijan, ma anche al 34° posto per quanto riguarda il contesto regolamentare e istituzionale, rimanendo oltre la ventesima posizione per tutte le dimensioni esaminate, al netto della componente infrastrutturale. All’interno della dimensione regolamentare e istituzionale, la valutazione fa in realtà riferimento al contesto normativo e giuridico complessivo, senza particolare riferimento alla componente tecnologica, ma rimane vero come l’innovazione in questo campo sia maledettamente difficile nel nostro Paese, come dimostra l’irrisolto problema dell’inquinamento elettromagnetico, per il quale continuiamo a mantenere limiti anacronistici. Su tutti gli aspetti strutturali, dal capitale umano, all’innovazione, fino al profilo Paese, nulla di nuovo rispetto a quanto siamo a abituati a leggere, vale a dire una situazione di cronico ritardo rispetto ai Paesi più avanzati. Da questo punto di vista non c’è molto da dire: senza l’avvio di progetti di forte discontinuità e “rivoluzionari”, non è possibile scalare la classifica. A maggior ragione nel breve e medio periodo.

Il Mediterraneo

Anche restringendo l’analisi ai Paesi del Mediterraneo l’Italia viene superata da Spagna e Portogallo, ma l’aspetto più rilevante di questo tipo di analisi è la forte correlazione con il livello del Prodotto Interno Lordo. Se da un lato è sicuramente un po’ tautologico (più sono ricco, più lo posso diventare), dall’altro rimane vero come la massimizzazione di una tecnologia pervasiva genera un impatto maggiore laddove tutte le componenti dell’ecosistema possono agire in modo sinergico. Il sole del Mediterraneo.

Passando alle buone notizie

Una luce riguarda gli aspetti infrastrutturali e su questo punto bisogna riconoscere come l’Italia sia riuscita non solo a mantenersi agganciata ai vagoni di testa, ma anche a recuperare un gap significativo, ad esempio nelle infrastrutture di telecomunicazioni di rete fissa, che saranno sempre più integrate con quelle mobili. La messa a disponibilità delle frequenze e la moltiplicazione delle sperimentazioni è sicuramente un altro aspetto positivo, anche se l’analisi non valuta naturalmente il costo che è stato sostenuto, vero e proprio primato mondiale, con un esborso che è di circa 6,5 miliardi, da pagarsi nei prossimi anni. Il bicchiere mezzo pieno.

L’algoritmo della felicità

Modificando le ponderazioni del caso o focalizzando l’attenzione sugli aspetti più industriali è interessante confrontare un’altra recente classifica proposta da ADL (The Race to 5G), che valuta la situazione infrastrutturale e commerciale in 43 Paesi. Otto Paesi vengono identificati nel gruppo dei leader, guidato dalla Corea del Sud e che comprende Australia, Stati Uniti, Svizzera, Finlandia, Spagna, Qatar e Emirati Arabi. L’Italia si posiziona nel gruppo degli immediati inseguitori, in buona compagnia di Regno Unito, Giappone e Singapore. Il mercato nazionale, fatto di domanda e offerta di servizi di telecomunicazioni e non solo, ha le carte in regola per giocare la partita.

Avanti con entusiasmo.

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