La richiesta di soluzioni per l’automazione domestica aumenta: con un volume d’affari di 380 milioni di euro nel 2018, l’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano ha rilevato una crescita del 52% del mercato della domotica in Italia rispetto al 2017.
Secondo l’Osservatorio oltre la metà degli italiani ha già sentito parlare di dispositivi smart. Pochi anni fa la situazione era ben diversa. L’approccio mono-marca adottato da numerosi produttori, inizialmente di certo una ricetta vincente a livello commerciale, si rivela sempre più spesso molto limitante e fin troppo costoso per gli utenti. La conseguenza finora è stata che solo veri tecnofili o utenti alto spendenti investivano nella trasformazione della propria abitazione in una casa smart. È noto però che per ottenere buoni fatturati occorre una diffusione di massa dei prodotti. Un’esigenza non sfuggita a grandi nomi come Amazon e Google, che tentano di accaparrarsi la più ampia fetta di mercato con i propri assistenti per la casa avvicinando i consumatori alle soluzioni domotiche.
L’Osservatorio ha identificato nella grande diffusione degli altoparlanti smart, accolti con estremo favore dagli italiani nel corso dello scorso anno, uno dei driver di questo interessante sviluppo sul nostro territorio. Anche la disponibilità di un numero crescente di apparecchi che si lasciano integrare facilmente nella rete domestica ha contribuito notevolmente all’incremento del numero di utenti: secondo lo studio almeno il 41% degli italiani dispone già di un dispositivo smart, che si tratti di soluzioni di sicurezza (35% del mercato italiano) tra cui videocitofoni connessi alla rete domestica, di smart home speaker (16%), di elettrodomestici intelligenti come lavatrici e frigoriferi (14%) o di soluzioni per gestire la temperatura nell’abitazione, come condizionatori e termostati smart per radiatori (12%). Recenti indagini di mercato condotte a livello europeo indicano nel desiderio di una maggior comodità e sicurezza nel quotidiano, oltre che nella volontà di gestire i consumi in maniera più efficiente, i motivi primari dell’acquisto.
In Europa sono numerose le aziende che contribuiscono da tempo a rendere la smart home economicamente “accessibile” più pervasiva. In Germania, un mercato da 1,8 miliardi di euro, ne sono un esempio AVM, produttore dei noti router FRITZ!Box, che già qualche anno fa presentò al mercato la sua prima presa intelligente FRITZ!DECT 200, basata sullo standard radio Ultra-Low-Energy (ULE) dotandosi nel tempo di un buon portafoglio di oggetti smart ULE e Deutsche Telekom, che ha introdotto il protocollo ULE su larga scala nei suoi router e nei suoi dispositivi smart, forte del fatto che tale standard, nella sua estensione HAN FUN, consente di collegare alla rete domestica dispositivi compatibili di qualsiasi produttore. AVM e Deutsche Telekom consentono a milioni di utenti di percorrere la strada verso la propria smart home con piccoli passi dal costo contenuto grazie allo standard ULE. Il fatto che con Orange un secondo colosso europeo delle telecomunicazioni con un fatturato annuale di 40 miliardi di euro abbia scelto lo standard aperto ULE per i propri prodotti mostra come siano cambiati i tempi.
L’approccio ULE differisce in maniera fondamentale da quello che per anni ha limitato in maniera eccessiva il mercato della domotica, ossia ecosistemi chiusi, che vincolano l’utente a dispositivi mono-marca, per evitare una gestione complessa di dispositivi che non parlano la stessa lingua. Un punto su cui la stessa ULE Alliance, membro dell’Open Connectivity Forum, lavora concretamente, rendendo disponibile il proprio software IoTivity per integrare nella rete e gestire centralmente qualunque dispositivo basato su qualsiasi protocollo, che sia ZigBee o ZWave, wifi o appunto ULE.
Le soluzioni isolate hanno fatto il loro tempo e la smart home si sta lasciando alle spalle la sua esistenza di nicchia. Non meraviglierebbe se entro pochi anni, a dipendenza del livello di interoperabilità tra i diversi dispositivi, i prodotti per l’automazione domestica diventassero nel nostro Paese tanto comuni quanto lo sono oggi gli smartphone.
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