Un +16% di fatturato per le imprese italiane nel BioTech

A fine 2018 sono 641 le imprese biotech attive in Italia, il fatturato generato è superiore agli 11,5 miliardi di euro, il numero di addetti sfiora le 13 mila unità e gli investimenti in Ricerca e Sviluppo totali oltrepassano i 2 miliardi di euro. Questa la fotografia scattata nell’aggiornamento congiunturale “Le imprese di biotecnologie in Italia” realizzato da Assobiotec, Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica, in collaborazione con ENEA, e presentato oggi a Roma in occasione dell’Assemblea Nazionale 2019 dell’associazione industriale.

Nell’arco degli ultimi tre anni il numero delle imprese è rimasto pressoché costante, ma a crescere sono tutti i principali indicatori economici del comparto, confermando un’altissima intensità di ricerca e una popolazione di imprese in fase di consolidamento. Il fatturato generato da attività biotech è, infatti, aumentato a ritmi sostenuti, registrando complessivamente una crescita del 16%, quasi due volte e mezza quella rilevata nel settore manifatturiero (7%). In aumento sia gli investimenti in R&S biotech (+17%) che il numero degli addetti in questo settore presso le imprese a capitale italiano specializzate in R&S di biotecnologie (+15%) [1].

In sintesi, si tratta di un comparto fortemente innovativo, all’interno del quale conoscenza e ricerca sono i veri fattori propulsivi, e in fase di assestamento e rafforzamento attorno alle proprie realtà più solide e competitive. Un settore industriale potenzialmente pronto ad accogliere le sfide e le opportunità a livello internazionale.

Nel 78% dei casi si tratta di micro o piccole imprese[2], ma la media dimensionale del settore risulta comunque superiore a quella rilevata per il manifatturiero, dove le micro o piccole imprese coprono una quota superiore al 97%. Le grandi imprese[3] rappresentano oltre il 9% dell’intera popolazione in analisi, percentuale molto superiore a quella del manifatturiero dove si attestano sullo 0,3% del totale.

L’insediamento delle imprese appare diffuso su tutto il territorio nazionale, anche se localizzato per oltre l’80% nel centro-nord del Paese. Quasi il 90% del fatturato realizzato da attività biotech si concentra in sole tre regioni: Lombardia, Lazio, Toscana. La Lombardia, area preminente del tessuto industriale italiano e centro finanziario nazionale, si conferma la prima regione in Italia per numero di imprese (181, pari al 28% circa del totale) e per una incidenza sempre maggiore negli anni sul fatturato biotech totale (oltre 5,5 miliardi di euro, 48% circa del totale) e per investimenti in R&S intra-muros (oltre 160 milioni di euro, più del 30% del totale). È seguita dalla Toscana per investimenti in R&S[4] (oltre 110 milioni di euro, oltre il 20% del totale) e dal Lazio, per fatturato (oltre 2,5 miliardi di euro, quasi il 24%). La posizione della Toscana per investimenti in R&S[5] è tanto più rilevante se si considera che la Regione si colloca a livello nazionale solo al sesto posto in termini di numero di imprese.

“Le imprese biotech che operano in Italia rappresentano un comparto di indiscussa eccellenza, sia scientifica che tecnologica, e in consolidamento in tutti i settori di applicazione delle biotecnologie. I dati raccolti mostrano però come la capacità di attrarre capitale finanziario da parte del nostro Paese resti ancora al di sotto della media europea. Stiamo parlando di 157 milioni di euro nel 2018, che rappresentano l’1% degli investimenti globali di Venture Capital nelle Life Sciences, il 5% degli investimenti in Europa. Diventa sempre più urgente mettere a punto una strategia nazionale a favore di innovazione e ricerca di medio-lungo periodo. Un piano fatto di misure stabili nel tempo e che preveda una governance certa, efficace e centralizzata: misure che permetterebbero di rendere più attrattivo il Paese per gli investimenti sia di capitale che industriali, garantendo ricadute potenzialmente importanti in termini di sviluppo economico, occupazione e, in ultima analisi, crescita e competitività” – commenta Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec-Federchimica.

“La ricerca nel campo delle biotecnologie è di rilievo strategico per le sue applicazioni nel campo della salute e dell’agroindustria, con prospettive e ricadute importanti per il mondo produttivo e la qualità della vita dei cittadini. In questo settore, che dimostra di crescere molto di più di quelli ‘tradizionali’, l’ENEA dispone di competenze e know how avanzati con laboratori e infrastrutture dedicate e progetti a livello anche internazionale; la collaborazione con Assobiotec è un esempio positivo nella prospettiva di ampliare lo scambio di conoscenze e di competenze con le imprese che operano in questo settore ad alto contenuto tecnologico” – sottolinea Federico Testa, presidente dell’ENEA.

FOCUS PER SETTORE DI APPLICAZIONE DELLE BIOTECNOLOGIE

Il settore biotech raccoglie imprese attive nello studio, sperimentazione e sviluppo di tecnologie molteplici con diversificati ambiti di applicazione. I principali mercati di sbocco sono costituiti da salute, industria e ambiente, agricoltura e zootecnia.

La componente dedicata a medicina e salute presenta il maggior grado di sviluppo, registrando la metà delle imprese censite, l’88,5% degli investimenti in R&S biotech intra-muros e generando quasi tre quarti del fatturato dell’intero settore biotecnologico (74%).

Il biotech italiano investe fortemente su quelle patologie che non trovano ancora risposte terapeutiche adeguate, come quelle in ambito oncologico, o di crescente rilievo clinico ed epidemiologico, anche in relazione al generale invecchiamento della popolazione, come le malattie neurologiche e degenerative. Grandi investimenti sono indirizzati anche verso le malattie infettive e lo sviluppo di vaccini.

Quelli delle malattie rare e delle terapie avanzate sono tra i settori di eccellenza del biotech italiano: da un lato, infatti, la nostra ricerca accademica vanta il maggior numero di pubblicazioni scientifiche in materia di malattie rare; dall’altro dei nove prodotti di terapia avanzata attualmente autorizzati al commercio in EU, ben 3 sono frutto della R&S italiana.

L’area delle imprese dedicate a Industria e Ambiente e quella dedicata alla Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti rilevano un leggero incremento rispetto allo scorso anno in termini di presenza percentuale, che si assesta rispettivamente sul 29% e sul 12% delle imprese totali. Stabile la presenza delle imprese dedicate ad agricoltura e zootecnia (9%).

Relativamente al peso dimensionale, tra le grandi imprese hanno peso maggioritario quelle dedicate alla salute, mentre tra le micro imprese assumono un maggior peso relativo quelle attive nel comparto GPTA (Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti), un settore emergente e che lavora spesso in stretta sinergia con le biotecnologie per la salute. Comprende realtà che svolgono attività di ricerca di base, con particolare prevalenza nell’utilizzo delle tecnologie «omiche» (genomica, proteomica, trascrittomica ecc.) e nell’analisi dei Big Data mediante approcci bioinformatici. Un settore che all’estero vede una grande ascesa, basti pensare alle attività impegnate nell’emergente mercato del sequenziamento genetico e dell’analisi dei Big Data, ma che in Italia conosce ancora dimensioni ridotte.

La componente dedicata a Industria e Ambiente rappresenta, come scritto in precedenza, il 29% delle imprese totali, garantendo il 17% del fatturato prodotto dal comparto e registrando l’8% degli investimenti in R&S intra-muros biotech. L’applicazione di queste tecniche può permettere di innovare settori maturi come quelli delle materie prime, della produzione di energia e intermedi, aderendo ai principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale che sono propri della bioeconomia, un concetto articolato che include una molteplicità di settori, che hanno come base comune quella di avere un’origine rinnovabile e biologica degli input, ma che possono seguire dinamiche di sviluppo sottostanti differenti, condizionate dalle peculiarità di ciascuna specializzazione.

Da stime Intesa Sanpaolo-Assobiotec (V Rapporto sulla bioeconomia in Europa, 2019) la bioeconomia in Italia raggiunge in Italia 2 milioni di occupati e un valore della produzione di 328 miliardi di euro. Il peso sul totale delle attività economiche è in crescita (8,8% della produzione nel 2008 e 10,1% nel 2017). Italia al secondo posto tra i principali Paesi europei, dopo la Spagna.

Il panorama delle imprese che operano nell’area agricoltura e zootecnia in Italia si presenta assai diversificato, rappresentando il 9% del totale delle imprese biotech e generando l’8% del fatturato totale. La sentenza della Corte di Giustizia europea che lo scorso luglio ha omologato dal punto di vista normativo gli organismi ottenuti mediante gli strumenti di estrema precisione del gene editing, che evitano l’inserimento di DNA estraneo in una coltura, agli ormai vecchi OGM ha penalizzato il lavoro di miglioramento genetico, colpendo duramente le forme di agricoltura specializzate, di elevata qualità e orientate all’innovazione, come quelle che caratterizzano il Made in Italy.

 

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