Che genere di futuro digitale ci aspetta?

Sono professore universitario di informatica da più di 20 anni, ho insegnato, esaminato, seguito tesi e accompagnato al lavoro migliaia di studenti e non ho mai notato differenze di rendimento o capacità dovute al genere. Negli anni, la percentuale di studentesse dei miei corsi è sempre stata circa il 15% del totale. Poche ma uguali. D’altronde da sempre ci sono corsi universitari seguiti in maggioranza da uno dei due generi e nessuno si è mai scandalizzato troppo: scienze della comunicazione, lingue, ingegneria, infermieristica sono solo alcuni esempi di corsi in cui c’è prevalenza femminile.

Il mio lavoro mi ha portato spesso nelle scuole superiori a fare orientamento ai giovani o corsi di perfezionamento agli insegnanti e anche in questo contesto mi sono trovata spesso con classi prettamente femminili o maschili. Nulla di nuovo, 30 anni fa e più succedeva la stessa cosa: linguistico, scienze umane o istituto industriale che fosse, solo per citarne alcune.

Né ci siamo mai ribellati quando ai ragazzi delle scuole medie veniva consigliato di abbandonare tutti quei libri che leggevano o alle ragazze veniva perdonata la loro poca passione per la matematica dicendo “tanto andrai a studiare altro”.

Ma ora la situazione è diversa: il nostro Paese sta vivendo un’emergenza tanto grave quanto importante. Il 23 maggio 2019 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, OCSE, ha pubblicato Skills Outlook Scoreboard, un documento che fotografa le competenze digitali dei cittadini di 29 Paesi: la fotografia è impietosa. Non solo la popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia nella società che sul posto di lavoro, ma siamo anche impreparati ad affrontare nel futuro le sfide della digitalizzazione. E possedere le competenze digitali è fondamentale per garantire alle persone di adattarsi con maggiori probabilità ai vari cambiamenti che il digitale comporta anche negli ambienti lavorativi. Quello dell’Italia è il terzo peggior risultato tra i Paesi esaminati.

Tradotto: dobbiamo lavorare molto e presto se vogliamo sopravvivere e magari anche prosperare. E siccome ad essere più lontane dal mondo informatico attualmente sono le donne, servono azioni per portare alla loro attenzione cosa vuol dire studiare informatica, lavorare nell’informatica, essere informatici. Non avrebbe senso impegnarsi per rendere digitale solo metà dell’Italia. E non è questione di quote rosa: serve merito proprio e non obbligo di legge.

Quindi largo a tutte le iniziative che diffondono conoscenza sull’informatica, soprattutto alle ragazze; ad esempio il summer camp Ragazze Digitali, un progetto organizzato dal Dipartimento Informatica – Scienza e Ingegneria – dell’Università di Bologna in collaborazione con l’associazione European Women Management Development e l’Università di Modena-Reggio Emilia di cui sono referente scientifico per l’edizione di Cesena. La maggioranza delle ragazze che partecipano quest’anno ha dichiarato di essersi iscritta allo scopo di migliorare le proprie competenze in ambito informatico e per imparare un nuovo linguaggio di programmazione; motivi ambiziosi soprattutto se si considera che sempre dallo stesso campione emerge che il 71.8% di loro non ha mai programmato. Segno della grande attenzione che queste studentesse riservano alle tematiche legate alle competenze digitali, pilastro pervasivo fondamentale dell’attuale società.

C’è da ben sperare, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga.

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Professore associato confermato presso il Dipartimento di Informatica - Scienza e Ingegneria - dell'Università di Bologna. Laureta in Scienze dell'Informazione nel 1992, nel 1997 consegue il Dottorato di Ricerca in Sistemi Artificiali Intelligenti presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Ancona. Dal 1997 al 1999 vince assegni di ricerca post-doc su temi dell'Intelligenza Artificiale. Dal 2000 è prima ricercatore e poi professore associato. Le sue ricerche sono sui temi della personalizzazione e dell'elaborazione content-based dell'informazione per il data e knowledge representation con tecnologie del web semantico, ad esempio per filtrare, classificare e suggerire contenuti digitali in ambienti personalizzati. Dal 2015 è membro del comitato tecnico-scientifico delle Olimpiadi del Problem Solving presso la Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. E' inoltre membro del gruppo di lavoro su Informatica e scuola del CINI, consorzio interuniversitario nazionale per l'informatica.

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