Smart Home: vantaggi e rischi per la sostenibilità

Rendere una casa intelligente: le smart home diventano veramente indispensabili nel momento in cui le tecnologie digitali rendono l’ambiente domestico più accessibile

Immagine distribuita da Investing Network con licenza CCO

Alzi la mano chi non ha a casa un elettrodomestico o un qualsiasi altro oggetto di domotica che non sia dotato di connessione ad internet, o che permetta di gestire da remoto qualsiasi sistema legato all’abitazione. C’è chi utilizza Alexa o Google Home per impostare il timer per la cottura della pasta; chi associa a questi assistenti vocali valvole termostatiche intelligenti per ridurre i consumi; o chi – magari per pigrizia – accende e spegne lampadine smart battendo le mani. Rendere una casa intelligente non significa solamente questo: vuol dire anche, ad esempio, renderla accessibile in modo da supportare una persona con disabilità nelle sue attività quotidiane; così le smart home diventano veramente intelligenti nel momento in cui le tecnologie digitali rendono l’ambiente domestico più accessibile. La domotica e l’Internet of Things ad esempio, possono facilitare qualcuno a compiere gesti che molti di noi non hanno difficoltà a fare – come accendere una tv, basti pensare a persone con disturbi motori –. In questo caso la smart home è sostenibile da un punto di vista sociale. Non solo, per quanto riguarda la gestione energetica, ad esempio, esistono tecnologie in grado di regolare la temperatura degli ambienti domestici, a seconda delle proprie abitudini e dei propri orari contribuendo così ad abbassare i costi delle bollette incidendo in maniera positiva anche sulla decarbonizzazione; ma una ricerca condotta dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale dimostra che solo il 15% degli italiani pensa che l’introduzione di servizi digitali avrebbe un impatto positivo per gli ambienti domestici. Per quanto riguarda l’uso degli smart meter invece un italiano su cinque non pensa che possano portare ad un’ottimizzazione dei consumi energetici.

Una revisione sistematica di H. Kim et al. ha invece dimostrato che sia possibile fare un salto di qualità passando addirittura da case a città intelligenti: “Questo documento ha studiato i temi di ricerca sulle case e le città intelligenti attraverso una revisione quantitativa e ha identificato gli ostacoli alla progressione da case intelligenti verso le città intelligenti sostenibili attraverso una revisione qualitativa. Sulla base dei risultati del quadro olistico di ciascun dominio (casa e città intelligenti) e delle barriere tecno-funzionali, questo studio suggerisce che le seguenti soluzioni innovative siano adeguatamente applicate ai sistemi avanzati di risparmio energetico nelle città intelligenti sostenibili: (i) costruzione di infrastrutture per sistemi avanzati di risparmio energetico e (ii) adozione di una nuova strategia per il commercio di energia nei sistemi energetici distribuiti. In particolare, per riflettere il comportamento dei consumatori e l’energia nelle città intelligenti sostenibili, vengono proposte le seguenti risposte alle future sfide della ricerca secondo l'”approccio dal basso verso l’alto (dal livello della smart home al livello della smart city)”: (i) sviluppo di tecnologie di monitoraggio, diagnostica e controllo dell’energia in tempo reale; (ii) applicazione di tecnologie intelligenti di gestione dell’energia; e (iii) implementazione di tecnologie di rete energetica integrata a livello cittadino”. Aumentando la portata di utilizzo di tecnologia da un livello micro (la casa) ad uno macro (la città) vi è un potenziale aumento dei benefici che la domotica può portare, ma anche dei rischi. Per quanto riguarda gli ambienti domestici oltre all’efficienza energetica, anche una maggiore sicurezza della casa è da considerarsi un beneficio; come scrive Stefano Casini su Tech Economy 2030: “In ambito sicurezza, gli algoritmi di riconoscimento facciale sono utilizzati per potenziare le telecamere di sorveglianza: è possibile distinguere e apprendere nel tempo i volti delle persone che frequentano abitualmente la casa, inviando Alert in casi anomali”. In questo caso particolare però subentra la questione dei rischi, strettamente collegata alle tecnologie domotiche. Se infatti minirobot possono far risparmiare tempo facendo le pulizie al posto nostro, ci sono in ballo serie questioni sulla privacy e l’utilizzo dei nostri dati, che potrebbero così trasformarsi in vere e proprie minacce digitali (nel caso del riconoscimento facciale basti pensare a dove le immagini dei volti potrebbero essere utilizzate e per quali scopi).

Come ha scritto il New York Times: “Mentre iRobot è meglio conosciuto per le sue attrezzature per la pulizia itinerante, la tecnologia che alimenta questi strumenti sta anche risucchiando trofei di dati spaziali utilizzati per mappare le case degli utenti. Alcuni gruppi per i diritti digitali hanno espresso preoccupazione che questi dati potrebbero aiutare aziende come Amazon (che ha acquisito Roomba il 5 agosto 2022 ndr) a scoprire informazioni sulle dimensioni delle case e persino sui loro contenuti, fino al marchio”.

Già in un articolo del 2017 il quotidiano americano aveva sollevato dubbi circa la privacy di chi aveva acquistato questo prodotto in quanto “il tuo Roomba potrebbe aspirare più di quanto pensi”. Secondo quanto ha riportato il NYT i modelli high-end di Roomba: “raccolgono dati mentre puliscono, identificando le posizioni delle pareti e dei mobili. Questo li aiuta a evitare di schiantarsi sul tuo divano, ma crea anche una mappa della tua casa che iRobot potrebbe condividere con Amazon, Apple o Google”.

Mentre per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale, sempre rispetto all’acquisizione di Roomba, “in termini di sostenibilità sociale i rischi superano di gran lunga le opportunità per i consumatori di tutto il mondo”, e il presidente Stefano Epifani ha dichiarato: “Cosa c’è di meglio per il più grande retailer al mondo che disporre di una rete di telecamere e sensori che comunica dimensione di abitazioni, disposizione di stanze, marche dei prodotti sparsi per casa? Alla faccia della sbandierata sostenibilità (sociale)”.

Nel 2018 invece, la Electronic Frontier Foundation – che si occupa di diritti digitali – ha cercato di avvertire gli utenti in possesso di hub domestici: “Gli hub domestici in generale meritano un occhio critico, data la ricchezza di dati che raccolgono, la frequenza con cui li raccolgono e il loro posizionamento intimo nelle nostre vite. Gli hub per la casa intelligente, compresi quelli di Google e Amazon, si riservano il diritto di condividere i dati raccolti dai loro prodotti per la pubblicità, nonché con le aziende che realizzano le app o le competenze che installi su quei dispositivi. Nel caso di Google, utilizzerà i dati di Home per “mostrarti annunci pertinenti e utili”. Nel caso di Amazon, mentre non condividerà nemmeno le registrazioni vocali reali con gli inserzionisti, potrebbe condividere il contenuto delle richieste di informazioni come i codici postali, ha riferito il New York Times”; affrontando la stessa cosa anche nel 2019.

Tutto dipende dal modo in cui i dati vengono gestiti, dal valore che l’utente vi attribuisce e dalla consapevolezza che si ha nel momento in cui si ‘accetta’ tutto: sempre la ricerca per la Fondazione della Sostenibilità Digitale ha rilevato come “il 48% degli italiani preferisce servizi migliori piuttosto che la privacy degli utenti. Un dato che esprime mancanza di consapevolezza rispetto all’importanza di un diritto fondamentale, anche per il perseguimento di uno sviluppo sostenibile”.

Il monitoraggio e la raccolta dati possono anche essere utilizzati per servizi migliori o per scopi che sono voluti dall’utente: ad esempio, negli Stati Uniti, ci sono stati casi di ritardi e furti durante i traslochi dei militari che dovevano spostarsi da un appartamento ad un altro, così una donna ha messo un AirTag in uno degli scatoloni da caricare sul camion per il trasloco, scoprendo che il suo traslocatore mentiva circa la sua posizione – come ha scritto il Washington Post.

Esistono inoltre molti esempi di edifici intelligenti in cui la sostenibilità digitale contribuisce a migliorare e rendere più accessibile la vita alle persone, e che dimostrano come sia possibile rendere smart le case e non solo.

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