Internet quantistico per comunicazioni sicure

Le proprietà quantistiche vengono utilizzate attualmente per comunicazioni sicure, attraverso protocolli quantistici che implicano l’utilizzo dei qubit e di chiavi quantistiche. In futuro si potrebbe arrivare ad un internet quantistico, almeno per quei dati sensibili per i quali la sicurezza dev’essere garantita.

Paesi come la Cina o gli Stati Uniti hanno già reti di trasmissione dati che utilizzano protocolli quantistici per garantire la sicurezza dei dati trasmessi, a prova di hacker. In Cina, per esempio, i dati vengono trasmessi fra Beijing e Shanghai, dunque per una distanza di 2.032 km, attraverso una rete che sfrutta una chiave quantistica per criptare e decriptare i dati: la cosiddetta QCD (Quantum Key Distribution). Anche negli Stati Uniti una startup, Quantum Xchange, utilizza un protocollo simile per trasmettere i dati su una distanza di circa 800 km attraverso un cavo ottico. La prima parte di questo cavo trasmette dati fra Manhattan e New Jersey, fra centri dati di grandi banche.

Meccanica quantistica e Internet

Come mai si pensa di utilizzare la meccanica quantistica, uno dei pilastri della fisica moderna, e le sue bizzare proprietà per una futura Internet quantistica? La parola d’ordine è sicurezza delle comunicazioni. Quasi ogni giorno sentiamo di hacker che hanno rubato le informazioni delle carte di credito o che sono venuti in possesso di dati sensibili attraverso virus o metodi utili a rubare l’informazione che circola attraverso Internet. Questo perché le informazioni che circolano sull’attuale rete sono rappresentate da bit, ovvero una serie di impulsi che rappresentano 0 o 1. Gli hacker possono copiare quest’informazione e decriptarla oppure inserirsi in una rete considerata sicura e che non lo è.

In questa situazione la meccanica quantistica rappresenta una possibile soluzione per una comunicazione sicura, quantistica, attraverso i cosiddetti qubit, che rappresentano una sovrapposizione di 0 e 1 simultaneamente (ovvero sono basati sulla sovrapposizione di stati, propria della meccanica quantistica).

Le leggi della quantistica proteggono la trasmissione dei dati attraverso i qubit in quanto un eventuale hacker che si inserisse in rete per copiare/osservare i dati farebbe collassare lo stato quantistico che non sarebbe più un qubit, una sovrapposizione di 0 e 1, ma soltanto un 1 oppure uno 0. Qualora un hacker, pertanto, modificasse i dati, lasciarebbe delle tracce in grado di identificare l’intrusione e interrompere la trasmissione dei dati.

Come si trasmettono i dati attraverso la comunicazione quantistica?

Attualmente viene utilizzato un protocollo che impiega la cosiddetta quantum key distribution (QKD) per criptare i dati. QKD implica una trasmissione doppia: i dati criptati vengono trasmessi attraverso un canale classico (utilizzando i bit), mentre la chiave per decriptarli viene trasmessa utilizzando i qubit. Sono stati studiati vari protocolli per la chiave quantistica e attualmente quello più utilizzato è il protocollo di Charles H. Bennett e Gilles Brassard del 1984, denominato BB84.

Un limite per la trasmissione dei fotoni c’è: questi vengono assorbiti nei cavi ottici e possono attraversare soltanto qualche decina di kilometri. Abbiamo però detto che si utilizzano già reti di diversi km, basate su questo principio. Questo è possibile grazie ai “ripetitori quantistici”. In questi ripetitori, 32 nel caso della rete fra Beijing e Shanghai, le chiavi quantistiche sono decriptate in bit (classici) e re-criptate in qubit, amplificando il segnale, fino al prossimo nodo. Ovviamente questo è un rischio, in quanto durante la trasformazione in bit gli hacker potrebbero rubare i dati. Servirebbero dei nodi a loro volta quantistici: che trasformano i qubit in qubit senza passare attraverso i bit, cosa al momento non ancora messa in pratica.

I primi passi verso una rete quantistica sono stati fatti, ma la strada è ancora lunga e per il futuro si prevedono altre modalità di trasmissione dei dati rispetto alla BB84, come per esempio il teletrasporto si cui vi parlerò in un prossimo articolo.

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Primo Ricercatore dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e membro della Foundational Question Institute (FQXi), nata in Transilvania, si è laureata in fisica con la specializzazione in fisica delle particelle elementari e fisica nucleare. Ha svolto il dottorato di ricerca nell’ambito dell’esperimento OBELIX (CERN) nel campo della spettroscopia dei mesoni esotici. Attualmente dirige un gruppo di ricerca che svolge esperimenti nell'ambito della fisica nucleare e della fisica fondamentale (fisica quantistica) sia in Italia che all’estero (Giappone) ed è a capo delle collaborazioni internazionali SIDDHARTA2 (esperimento sull’acceleratore DAFNE dei Laboratori Nazionali di Frascati) e VIP (esperimento ai Laboratori Nazionali di Gran Sasso). Coordina per l’INFN vari progetti europei e internazionali e ha ricevuto vari premi e riconoscimenti internazionali, tra i quali quelli delle FQXi, Australian Institute of Physics e John Templeton Foundation per i suoi studi in fisica quantistica. E' autrice del libro “Dai buchi neri all’adroterapia. Un viaggio nella Fisica Moderna” (Springer – I Blu).

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