Responsabilità Sociale, Sostenibilità e Digitale: intervista a Bruno Calchera

Il tema della sostenibilità si pone come convergenza di alcuni processi che si sono affermati sempre più nel corso di questi ultimi anni, anche se le basi teoriche erano presenti già nella seconda metà di ‘900. La Sostenibilità interviene in economia, nella organizzazione produttiva, nella vita civile. Essa tende a un rafforzamento della consapevolezza da parte di tutti sulla realtà e su ciò che è accaduto e potrebbe accadere nei prossimi anni di assolutamente necessario per un progresso umano“. Bruno Calchera, direttore di CSR oggi, lavora su questi temi da tempo e su questi ha costruito una realtà editoriale solida, che vuole affrontare i temi della responsabilità sociale d’impresa e della sostenibilità.

I grandi fenomeni del nostro tempo – continua Calchera – vedono una minor consapevolezza del senso del vivere insieme, con un conseguente degrado generale: ambiente, relazioni personali, sociali e politiche che di fatto frenano lo sviluppo. La riforma finanziaria, ambientale, produttiva fa i conti con una esigenza nuova: il “business qui e ora, tutto e subito a 360 gradi” ha dimostrato tutti i suoi limiti. E’ spuntata la Finanza Etica: si guarda infatti non solo al prodotto finale di un’azienda, ma soprattutto alla programmazione di una impresa in senso sostenibile nel tempo. Procedono ancora pericolosamente le iniziative portate aventi con una visione parziale e concentrata sul beneficio da realizzarsi subito, senza uno sguardo agli impatti sociali creati. Oggi lo sviluppo sostenibile, se ha nella Agenda 2030 e i suoi SDGs i fari del cammino più importanti, trova una attenzione crescente. La parola Sostenibilità è entrata nel linguaggio comune come sostantivo e aggettivo che rivela una tensione positiva. Manca però un approfondimento di senso: non riducibile solo a territorio, ecologia, verde, ambiente, clima, ma con implicazioni forti tese al cambiamento per le persone, la Governance, la partecipazione, l’innovazione tecnologica, l’area progettuale, l’habitat, la metodologia del lavoro, welfare, e così via. La sostenibilità è una metodologia dell’operosità, una nuova tensione per una ricchezza non volatile, per uno sguardo al futuro con obiettivi misurabili, con impatti anch’essi verificabili attraverso sistemi di controllo e di accountability periodici. L’innovazione digitale è indispensabile e può avvenire con successo per tutti se l’accessibilità, diventa il cuore di uno sguardo alla realtà e ai suoi molti fattori. Occorre unicamente che essa stessa sia capace di comunicare, di raccontare, includendo, e rendendo partecipi coloro che ne usano e coloro che verranno coinvolti nella innovazione”.

In un suo editoriale si legge: “Un progresso che non sa guardare in volto le persone è una vera tragedia”. Quali tragedie vede oggi? Quali i rischi che corriamo e come possiamo metterci al riparo?

I rischi di un cammino, a larghi passi, pur in una logica di tempo medio, può divenire un grande problema come lo fu la prima Rivoluzione Industriale. Sono i corpi intermedi che rappresentano la grande novità del nostro presente e del recente passato. Essi, nati dalla libera attività di persone, con intrecci di natura diversissima, grandi realtà del non profit e piccole associazioni, con finalità definite, sono un vero termometro dello sviluppo sostenibile. Senza il Terzo Settore, paradossalmente, è impossibile operare una qualificazione dell’umano progredire. E’ già un fatto questo: la maggior parte delle imprese quotate in Borsa nei loro processi di cambiamento hanno dato vita a collaborazioni attive con realtà associative. Dentro e fuori il posto di lavoro. Più che a indagini (che sono comunque importanti) occorre attenzione alle persone. E la società, particolarmente in Italia, è ricca di Non Profit attivo. La rendicontazione pubblica dei passi innovativi che la tecnologia digitale produce è un ulteriore strumento. Rendere conto per rendersi conto, recita l’head line di una nota azienda di consulenza. Ad esempio l’Open Report è un importante strumento della verifica. Genera una reportistica anche quotidiana perché posto su una piattaforma che verifica il rapporto tra programmazione e realizzazione.

Lei parla spesso di “retorica delle parole legate all’innovazione”. Come si vince la retorica? Quali le azioni concrete che a suo avviso possono essere messe in campo?

Cambiare è indispensabile per un nuovo sviluppo sostenibile e umano. A volte basta un annuncio della possibile riduzione del 20% di emissioni di anidride carbonica per pacificare la coscienza e potersi definire sostenibili. La stessa comunicazione afferma, attraverso social e altri media, la novità introdotta. Innovazioni che si annunciano, ma non ci sono spiegazioni. E’ raro, ma interessante, raccontare l’innovazione attraverso la storia dei protagonisti, delle azioni, delle difficoltà superate, dei tempi e dell’esito finale. Bastano dati generici sugli alimenti per raccontare l’introduzione di una novità in vendita? Per il commercio delle uova non basta dire che provengono da galline allevate a terra senza menzione ai teli di protezione del terreno, il tipo di cibo, la certificazione di qualità, e le modalità distributive nella GDO. E la stessa enfatizzazione della Guida auto assistita non racconta i problemi etici emersi: l’algoritmo decide per l’uomo? In un caso limite, dovendo scegliere, salva l’autista o l’incauto ciclista? C’è infine il grande tema del lavoro: se una azienda automatizza tutto e utilizza solo robot e licenzia il personale possiamo ritenere che questa azienda sia sostenibile? Come risolvere il problema? Se invece il progresso tecnologico, anche digitale, è accompagnata dalla partecipazione, o dal coinvolgimento in chiave di competenze delle persone, può accadere che lo sviluppo immaginato si arricchisce del contributo di coloro che ne sono partecipi. Si innoverà ma è probabile che il processo sarà ancora più incisivo attraverso la partecipazione di competenze nate dallo studio e dalla esperienza. Non ci sono gli specialisti dell’innovazione. C’è il nuovo che entra, che deve entrare e che sa raccogliere tutto quanto è stato seminato e va salvato nella organizzazione e inserito nel processo di crescita.

Quali sono a suo avviso i contributi che la tecnologia digitale potrebbe dare in termini di inclusione agli obiettivi definiti da Agenda 2030?

La risorsa più importante è la diffusione delle informazioni. Cito il tema della Formazione. L’Esempio HITACHI Group è un esempio importante. L’attività formativa sulla Sostenibilità, a carattere mondiale, è stata pianificata in Italia.  I temi della Agenda 2030 sono divenuti 17 protagonisti di un fumetto. Uno per ogni Goal. Nelle strip si muovono insieme e separatamente. Spiegano, a qualunque latitudine, con qualunque lingua i diversi Goal e come fare per applicarli in azienda. Una formazione planetaria con al centro l’Agenda 2030 connessa all’operosità di ogni fabbrica, di ogni ufficio. Altri esempi sono sul tema della economia circolare portati avanti dal Gruppo Cremonini con la realizzazione di più di 3.000 prodotti, in diversi settori, tratti dagli scarti della macellazione. Oggi vediamo la Maglia Rosa del Giro d’Italia realizzata in materia plastica riciclata, come lo sono certe scarpe Adidas e Nike, dopo l’accordo di raccogliere plastica, suddividerla, e partire per nuovi prodotti con filati plastici. La politica non può attestarsi solo all’ambiente. Sarà difficile sanare il degrado del territorio senza soldi, con multe o tasse sulla plastica. Non c’è mai stato un programma inclusivo per introdurre tecnologie digitali a favore della ricostruzione del pianeta. Oggi lo fanno i privati perché ne vedono la convenienza. Una agilità della burocrazia faciliterebbe tutti. La tecnologia digitale è una risorsa in più, genera un cambiamento, offre soluzioni necessarie, indispensabili. Non teme le diversità, tende a includere perché nella sua flessibilità sa guardare senza timore in ogni direzione.

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