Obiettivo parità di genere: il digitale può aiutare?

Se tra gli obiettivi di Agenda 2030 dell’ONU al numero 5 troviamo la Parità di Genere, troviamo anche un suggerimento per raggiungere il traguardo: “Rafforzare l’utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’emancipazione della donna”.

Siamo tutte in spaventoso ritardo. A cominciare dalle ragazze che, anziché recuperare il gap, si laureano sempre di meno in materie STEM e si immaginano sempre di meno professioniste in ambito ICT.

Cosa fare allora?

Cosa può fare un “manipolo” di donne adulte, amiche, determinate a facilitare un pieno progresso femminile che, stanche di combattere ognuna per sé, decidono di unire le forze? Nel 2012 l’unione, nata dall’esigenza di stare tutte insieme per tutte soprattutto per le ragazze che sembrano meno consapevoli della fragilità dei diritti attuali, ha preso il nome di EWMD, un’associazione internazionale che ha consentito di mantenere un orizzonte ampio e un confronto aperto con donne di altre provenienze e formazione. Costituita l’associazione, ci siamo seriamente interrogate su quali fossero le sfide più concrete e immediate per spingere un passo avanti tutte noi.

L’irruzione del progresso tecnologico nella nostra quotidianità, compresi gli sconquassi causati al percorso professionale di alcune di noi, ci fecero toccare con mano quanto vivevamo ai margini di quel mondo e quanto, innegabilmente, esso ci avrebbe cambiato la vita. Alcune si erano trovate senza lavoro per la crisi e soprattutto per la necessità di riconvertire le competenze e ripensarsi in un mondo lavorativo e imprenditoriale che cambiava repentinamente e per bruschi scarti.

Cominciammo a chiederci perché di tecnologia e informatica avessimo una percezione così nebulosa e perché pochissime donne potessero darci spiegazioni da dentro a quel mondo. Ci rendemmo conto di quanto la nostra indifferenza e apatia da consumatrici fosse, in fondo, la spia di sottili e persistenti atteggiamenti mentali, molto ben consolidati dentro di noi, che in sostanza ci dicevano che tutta quella roba era “un affare da maschi”. A noi bastava imparare a usare qualche marchingegno che ci semplificasse la vita e magari amplificasse le nostre relazioni sociali, sempre compresse dai mille impegni. Oppure no? Oppure era il momento di andare oltre una miope e forse un po’ comoda, visione? Decidemmo di conoscerlo meglio quel mondo e di capire il perché di tanta inaccessibilità per noi, vera o apparente che fosse. Soprattutto cominciammo a capire che tutto cambiava in modo totale e irreversibile e che essere giù da quel treno ci avrebbe lasciato in una condizione di subalternità definitiva. Si trattava non già di imparare l’uso di qualche device o applicazione ma di essere a pieno titolo tra coloro che stavano disegnando il nuovo sistema nervoso del mondo, che non è più fatto di territori presidiati dall’identità storica e rotte commerciali difese da eserciti, ma di reti di oggetti interconnessi in grado di prendere decisioni con un impatto economico potente. Un mondo fluido, complesso e veloce, apparentemente senza gerarchie, dove smarrirsi e diventare noi stesse più passive che mai.

Rafforzare le competenze per superare gli stereotipi di genere

Le architetture sociali sono ridisegnate dal possesso di competenze elevate ma che non sono facilmente incluse nella formazione comune, anzi. E noi eravamo già in uno spaventoso ritardo formativo e culturale. Si trattava insomma di prendere atto che dovevamo, noi per prime, superare gli stereotipi di genere e agire in modo più consapevole, coraggioso e proficuo su terreni che erano nuovi ma promettenti.

Innanzitutto, quindi, abbiamo dovuto accettare questa realtà per noi stesse e subito dopo iniziare un percorso di progetto per affrontarla e condividerla con tutte le altre donne perché diventasse una questione centrale delle politiche a favore della questione femminile.

Il primo, fondamentale, passo è far capire questa emergenza alle donne stesse e poi a tutti i soggetti che possono contribuire a una inversione di rotta: amministratori pubblici, mondo della scuola, aziende. E uno dei modi suggeriti per raggiungere il goal 5 è proprio ripartire dal rafforzamento delle competenze digitali. Nel muovere questo passo abbiamo incontrato tante altre persone, donne soprattutto, che cercavano di raggiungere lo stesso obiettivo; incontri sorprendenti perché ci sentivamo un po’ pioniere e tutte avevamo bisogno di credere di non essere le sole.

Si è creata nel tempo una comunità ampia, eterogenea e flessibile quasi priva di struttura gerarchica ma di grande ricchezza umana e culturale. È grazie ad essa che abbiamo potuto concepire e realizzare i progetti più importanti della nostra associazione, come Donne e Ragazze Digitali, tesi proprio a rafforzare quelle abilità e conoscenze necessarie per giocare la partita della parità.

 

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