Data Gender Gap: le donne sono invisibili nonostante i Big Data e le AI?

Nevica. I servizi di sgombero neve sono organizzati in modo da dare precedenza alla ripulitura delle strade più trafficate, lasciando per ultimi marciapiedi e piste ciclabili. Ma in questo modo si riserva maggiore attenzione e cura agli uomini, visto che le donne hanno abitudini di spostamento diverse secondo i dati che nessuno prende in considerazione nella progettazione del servizio spazzaneve. Le donne usano di più mezzi pubblici o le bici per recarsi al lavoro, visto che se c’è un’unica macchina in casa questa è utilizzata dall’uomo. Le donne, inoltre, non percorrono solo la strada casa-lavoro-casa, ma seguono traiettorie più complicate, dato che, in tutto il mondo, il 75% del lavoro di cura non retribuito ricade sulle loro spalle.

Si misura la sicurezza di un’automobile. Per farlo si usa un manichino che riproduce la figura di un uomo a rappresentare ogni tipologia di corpo umano.

Si pubblicano libri di medicina in tutto il mondo ma, come evidenziato da diverse ricerche, le illustrazioni con immagini maschili sono tre volte più numerose delle raffigurazioni femminili. E per questo, altri studi evidenziano rischi importanti ai quali sono esposte le donne. Negli incidenti automobilistici così come nelle diagnosi sbagliate, o tardive, da parte di medici che si basano su dati riferiti a soli uomini.

Invisibili, insomma. In questi tre esempi come in moltissimi altri, le donne, come affermato dall’omonimo libro di Caroline Criado Perez, non sono considerate nella progettazione di servizi pubblici, nella formazione di operatori sanitari, nella ideazione di prodotti tecnologici, nella realizzazione di servizi digitali. E quando le cose vanno male, come nel caso di una pandemia come quella che stiamo vivendo, il vuoto di dati di genere si sente ancora più forte perché, come scrive Perez, “in quelle situazioni il problema non è più soltanto che ci si dimentica di tener conto delle donne: la questione si fa più insidiosa. Perché se già siamo restii a considerare la prospettiva femminile quando tutto va bene, nelle situazioni di caos e di crisi sociale i vecchi pregiudizi sembrano più giustificati. C’è sempre una scusa pronta. Bisogna prima ricostruire l’economia, abbiamo delle vite da salvare… Ma la verità è che quelle scuse non reggono. La vera ragione per cui si escludono le donne è che i diritti del 50% della popolazione sono considerati una questione minoritaria”.

Che fine ha fatto, allora, il goal 5 di Agenda 2030 “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze”?

Secondo l’osservatorio Nazioni Unite su gender equity, nonostante i progressi degli ultimi decenni, i target prefissati per il 2030 continuano a essere sfide non facili. Le donne, infatti, continuano a essere sottorappresentate a tutti i livelli di leadership politica e, solo per mettere in evidenza un paio di cose, continuano ad essere vittime di violenza: 1 su 5 di età compresa tra 15 e 49 anni riferisce di aver subito violenza fisica o sessuale da parte di un partner negli ultimi 12 mesi. In più, come evidenziato da UN in uno specifico rapporto, gli effetti della pandemia COVID-19 potrebbero invertire i limitati progressi compiuti sull’uguaglianza di genere e sui diritti delle donne, visto che il lavoro di cura non retribuito delle donne è aumentato in modo significativo a causa della chiusura delle scuole e dell’aumento dei bisogni delle persone anziane e visto che prestano servizio per il 60% in settori duramente colpiti dagli impatti economici del COVID-19.

Quanto conta il pregiudizio? E quanto è radicato?

Già nella prefazione di “Invisibili” si legge che “la storia dell’umanità è un enorme vuoto di dati. Si è deciso che le vite degli uomini dovessero rappresentare il percorso di tutto il genere umano. E così non sappiamo nulla di come vivesse l’altra metà: sulle donne, spesso, non vi è altro che silenzio”. Silenzi, vuoti che hanno effetti sulla vita di donne e uomini e che, secondo l’autrice, non sono che “una conseguenza di un modo di pensare che esiste da millenni. Una duplice inerzia del pensiero: gli uomini si danno per scontati, e delle donne non si parla neanche. Perché quando diciamo umanità, tutto sommato, intendiamo l’insieme degli individui di sesso maschile”. E questo vale non solo per gli uomini, ma anche per le donne che spesso non riconoscono il pregiudizio che colpisce indistintamente tutti. Raccontare i dati, leggere la disparità attraverso i numeri ha l’obiettivo di aprire gli occhi delle persone al pregiudizio che loro stessi hanno.

Uno degli esempi più lampanti contenuti nel libro è quello della New York Philharmonic Orchestra di Philadelphia, composta fino agli anni Settanta in gran parte da uomini. Questo finché non si è deciso di adottare audizioni al buio: i candidati suonano nascosti da un paravento, e da quel momento i numeri si sono magicamente equilibrati.

Con l’Intelligenza Artificiale tutto si sistemerà?

Si parla spesso della possibile influenza negativa che dati inquinati da pregiudizi e stereotipi porteranno le intelligenze artificiali a prendere decisioni sbagliate. Secondo The Guardian, il 72% dei curriculum presentati negli Stati Uniti già oggi non viene letto da un occhio umano, ma selezionato da macchine. Ma gli algoritmi, si chiede Perez nel libro, “sono stati addestrati a soppesare le differenze di genere?”. E soprattutto non saranno mal consigliati dal cosiddetto bias dei dati?

Abbiamo visto che al giorno d’oggi – si legge su Invisibili – esistono modelli di progettazione che penalizzano le donne. Le industrie sfornano oggetti e prodotti che ci impediscono di essere efficienti sul lavoro, e a volte persino di averlo un lavoro. E con le AI si rischia di aggravare le ingiustizie del mondo in cui viviamo. Le soluzioni ci sono, ma prima bisogna riconoscere l’esistenza del problema”.

Come colmare il Data Gender Gap e avvicinarci agli obiettivi di SDG 5?

La soluzione al vuoto di dati di genere è chiara” – scrive Perez. “Dobbiamo colmare il vuoto di rappresentanza. Quando sono coinvolte nei processi decisionali, nella ricerca scientifica, nella produzione di conoscenza, le donne non restano sepolte nell’oblio. La loro presenza fa uscire dall’ombra le vite e le prospettive femminili, e questo è un vantaggio per l’intera umanità”.

Basta chiedere alle donne”. Ma solo dopo aver fatto comprendere a uomini e donne, attraverso i dati, quanto la disuguaglianza di genere sia ovunque. Nelle vie, nelle banconote, nei libri di testo, nei film, nel giornalismo, nel lavoro, nella cura, nei videogiochi. Ovunque.

E dopo tanto tempo è arrivata l’ora che, anche grazie alle tecnologie digitali, le donne diventino visibili.

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