Il digitale contro le disuguaglianze: intervista a Livia Ruffini presidente Zonta International Parma

Un mondo in cui i diritti delle donne siano riconosciuti come diritti umani e ogni donna sia in grado di realizzare il suo potenziale, in modo pieno. Un mondo in cui le donne possano avere accesso a tutte le risorse e siano rappresentate nelle posizioni decisionali in modo paritario rispetto agli uomini. Un mondo in cui nessuna donna viva nella paura della violenza.Un mondo come questo al momento è sogno, ma per Zonta International, organizzazione internazionale ultracentenaria che lavora per SDG 5 di Agenda 2030, si può realizzare lavorando per la parità di genere.

Ci impegniamo a sostenere l’educazione a tutti i livelli, soprattutto nel periodo storico che stiamo attualmente vivendo e in cui sono estremamente evidenti gli effetti della pandemia sull’istruzione – spiega Livia Ruffini, presidente Zonta International sezione di Parma.Ritengo sia nostra responsabilità facilitare l’accesso alla conoscenza in tutte le sue forme e fare ogni sforzo possibile per riempire la voragine aperta dal blocco delle attività educative. Ogni sforzo deve essere messo in campo per arginare la crescita delle disuguaglianze e, sicuramente, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono essere determinanti per riuscire a raggiungerei singoli individui, anche quelli che faticano ad avere facile accesso al percorso educativo. In secondo luogo, è cruciale “essere dentro le istituzioni” di qualunque tipo, con pari opportunità di leadership. Di nuovo, la pandemia ha scoperchiato la realtà femminile in Italia: nel mio reparto (Livia Ruffini è medico, ndr) la maggioranza degli operatori è costituita da donne giovani. Impossibile – per loro che hanno nonni e famiglie di origine lontani e forte paura di portare il virus nelle proprie case – ottenere il bonus baby sitter. Se non ci fosse stata una rete solidale all’interno del reparto stesso a sostenerle e comprendere i loro bisogni familiari, queste giovani donne avrebbero sicuramente incontrato ancor più difficoltà nella gestione dei figli rimasti a casa. Infine, credo fortemente nella necessità di solide politiche di promozione dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione di donne e ragazze di ogni età e classe sociale“.

Un progetto dell’associazione al quale guardare con attenzione?

Expanding Access to Education che sostiene l’educazione delle ragazze in tutte le sue forme, offrendo ogni anno numerose borse di studio in campi spesso dominati dagli uomini come l’ingegneria aerospaziale, il business management, la tecnologia. Parimenti importante è il sostegno alla formazione e partecipazione alla vita pubblica e politica di giovani ragazze (Young Women in Public Affairs Award) che vantano capacità di leadership e un forte senso di impegno per la comunità e/o associazioni civiche.

Pensa che la tecnologia possa essere strumento di sostenibilità?

Assolutamente si. La tecnologia, nelle sue molteplici e variopinte forme, può essere in primis uno strumento per educare, attraverso la comunicazione e il marketing, alla sostenibilità, sia pubblicizzando brand o proposte sostenibili, sia insegnando al grande pubblico (composto da individui di livelli culturali estremamente diversi) che cosa si intende per “sostenibilità” e come si può adottare un comportamento più sostenibile. Secondariamente, la tecnologia, in particolare l’ambito dei social media, può essere un potentissimo strumento di incitamento – da parte dei cittadini verso le istituzioni – al cambiamento di tutto ciò che potrebbe essere sostenibile e ancora non lo è.

Quale il ruolo delle tecnologie digitali nel raggiungimento degli obiettivi di Agenda 2030?

Il ruolo delle tecnologie digitali è quello di diffondere le informazioni e la cultura raggiungendo il maggior numero di persone ed educando al dibattito e alla scelta corretta e razionale delle fonti dalle quali informarsi. È importante che ogni individuo (nel nostro caso, le giovani donne in particolare) possa usufruire dell’informazione e dell’educazione, anche diffusa digitalmente.

Pensa che ci sia consapevolezza diffusa sul suo ruolo del digitale per la sostenibilità o la tecnologia è vista ancora come nemica?

Penso che ci troviamo nel mare di mezzo: capiamo che è indispensabile, ma non abbiamo strumenti che facilitino una rapida e semplice implementazione. Io lavoro immersa nella tecnologia, eppure, ogni nuova implementazione rallenta il lavoro e aumenta la burocrazia perché gestita da figure non esperte che non conoscono il workflow specifico di un’attività e spesso scelgono prodotti non customizzati (pensi agli acquisti su base regionale o nazionale).Io sono un medico e mi occupo di immagini diagnostiche complesse. Noi usiamo già l’intelligenza artificiale per l’analisi delle bioimmagini e abbiamo bisogno della bioinformatica per analizzare i dati biomolecolari delle malattie, ma chi governa i nostri ospedali non comprende la necessità di assumere figure professionali quali ingegneri, bioinformatici, matematici. Ecco, ci vorrebbe una governance competente che sia in grado di comprendere i bisogni attuali e risolverli anche grazie alle mediazione delle enormi potenzialità del digitale.

Quali gli strumenti digitali utilizzati per fare advocacy da parte della vostra associazione, con quali risultati?

La nostra associazione sfrutta innanzitutto i social network ,in particolare Facebook e Instagram, ma anche i media tradizionali. Sicuramente avremmo bisogno di un’ondata di innovazione per ottenere maggiori risultati dall’utilizzo di queste piattaforme e far conoscere Zonta International e le attività di Zonta Parma a una cerchia più allargata.

Ottimismo o pessimismo sul raggiungimento dei goals previsti da Agenda 2030?

Sicuramente una forte dose di ottimismo, che spinge sia me che l’intera associazione a lavorare sullo sviluppo dei nostri obiettivi. Sarà più difficile e laborioso, penso, raggiungere i goals prefissati nel periodo storico che stiamo vivendo, ma è fondamentale un approccio positivo – e realista – che ci permetta di vedere attraverso questa coltre di incertezza. È importante per me, per noi, arrivare al punto di arrivo che abbiamo deciso di raggiungere e portarvi la nostra expertise e il nostro sostegno come associazione.

Quale il goal potenzialmente più a portata di mano e perché e quale quello più difficile e perché?

È difficile definire quale sia il goal più a portata di mano: tutti i 17 obiettivi sono estremamente complessi da raggiungere. Detto ciò, quello che mi sembra più veloce da realizzare è il numero 11: “Città e comunità sostenibili”. Già ora le città si stanno spostando verso un’urbanizzazione più sostenibile e diventerà sempre più impellente la necessità di adeguarsi a una nuova tecnologia urbana, di tutti i quartieri, compresi quelli più poveri. La spinta proviene, a mio parere, sia dalla volontà dei cittadini, che desiderano vivere in aree sempre più verdi, innovative ed esteticamente appaganti, sia dalla competizione fra città e fra stati, che porta la classe dirigente a voler eguagliare in bellezza e novità le nazioni più evolute da questo punto di vista. La sempre maggior diffusione, inoltre, di auto elettriche aiuta l’avvicinamento a questo obiettivo. Le difficoltà principali saranno, credo, diffondere l’innovazione ai quartieri più poveri in ogni parte del mondo e capire quali riforme avviare per prime e quali sono realmente necessarie, facendo in modo che non si sviluppi anche nel campo dell’urbanizzazione sostenibile una “urbanizzazione del lusso” ristretta a pochi in quanto plus non immediatamente utile o necessario. Il goal più difficile, a mio parere è il numero 1: “Sconfiggere la povertà”; esso, inoltre, comprende al suo interno molti altri goals (come eliminare le disuguaglianze, sconfiggere la fame, fornire un servizio sanitario efficiente, debellare molte malattie, ecc.). La povertà è profondamente radicata nel nostro mondo e cercare eliminarla significa non soltanto lottare contro regimi economici, politici e sociali vigenti da millenni, ma anche cambiare il modo di pensare degli individui, dei cittadini e delle nazioni: in pochi cederebbero parte di ciò che possiedono in favore di un mondo votato all’uguaglianza. La povertà dei popoli e degli individui permette inoltre che essi possano essere sfruttati per lavori di manovalanza a bassissimo prezzo in favore di un altissimo per le aziende o le industrie multinazionali. La povertà, in ultimo (anche se non ultimo) porta ignoranza che, a sua volta, porta all’asservimento, alla paura e all’incapacità di evolversi verso uno status che, se non uguale, sia almeno un po’ meno diseguale.

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