L’importanza della tecnologia tra miglioramento e creazione nei processi d’innovazione della città: intervista a Marco Pironti

Il ruolo della tecnologia e dell’innovazione, per una città, non è solo quello di rafforzare l’esistente, ma anche di creare le condizioni per qualcosa di nuovo. Ma è importante che questa innovazione venga avvicinata alle persone, e compresa: ce ne parla Marco Pironti

Dopo Gianluca Vannuccini, continua il nostro percorso di approfondimento dedicato al tema delle bright city – le città sostenibili grazie al digitale – nell’ambito del progetto Sustainability Talk. Il nostro secondo ospite è Marco Pironti, Assessore all’innovazione, Smart City e Fondi Europei del Comune di Torino, che ha portato avanti la strategia di innovazione e digitalizzazione della città piemontese. È professore ordinario di Innovation Management and Entrepreneurship presso l’Università di Torino e Presidente dell’Innovation Center ICxT. È autore, poi, di oltre 100 pubblicazioni su ecosistemi emergenti, modelli di business e strategie per l’innovazione.

L’innovazione a partire dalla partecipazione

Portare innovazione nelle città è un processo complesso, soprattutto in periodi di incertezza come quelli portati dalla pandemia. Un processo che però, secondo Marco Pironti, perché sia vincente deve puntare su alcuni concetti fondamentali, come quelli di partecipazione, coinvolgimento e collaborazione, sotto diversi punti di vista.

Nella PA, far comprendere a tutti che possono avere un ruolo attivo nell’innovazione, che possono incidere anche nei processi di lungo periodo attraverso progetti concreti, è l’elemento che può fare davvero la differenza

Nella Pubblica amministrazione, questo obiettivo può essere raggiunto attraverso la diffusione, a tutti i livelli, della consapevolezza dell’importanza del ruolo di ognuno nelle sfide di lungo periodo che le città si troveranno ad affrontare: “consapevolezza che, per essere sviluppata, deve far leva proprio sulla partecipazione, sul coinvolgimento”, spiega Marco Pironti. “L’efficacia di questo concetto l’abbiamo provata con il nostro progetto InnovaTO, dedicato proprio ai dipendenti pubblici, il quale tema era proprio l’innovazione, non soltanto tecnologica ma in tutti gli ambiti, dal sociale ai processi. Abbiamo lanciato delle call rivolte alle posizioni organizzative, cioè il primo livello di responsabilità nella macchina amministrativa, estese anche al mondo delle partecipate, per la realizzazione di progetti innovativi, tra i quali abbiamo premiato i 5 migliori. L’impressione che abbiamo maturato da questa esperienza è che il coinvolgimento sia una leva fondamentale per muovere l’operatività, ed è quindi un rewarding fondamentale per la Pubblica amministrazione: far comprendere a tutti che possono avere un ruolo attivo nell’innovazione, che possono incidere anche nei processi di lungo periodo attraverso progetti concreti, è l’elemento che può fare davvero la differenza”.

Se il coinvolgimento e la partecipazione rappresentano elementi fondamentali sui quali puntare all’interno della PA, d’altra parte, rappresentano i punti cardine sui quali sviluppare i processi innovativi delle città, anche in un’ottica di sostenibilità. “Quello dell’innovazione sociale è un tema sul quale Torino lavora da decenni, ma per il quale mancava un hub, un ‘catalizzatore’ degli sforzi. Per questo abbiamo creato Torino City Lab, un macro-contenitore nel quale far convergere soluzioni innovative, attori pubblici e privati, con la consapevolezza che oggi, da soli, non si fa più nulla”. Se però le sinergie instaurate tra pubblico e privato sono in grado di attivare processi innovativi virtuosi per le città, rappresentano anche una solida base per affrontare momenti complessi e incerti, come quello della pandemia. Infatti, secondo Pironti, al rapido cambiamento delle circostanze “per il pubblico può essere pericolosissimo tentare di trovare nuovi equilibri, per un semplice motivo: non si ha il tempo necessario per trovarli. Credo quindi che sia più utile sfruttare quello che si ha già, i valori e gli equilibri che si sono creati, spostandone le priorità a seconda delle esigenze. È in questo modo, facendoci forza proprio sul partenariato pubblico-privato che avevamo precostituito, che abbiamo potuto affrontare meglio le difficoltà del periodo più acuto dell’emergenza: senza cambiare gli equilibri, ma spostando solo le prospettive e le priorità. Per fare questo, però, è necessario avere credibilità e instaurare un rapporto di fiducia reciproca, in cui alla fine ci sia un qualche ritorno per tutti: è solo in questo modo che si possono trarre i benefici che questo approccio può dare nel lungo periodo”.

La tecnologia? Non solo un acceleratore dell’esistente

Per far sì che questo approccio funzioni sulla strada per l’innovazione sostenibile, quindi, è importante che quello tra pubblico e privato sia un approccio win-win: occorre, cioè, che le esigenze di business dei privati convergano verso l’impatto reale che il pubblico vuole generare. “Quello di pensare che lavorando con il privato quest’ultimo debba riconoscerti chissà quali piaceri e benefici è un falso mito, è impensabile. Infatti, la prima regola che abbiamo quando apriamo nuovi tavoli di lavoro è che ogni player che coinvolgiamo deve dichiarare, in maniera molto trasparente, ciò che mette sul piatto e ciò che vuole portarsi a casa in termini di benefici: se si riescono a soddisfare le richieste, il valore che il privato è disposto a condividere è potenzialmente enorme”.

Un aspetto fondamentale, quindi, in considerazione dei benefici che l’innovazione può garantire in un’ottica di sostenibilità sotto tutti i punti di vista. Basti pensare all’impatto positivo che alcune soluzioni innovative possono avere sulla popolazione di una città: “a Torino, per esempio, abbiamo creato Homes4All, ossia un fondo immobiliare, per il quale abbiamo pagato soltanto lo startup, che rileva unità immobiliari sparse un po’ in tutto il territorio, le ristruttura e le affida a soggetti che ne hanno bisogno, individuati dalla città. In questo modo, non solo si facilita l’integrazione, evitando di isolare queste persone, ma c’è anche un recupero delle valutazioni immobiliari che in alcune zone della città avevano subito un crollo verticale. Ecco, questa è un’altra soluzione innovativa che si regge su di un meccanismo win-win: la città svolge il proprio ruolo, trovando case decenti per le persone che ne hanno più bisogno, e chi ha dei soldi può investirli nel migliore dei modi”.

È sbagliato usare la tecnologia soltanto per migliorare quello che si ha già, quando si dispone di uno strumento in grado di renderti ciò che non sei mai stato

Insomma, questo è un esempio virtuoso di come l’innovazione e la tecnologia possano essere applicate in funzione dello sviluppo delle città: trovare nuove soluzioni che, sulla base dell’esistente, massimizzino i vantaggi nell’ottica della sostenibilità. Se questo è vero, però, secondo Marco Pironti, “una visione della tecnologia come un semplice ‘acceleratore’, come uno strumento per migliorare e rafforzare ciò che c’è già, è una visione alquanto limitativa. Per questo motivo, a Torino in questo periodo abbiamo cercato di interpretare la tecnologia, o l’infrastruttura tecnologica nel suo complesso, non soltanto come uno strumento abilitante per rafforzare l’esistente, ma anche per creare, attrarre qualcosa di nuovo. Il messaggio sul quale abbiamo voluto lavorare in questi anni, quindi, è che è sbagliato usare la tecnologia soltanto per migliorare quello che si ha già, quando si dispone di uno strumento in grado di renderti ciò che non sei mai stato.

Migliorare la percezione della tecnologia

Insomma, è chiaro che tanto dal punto di vista dell’efficientamento, quanto dal punto di vista della creazione e dell’abilitazione, quello della tecnologia è un potenziale enorme. Per sfruttare al meglio questo potenziale, però, secondo Marco Pironti, occorre fare i conti con un tema importante: “chi crea una determinata innovazione o tecnologia, va sempre più veloce e ha più capacità rispetto a chi, invece, quell’innovazione o quella tecnologia la deve usare.

È avvicinando le persone alla tecnologia che è possibile far comprendere come possa essere una soluzione importante e, soprattutto, utile per tutti

In sostanza, per far sì che la tecnologia possa abilitare i vantaggi per i quali è stata creata, anche nell’ottica della sostenibilità, è necessario avvicinarla alle persone, farne capire il funzionamento e l’utilità. “Per questo motivo, abbiamo partecipato al bando del MISE per la Casa delle Tecnologie Emergenti: proprio per creare consapevolezza rispetto all’innovazione e migliorare la percezione della tecnologia: questo è un obiettivo fondamentale perché, soprattutto in questo ambito, quando una cosa non si conosce, spesso la si teme.

In questo senso, la nostra idea è stata quella di creare una Casa ‘diffusa’: non soltanto un hub fisico centrale, quindi, ma oltre 12 luoghi fisici identificati li dove il territorio vuole rigenerarsi attraverso l’innovazione. La tecnologia ci ha spesso abituato a immaginare che tutto possa essere virtuale, ‘etereo’, ma oggi la fisicità ha assunto un valore ben più rilevante rispetto al passato. È infatti avvicinando le persone alla tecnologia che è possibile far comprendere come possa essere una soluzione importante e, soprattutto, utile per tutti. Il nuovo non deve spaventare, ma entusiasmare.

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