Tecnica e ritmo dell’intrigo: autoinganno o manipolazione

Nell'informare, coloro che sanno fare bene il proprio lavoro non assumono mai posizioni nette: ciò che si deve mettere in circolo è un ‘tema aperto’, un fenomeno illusorio, ma suggestivo e interessante, e su cui tutti devono esprimersi

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Nessuno di quelli che parlano del più grande e importante ideale dell’umanità
crede che esista davvero

R. Musil, L’uomo senza qualità

 

L’informazione, molto di frequente, è la metafora di ciò che non si può dire, l’allegoria di una costante di gravitazione narrativa o, in altri termini, una forza che spinge i fruitori verso il fondo di un sistema, un luogo di movimenti caotici e disfunzionali e dal quale si possono vedere solamente le ombre d’una vicenda, ma non la definizione dei corpi che le generano. L’analisi, in questo senso, non può che essere comparativa.

Aldo Giannuli, in Come funzionano i servizi segreti, scrive:

“L’Ufficio zone di Confine della Presidenza del Consiglio (una sorta di servizio speciale strettamente interrelato con quello militare), nei primi anni Cinquanta, dava un contributo mensile di centomila lire (quattro-cinquemila euro attuali) a una serie di politici senza alcuna giustificazione; e fra i beneficiari risultano i nomi di Aldo Moro, Amintore Fanfani, Giorgio La Pira, Paolo Emilio Taviani e molti altri.” (GIANNULI, A., 2009, Come funzionano i servizi segreti, Ponte alle Grazie, Milano, p. 22)

Esiste, nella lingua digitale, un livello d’interazione che è costruito quasi esclusivamente attorno agli idoli

Quando si affrontano temi del genere, com’è noto, si scatena la feroce fantasia dell’intera massa digitale, ma non manca di certo l’aggressività diretta ed esplicita. Alcuni nomi diventano simboli e, nel tempo, idoli. Di conseguenza, la discussione critica intorno a essi viene meno per postulato. Questo accade perché il nostro linguaggio tende a processi di compensazione, che, naturalmente, si possono prevedere e calcolare con ‘misurazioni algebriche’, per così dire. In altri termini, esiste, nella lingua digitale, un livello d’interazione che è costruito quasi esclusivamente attorno agli idoli: non necessariamente proiezioni di persone, intendiamoci! Il termine idolo deriva dal greco εἴδωλον (èidolon), immagine, figura, ombra, spettro, ed è strutturato sulla radice del verbo vedere, ιδ- (id-). Si tratta, dunque, di ciò che vediamo e, per lo più, di ciò che siamo convinti di vedere, come se ciò costituisse l’oggetto interno, una specie di movente, e, insieme, l’oggetto esterno, una specie di fine, del linguaggio di comunione.

Bacone, nel Novum Organon, ne fa un’esemplare classificazione: idola tribus (idoli della tribù), idola specus (idoli della spelonca), idola fori (idoli del mercato), idola theatri (idoli del teatro), ovverosia pregiudizi che limitano, secondo il filosofo, l’accesso alla conoscenza e alla verità. Qui, in particolare, c’interessano gl’idola tribus e gl’idola fori. I primi ci riguardano perché il meccanismo che induce l’uomo a fare certe deduzioni è quello dell’analogia, non già dell’analogia tra uomo e natura, che comporterebbe un processo dialettico-epistemico, bensì tra uomo e uomo. I secondi, invece, sono quelli che nascono proprio in seno al linguaggio e, per ciò stesso, istruiscono ciò che abbiamo definito linguaggio di comunione.

A metà degli anni Quaranta, l’Inghilterra comprese un aspetto fondamentale della strategia informativa, qualcosa cui gli altri paesi sarebbero pervenuti parecchio tempo dopo: l’uso della psicologia e del linguaggio per la realizzazione dei programmi politico-finanziari e militari; tant’è che fecero nascere un ufficio specializzato nella propaganda e nella manipolazione dell’opinione pubblica, lo Psychological Warfare Branche, in seguito sostituito dall’IRD (Information Research Department). Dunque, onore e merito alle competenze scientifiche, alla capacità di adattamento e alla ‘chiaroveggenza’ di chi seppe interpretare correttamente la realtà.

In quello stesso periodo, in Italia, fu fondato un ‘ente’ il cui nome e la cui utilità, dopo circa ottant’anni, sono noti ai più. Anche solo per ‘sentito dire’, chiunque sa cos’è l’ANSA, vale a dire la più potente agenzia di stampa italiana. Ebbene? L’ANSA nacque proprio per volontà dell’inglese PWB e prese vita grazie a un agente italiano sul libro paga di Sua Maestà con lo pseudonimo di Merryl. Non si può di certo pensare che l’ANSA non abbia influenzato la stampa italiana! Qualche anno prima, l’MI5 s’era già servito di Mussolini, pagandolo e sostenendone l’ascesa al potere per poi scaricarlo al momento opportuno. A poco a poco, tuttavia, crescendo il potere economico degli USA, che non si risparmiarono in contributi ai democristiani, e profilandosi il dominio dell’URSS in fatto di materie prime, occorreva prendere qualche provvedimento. Entro i confini incerti di questa trama, allora, comparve anche l’interesse di Londra per le formazioni postbelliche neofasciste in ottica anticomunista e antisovietica, come se si volesse accreditare un atteggiamento filoamericano. Insomma: qualcuno potrebbe sentirsene stordito e chiedersi che senso abbia fare un passo avanti e due indietro.

Colui che tenta di informare qualcuno, di trasferire una conoscenza da sé ad altri col fine della comunicazione-persuasione, è chiamato non soltanto a sperimentare la propria capacità di simbolizzazione, per cui l’immagine “cane” deve riferirsi ora ad un “cane particolare” ora all’esperienza che ciascuno ha del “cane”, ma anche a rispettare i meccanismi di induzione-inclusione entro i quali il destinatario avverte il proprio ‘senso di sé’ nel tempo e nello spazio. Infatti, in primo luogo, il destinatario, che riceve un impulso in un codice che non gli appartiene, viene richiesto d’un’immediata fatica: deve ridurre la distanza ermeneutica tra l’equilibrio del proprio apparato psichico e il rischio di alterazione proveniente dallo stimolo esterno. All’impatto con l’immagine-rappresentazione “cane”, la mente può inizialmente tutelare la propria stabilità in questo modo: <<Non so, potrebbe appartenermi. È cosa buona o è cosa cattiva?>>. L’attestazione di autenticità viene conferita all’immagine solo nel momento in cui la mente riesce a produrre un insieme di elementi in cui il “cane” ottiene l’adeguato livello di appartenenza simbolica e concettuale. La rappresentazione concettuale organizza segni e simboli della rappresentazione percettiva in modo che si sviluppino dei legami di significato: le idee, cioè le visioni delle cose.

“Esiste una corrispondenza tra parole e cose, tra parole e grandezze, e tale corrispondenza è una funzione della pratica umana. Uno dei compiti centrali della filosofia è di chiarire la natura di tale funzione (…) A rigore, esso non è un termine, ma una coppia ordinata di un termine e di un ‘senso’ (o di una circostanza d’uso, o di altra cosa che distingua un termine usato in un senso dallo stesso termine usato in un senso diverso) che ha un’estensione” (PUTNAM, H., 1975, Mind, Language and Reality Philosophical Papers, Vol. 2, trad. it. di R. Cordeschi, 1987, Mente, linguaggio e realtà, Adelphi Edizioni, Milano, p. 241)

Sul binomio di ipersensibilità e pigrizia si muovono in modo magistrale gli strateghi della lingua dell’informazione, nell’accingersi a elaborare la notizia da servire ai fruitori

Non ci si rende conto, dunque, che la vacuità e le illusioni costituiscono un terreno fertile perché agevolano l’aggregazione cieca eliminando le barriere della cognizione, dell’istruzione e della cultura. C’è – dappertutto, intendiamoci! – una componente d’ipersensibilità, cui si contrappone la scarsa resistenza alla durata dei processi d’apprendimento: esattamente ciò che si verifica quando si abbandona un libro alle prime difficoltà di comprensione. I bei libri esposti sulle scansie sono sufficienti ad accreditare il proprietario quale intellettuale o lettore attento? Su questo binomio di ipersensibilità e pigrizia si muovono in modo magistrale gli strateghi della lingua dell’informazione, nell’accingersi a elaborare la notizia da servire ai fruitori.

Esiste un metodo molto semplice, ma ben sviluppato, frutto di grandi fatiche scientifiche, con cui i ‘Grandi Apparati’ di ogni paese, in collaborazione con un apposito ‘comitato di sicurezza’, dirigono non solo l’informazione, ma anche la comunicazione. Il vecchio sistema di scambio di favori tra i giornalisti e i cosiddetti ‘agenti segreti’ è ormai noto ai più. Ci sono tuttavia altre tecniche che non si fa fatica a immaginare. Una di esse potrebbe consistere nel far pervenire la notizia autentica, ma sapientemente modificata, a una fonte ritenuta poco attendibile per poi vendere quella falsa sotto forma di versione ufficiale, in modo che il discredito a scapito della notizia autentica sia superiore che in qualsiasi altro caso, grazie all’effetto buzz che si scatena sui social network. In un altro caso, sapendo di avere qualcuno che faccia da amplificatore, si impone immediatamente la falsità, così da farla arrivare a destinazione e raggiungere l’obiettivo (Cfr. GIANNULI, 2009, op. cit.).

Pretendere che tutto questo sia giudicato o addirittura smontato attraverso continue rivelazioni pubbliche significa produrre ininterrottamente idoli.

Ai puristi rispondiamo dicendo che le bugie di Kennedy e Chruscev, molto probabilmente, sono state utili ad evitare la terza guerra mondiale. In parole povere, gli addetti stampa di Kennedy, nei primi anni Sessanta, non avrebbero mica potuto dichiarare che il presidente era troppo impegnato in politica estera a contrastare i sovietici per potersi occupare adeguatamente dei diritti civili e dei segregazionisti. Allo stesso modo, i colleghi al soldo di Chruscev non avrebbero mai potuto dichiarare pubblicamente il fallimento dei piani quinquennali o delle riforme agrarie. Di conseguenza, le notizie diramate erano sempre più o meno confortanti. Tra le altre cose, nel dire “confortanti”, qui, si applica una drastica e ingenerosa riduzione delle questioni che riguardano quel periodo storico. Ciò che si configura, sulle prime, come un occultamento della verità altro non è che una variante della necessità e del dovere di mantenere l’equilibrio. Giusta o sbagliata che fosse, l’Operazione Mongoose, voluta dalla CIA contro Fidel Castro, all’epoca sostenuto dall’Unione Sovietica, era sottoposta ai criteri della massima sicurezza, come lo era la propaggine italiana di Stay-behind, Gladio, venuta alla luce nei primi anni Novanta perché non c’era più ragione di nasconderla.

Procediamo oltre con un altro esempio. Negli Stati Uniti, poco prima della vicenda dei mutui subprime, si decise di fare propaganda al sogno americano addirittura con i romanzi di Horatio Alger, che descrivevano, per l’appunto, l’ascesa sociale della povera gente e, di conseguenza, invogliavano all’acquisto della prima casa. Può anche darsi che l’effetto sia stato superiore alle previsioni, ma è sufficiente guardarsi attorno, in un giorno qualunque, leggere i titoli dei giornali, poi passare alle pagine dei social network e, da ultimo, scambiarsi dei commenti con i più accaniti tra gli utenti del web per capire che la logica è quella della bestialità e che gli interpreti sono sempre meno cinici e sempre più ‘pietosi e romantici’.

Ciò che si deve mettere in circolo è un ‘tema aperto’, un fenomeno illusorio, ma suggestivo e interessante, e su cui tutti devono esprimersi

Coloro che sanno fare bene il proprio lavoro non assumono mai posizioni nette di prima linea, ma raggiungono un interlocutore apparentemente neutrale – o creano le condizioni perché lo sia – affinché esso attiri su di sé l’attenzione del rivale. X determina le condizioni di Z, tale che Y è attirato da Z; T, che appartiene a X, ma che da X è isolato, lavora perché Y arrivi a Z. Ciò che si deve mettere in circolo è un ‘tema aperto’, un fenomeno illusorio, ma suggestivo e interessante, e su cui tutti devono esprimersi. Agli effetti di una buona riuscita non servono le armi: ci vogliono gli analisti, gli scienziati; ci vuole il linguaggio.

L’esercizio di quest’arte e lo sviluppo di questa scienza possono essere ancora più chiari che in precedenza, se curiosiamo tra gli eventi della storia. Nessuno, naturalmente, dimentica che, nel 1953, in Italia, nacque l’Ente Nazionale Idrocarburi, altra opera dell’audacia che minacciava gl’interessi inglesi sia nell’Africa nord-orientale sia nel ‘maledetto’ Iran. Enrico Mattei, pur di garantire una certa autonomia energetica all’Italia, si servì di ogni mezzo: fondò e finanziò giornali, sostenne la DC e Amintore Fanfani e ne sovvenzionò i progetti, trascurò l’opposizione atlantica a qualsiasi atteggiamento filoarabo. In pochissimo tempo, infatti, riuscì a concludere accordi sul petrolio, non a caso, con l’Egitto, di cui poté sfruttare i pozzi del Sinai, e con L’Iran. E non solo: in piena guerra fredda, ebbe l’ardire di sancire un’alleanza petrolifera pure con l’Unione Sovietica, dalla quale sarebbero arrivati in Italia 12 milioni di tonnellate di greggio in quattro anni. Questi sono solamente alcuni dei suoi successi. Una trentina d’anni dopo la sua morte, il sostituto procuratore di Pavia, Vincenzo Calia, nella riapertura dell’inchiesta sulla morte di Mattei, riuscì solo ad accertare che il suo aereo era stato sabotato. E ci fermiamo qui perché riteniamo che questi elementi bastino a istruire un’ipotesi d’interpretazione.

In un testo redatto dagli agenti dei servizi di Washington e pubblicato da Cereghino e Fasanella ne Il golpe inglese, leggiamo:

“L’Italia è un vasto campo di battaglia politica e di intrighi tra le maggiori potenze (…) Quali sono i protagonisti di questa battaglia? La Russia, la Gran Bretagna e il Vaticano. Per quale motivo tale battaglia ha luogo in Italia? Perché essa è divenuta un punto focale degli intrighi dei vari servizi segreti” (CEREGHINO, M. J., FASANELLA, G., 2011, Il golpe inglese, 2011, Chiarelettere, Milano, p. 135)

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