L’obiettivo di questa tappa della rubrica “Open Data per la sostenibilità” ha alcuni aspetti alla base del lavoro quotidiano di chi vi scrive; si parla infatti di infrastrutture come trasporti, energia, irrigazione ma anche tecnologie ICT, ricerca e sviluppo, elementi cruciali per realizzare uno sviluppo sostenibile della società del futuro.
Il tema delle infrastrutture è molto delicato, con evidenti disparità tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo dove, in quest’ultimo caso, circa 2.6 miliardi di persone hanno difficoltà di accesso a infrastrutture elettriche, sanitarie o di telefonia
La stessa agenda 2030 infatti afferma che “Lo sviluppo industriale inclusivo e sostenibile è la prima fonte di generazione di reddito”, che “senza tecnologia e innovazione, non vi sarà industrializzazione, e senza industrializzazione non vi sarà sviluppo.” e che “Infrastrutture inadeguate impediscono l’accesso a mercati, a posti di lavoro, a informazione e formazione, creando forti barriere alle attività economiche”.
Il tema delle infrastrutture è molto delicato, con evidenti disparità tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo dove, in quest’ultimo caso, circa 2.6 miliardi di persone hanno difficoltà di accesso a infrastrutture elettriche, sanitarie o di telefonia.
Se guardiamo in Italia, il problema delle infrastrutture e della loro manutenzione è spesso all’ordine del giorno; proprio di recente sono apparsi reportage dove si mette in evidenza che per andare da Palermo a Trapani, e quindi fare circa 330 km, ci vogliano 10 ore di treno, contro le 6 ore del nuovo Frecciarossa che collega Milano a Parigi (850 km).
Appare quindi cruciale studiare e monitorare lo stato delle infrastrutture per un migliore sviluppo economico sostenibile, che possa porre le basi per la costruzione di future comunità e città intelligenti.
Come possono aiutare gli open data in questo scenario?
I dati aperti sono uno strumento utile per capire le condizioni delle infrastrutture contribuendo quindi alla pianificazione di possibili interventi per migliorarle
I dati aperti sono uno strumento utile per capire le condizioni delle infrastrutture contribuendo quindi alla pianificazione di possibili interventi per migliorarle. Nel contesto delle città, sensori di diverso tipo (per misurare il traffico, per monitorare lo stato del trasporto pubblico locale, per verificare la qualità dell’aria, per indicare lo stato delle strade, per regolare l’illuminazione) possono raccogliere una grande mole di dati che possono poi essere pubblicati in tempo reale come dati aperti per il riutilizzo da parte di tutti per svariati scopi. Per esempio per fare pianificazione urbana, per fare manutenzione, per capire dove investire in maniera mirata e quindi efficace nell’ambito delle infrastrutture di trasporto o ICT, per fare politiche ambientali, per meglio informare la cittadinanza dello stato delle infrastrutture delle città in cui vivono.
Traguardi dell’obiettivo 9
Questo obiettivo prevede che siano raggiunti una serie di traguardi che possono essere riassunti come segue:
- sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti per supportare lo sviluppo economico e il benessere degli individui, garantendo un accesso equo e conveniente a tutti;
- promuovere un’industrializzazione inclusiva e sostenibile aumentando le quote di occupazione nell’industria e il prodotto interno lordo;
- incrementare l’accesso delle piccole imprese industriali e non ai servizi finanziari, compresi i prestiti a prezzi convenienti; incrementare la loro integrazione nell’indotto e nei mercati;
- migliorare entro il 2030 le infrastrutture e riconfigurare in modo sostenibile le industrie, incrementando l’efficienza e adottando tecnologie e processi industriali più puliti e sani per l’ambiente (un tema questo che in Italia fa subito venir in mente diversi fatti di cronaca e di politica industriale degli ultimi anni);
- aumentare la ricerca scientifica, migliorare le capacità tecnologiche del settore industriale in tutti gli stati;
- incoraggiare le innovazioni;
- incrementare considerevolmente, entro il 2030, il numero di impiegati per ogni milione di persone, nel settore della ricerca e dello sviluppo e la spesa per la ricerca, sia pubblica che privata, e per lo sviluppo (cosa questa che nel nostro Paese, lasciatecelo dire, non si è proprio visto più di tanto).
Rispetto a questo obiettivo, ISTAT ci presenta un’analisi dell’andamento per il nostro Paese dove si evidenzia come ancora l’Italia dipenda dal trasporto su gomma per la movimentazione delle merci, che il peso dell’industria manifatturiera sul totale dell’economia in termini di valore aggiunto rimane immutato, che le emissioni di CO2 per unità di valore aggiunto diminuiscono ma crescono quelle derivanti da trasporti aerei e marittimi, che l’intensità della ricerca e dello sviluppo rispetto al PIL rimane bassa lontana dalla media europea, che c’è stato un forte incremento di vendite di prodotti via Web e che, per una volta è bene sottolineare un’inversione di rotta, le imprese localizzate nel Mezzogiorno hanno una maggiore propensione all’uso del commercio elettronico rispetto alle altre imprese residenti nel resto dell’Italia.
Affinché la comunità globale raggiunga l’Obiettivo 9, sono fondamentali l’industrializzazione, il miglioramento delle infrastrutture e la promozione dell’innovazione tecnologica attraverso l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo
Le Nazioni Unite, come sempre, ci mostrano uno scenario che la pandemia COVID19 non ha certo contribuito a migliorare. In particolare si afferma che la pandemia ha limitato il movimento di persone e di merci portando a uno sconvolgimento delle catene globali del valore, delle industrie manifatturiere, soprattutto quelle piccole, e dei trasporti. Inoltre evidenzia due concetti molto importanti: “La mancanza di infrastrutture resilienti, di tecnologie dell’informazione e della comunicazione e di servizi di base limita la capacità di un paese di funzionare e di adattarsi agli shock. Affinché la comunità globale raggiunga l’Obiettivo 9, sono fondamentali l’industrializzazione, il miglioramento delle infrastrutture e la promozione dell’innovazione tecnologica attraverso l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo. Lo sviluppo e la produzione di vaccini contro il COVID-19 in tempo record è un esempio del potere dell’innovazione tecnologica, che ha dato al mondo un motivo di speranza”
Quali possibili dati aperti?
Una lista, come sempre non esaustiva di dati aperti che potrebbero supportare il raggiungimento dei traguardi suddetti è quella riportata di seguito. Ricordiamo sempre che solo la pubblicazione sul Web di dati, tipicamente tabellari, non risolve i problemi, anzi forse ne crea altri se questi dati non sono curati. I dati devono essere costantemente aggiornati e di alta qualità e considerati per successive azioni ad ogni livello per poter veramente avere un impatto rispetto a temi così importanti come quelli dell’Agenda ONU 2030.
Nel contesto di infrastrutture potrebbero aiutare dati aperti relativi a:
- trasporto merci e volumi merci trasportate, numero passeggeri trasportati, trasporto pubblico locale sia statico (orari di mezzi pubblici, fermate, percorsi) ma anche e soprattutto dinamico, aggiornato in tempo reale. Questi dati, in parte già richiamati anche per l’obiettivo 11, potrebbero essere specializzati rispetto al tipo di mezzo di trasporto (bus, ferrovie, aerei, navi) e contribuire al calcolo dell’indicatore di monitoraggio 9.1.2 – Volumi di passeggeri e merci per metodo di trasporto;
- qualità dell’aria ed emissioni nello specifico di CO2 per unità di valore aggiunto. Questi dati, tra l’altro anche già incontrati nel contesto dell’obiettivo 11 prima menzionato, possono essere utilizzati per facilitare il calcolo dell’indicatore 9.4.1 – emissioni di CO2 per unità di valore aggiunto;
- dati sulle imprese, anche provenienti dal registro imprese, e la loro possibilità di accesso al credito. I dati sul registro imprese erano già stati indicati in occasione dell’analisi per l’obiettivo 8, a riprova di quanto ogni obiettivo sia collegato agli altri e che le soluzioni non possono che essere sistemiche. Si ricorda che i dati sulle imprese sono dati di alto valore per la direttiva europea 1024/2019 sui dati aperti e il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, che finalmente il nostro Paese ha recepito con una legge entrata in vigore lo scorso 15 dicembre. Questi possono contribuire al calcolo di diversi indicatori tra cui 9.2.1, 9.2.2, 9.3.1 e 9.3.2 relativi, rispettivamente a “Valore aggiunto dell’industria manifatturiera in percentuale del Pil e pro capite”, “Occupazione dell’industria manifatturiera in proporzione dell’occupazione totale”, “Valore aggiunto delle piccole imprese manifatturiere” e “Piccole imprese con almeno un rapporto creditizio”
- dati su investimenti in ricerca e sviluppo nelle imprese; questo tipo di dati potrebbe contribuire al calcolo dell’indicatore 9.5.1 – “Spese in ricerca e sviluppo in percentuale rispetto al Pil”;
- dati sulla ricerca, con progetti finanziati sia a livello europeo, che a livello nazionale, ricercatori e ogni altra figura del campo della ricerca impiegati nel Paese. Queste tipologie di dati possono facilitare il calcolo degli indicatori 9.5.1 e 9.5.2 sulle spese in ricerca e sviluppo e il numero di ricercatore per abitanti;
- dati sui contenuti della ricerca, intesi proprio nel più ampio termine dell’open science. Pubblicare infatti non solo i metadati relativi alle pubblicazioni ma proprio i contenuti delle varie pubblicazioni contribuisce a condividere conoscenza, ad accelerare il raggiungimento di importanti risultati di ricerca e sviluppo;
- dati sulle infrastrutture digitali per popolazione come i dati sulla banda ultra larga, i dati sul wi-fi pubblico, quelli sullo sviluppo dell’e-commerce e sull’uso di tecnologie cloud. Questi possono essere utilizzati per l’indicatore 9.c.1 – “Percentuale di popolazione coperta da una rete cellulare, per tecnologia”.
Quanto è effettivamente aperto?
Come spesso accade in queste analisi, non sempre l’apertura di questi dati è distribuita in maniera uniforme su scala nazionale (come per esempio sulle emissioni e la qualità dell’aria) e questo previene la possibilità di studiare fenomeni nel loro complesso. I dati sul trasporto pubblico per esempio, mentre sono più diffusamente aperti per quelli di tipo statico, anche a dir il vero per consentire ad applicazioni mobili come Moovit di tracciarli, meno si trova di aperto per quel che riguarda quelli di tipo dinamico, peraltro ulteriore dato di alto valore della normativa europea prima richiamata.
I dati sulla banda ultra larga sono pubblicati da Ministero dello Sviluppo Economico nel sito dedicato alla piano strategico banda ultralarga nella sezione “Documenti e dati”. I dati sulla rete WiFi italia invece sembrano totalmente chiusi, come sono chiusi, ma ce lo siamo già scritti, i dati sulle imprese.
Discorso a parte deve essere fatto per i dati sulla ricerca. In questo contesto non si può non citare l’esperienza OpenAIRE che, grazie anche al nostro ente nazionale delle ricerche CNR, mantiene il grafo della conoscenza della ricerca (OpenAIRE Research Graph) usando tecnologie semantiche per connettere i vari metadati relativi alla ricerca (pubblicazioni, istituzioni, ricercatori, dataset creati, progetti europei H2020, etc.). Il grafo è interamente aperto, interrogabile via API, con dati che tracciano la provenienza delle informazioni collegate nel grafo stesso.
Ora immaginate se, in tutti i settori fin qui analizzati nei vari articoli di questa rubrica, avessimo a disposizione una base di conoscenza vasta come OpenAIRE, con dati tutti collegati, semanticamente arricchiti, interrogabili via API, costantemente aggiornati e accurati, cosa potremmo fare per le politiche di sostenibilità e per il bene della collettività!
Buone feste a tutti!
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