L’istruzione è sviluppo. Facciamola circolare

L'economia circolare è fondamentale per il perseguimento dello sviluppo sostenibile. Cosa può fare un'istruzione equa e inclusiva per tutti, come auspica l'SDG 4 di Agenda 2030, per un nuovo modello ambientale circolare? Quale il ruolo di scuole e università per sostenere scopi e principi dell'end of waste?

Immagine distribuita da Pixabay

Cosa può fare un’istruzione più inclusiva ed equa per tutti, come auspica il quarto obiettivo di sostenibilità per un nuovo modello ambientale circolare? Che cosa possono fare le scuole e le università per sostenere gli scopi e i principi dell’end of waste e della circolarità?

Moltissimo, a giudicare da quanto i giovani si dimostrino naturalmente sensibili ai temi della sostenibilità soprattutto per quel che riguarda i consumi. È la generazione Z – quella dei nati tra il 1995 e il 2010 –  infatti, ad essere disposta a pagare di più per i beni sostenibili. Non stupisce così da qualche anno la diffusione nei programmi ministeriali dell’educazione ambientale.

Sono gli studenti stessi a chiedere una maggiore formazione secondo le dichiarazioni del Ministro Bianchi durante la giornata dedicata alle scuole di Cop26 a Glasgow.

Solo il 53% dei piani di studi nazionali del mondo fanno riferimento al cambiamento climatico e quando l’argomento viene menzionato, gli viene data quasi sempre una priorità molto bassa

Nonostante questo, secondo gli ultimi dati UNESCO provenienti da 100 paesi, solo il 53% dei piani di studi nazionali del mondo fanno riferimento al cambiamento climatico e quando l’argomento viene menzionato, gli viene data quasi sempre una priorità molto bassa. Inoltre, meno del 40% degli insegnanti intervistati da UNESCO e da Education International si sentono sicuri nel trattare l’importanza del cambiamento climatico in classe e solo un terzo si sente in grado di spiegarne gli effetti sulla propria regione o località.

Il report UNESCO non parla affatto, invece, di economia circolare, come materia di approfondimento sui temi della sostenibilità ambientale. Come se il modello di circolare, il cambiamento climatico, la finitezza delle risorse non siano in qualche modo connessi.

Trattandosi di temi in continuo aggiornamento e soprattutto multidisciplinari, non trovano una loro collocazione scolastica, tanto più dal momento che sono sentiti come urgenti più dagli studenti che dagli insegnanti.

L’economia circolare trova spazio solo nei corsi di laurea attinenti alle materie economico-manageriali, ma non tra i banchi delle scuole superiori e gode di visibilità solo nell’alta formazione o nei master, in contesti post universitari. Nelle università gli studi di economia circolare sono legati a “tecniche e materiali” quando presenti nelle facoltà di ingegneria o all’approccio economico vero e proprio, come corollario di formazione ai corsi di studio di economia ambientale. Nonostante i rischi che si corrono a rendere una materia così complessa un po’ più “mainstream”, sarebbe il caso però di integrarla in modo più capillare e interdisciplinare in ogni ambito di studio, considerarla più come metodo e meno come rigida disciplina.

“Relegare” l’economia circolare soltanto agli studi di economia vuol dire sovrapporre il suo nuovo paradigma (che molto spesso sostituisce la produzione con il riuso e il riciclo) al modello di sviluppo capitalistico e lineare che già conosciamo. Un’integrazione strutturata di questa materia all’interno di una più generale educazione alla sostenibilità può integrarla molto meglio nel modo di pensare collettivo come alternativa possibile.

Economia a ciclo chiuso, apprendimento a ciclo continuo

L’educazione all’economia circolare ha a che fare con nuovi stili di vita, un ridisegnare complessivo dei modi con cui ci approcciamo ai consumi, ai movimenti, agli spazi, al bene comune, alla produzione, all’industria, all’economia.

La definizione delle competenze si rende ancora più urgente se si pensa al peso nel mercato del lavoro dell’economia circolare che, proprio in virtù della sua interdisciplinarietà, potrebbe creare fino a 700mila posti di lavoro entro il 2030

Costruire, ma anche certificare le competenze di economia circolare, è la sfida del momento. Queste le parole dell’Europarlamentare Silvia Costa a proposito del nuovo approccio all’istruzione: “Le competenze di economia circolare si trovano infatti a un crocevia tra competenze di cittadinanza e competenze imprenditoriali, nel dotare le persone – indipendentemente dalla loro età – di strumenti per agire in modo rapido per un mondo mutevole, sostenibile e responsabile”. La definizione delle competenze si rende ancora più urgente se si pensa al peso nel mercato del lavoro dell’economia circolare che, proprio in virtù della sua interdisciplinarietà, potrebbe creare fino a 700mila posti di lavoro entro il 2030.

Trattandosi di una disciplina che invade tutti i campi della nostra vita e che cambia insieme a noi, l’istruzione – da quella elementare alla formazione universitaria – diventa una priorità, insieme alla promozione delle cosiddette “5 R” tra i decisori e i legislatori e alla formazione aziendale, in vista della transizione già in atto da tempo all’industria 4.0, proprio come suggerisce il quarto obiettivo di sostenibilità, un apprendimento continuo e costante in tutte le fasi della vita e in diversi contesti.

A suggerirlo anche le linee guida di ACR + (Association of Cities and Regions for sustainable Resource management) che, insieme a Zero Waste Scotland, studia il metodo per poter integrare i modelli circolari nei percorsi di studio.
Un sincretismo possibile ci viene dall’esempio di a2a, fornitore di energia, che ha costruito negli anni diversi progetti con le scuole sul tema della transizione energetica e dell’economia circolare con risultati eccellenti nel 2020: 72 scuole coinvolte, 1.000 partecipanti ai meeting di sensibilizzazione ambientale tra studenti, docenti e personale ATA, 31.000 cittadini che hanno preso parte alle iniziative di un percorso formativo che tiene in considerazione anche l’apprendimento continuo dei dipendenti.

In generale l’advocacy all’interno delle imprese sul tema è fondamentale per il cambio di paradigma che l’economia circolare porta avanti. È lì, dopotutto, che nasce l’innovazione. Non basta una formazione teorica, ma è necessario sviluppare e saper misurare delle capacità coerenti agli scopi del nuovo modello a ciclo chiuso.

Le competenze di un mondo circolare

L’educazione al pensiero circolare non esisteva fino a qualche anno fa, è questo il gap che la allontana dai corsi di studio sulle scienze ambientali, secondo recentissime ricerche. Sono necessari pertanto sforzi speciali per promuovere da zero questo tipo di approccio a tutti i livelli scolastici come formazione permanente, come auspica Ellen MacArthur Foundation.

Attualmente vi sono Master di primo e secondo livello in questa materia in Italia, Finlandia, Spagna, Norvegia e Regno Unito, sempre – come si diceva – afferenti ai corsi di laurea in design, scienze dei materiali, scienze ambientali e marketing, insieme alla formazione permanente delle fondazioni e al programma europeo CYCLE di Erasmus Mundus che ha come scopo quello di “formare gli studenti a contribuire alla crescita economica sostenibile dal punto di vista ambientale grazie alla loro capacità di analizzare problemi complessi relativi allo sviluppo sostenibile, progettare soluzioni (tecnologiche e sociali) per questi problemi complessi e sviluppare strategie di attuazione per tali soluzioni” e che propone anche programmi di “capacity building” (costruzione delle capacità), dedicati all’apprendimento e al miglioramento delle politiche di sviluppo regionali, tramite i diversi strumenti finanziari a disposizione.

La formazione nel campo del “pensiero circolare” è ancora pionieristica ma è importante che siano le università pubbliche a fare il primo passo perché si abbia una sinergia tra istruzione ufficiale, legislatori, ricerca e industria.

La formazione nel campo del “pensiero circolare” è ancora pionieristica ma è importante che siano le università pubbliche a fare il primo passo perché si abbia una sinergia tra istruzione ufficiale, legislatori, ricerca e industria

Ma quali sono le competenze necessarie per un’educazione all’economia circolare? Sebbene non siano ancora state “certificate”, si possono applicare le linee guida della strategia per l’educazione allo sviluppo sostenibile UNECE: in primis il pensiero integrativo e olistico, che riesca a mettere in connessione i cambiamenti e i fenomeni apparentemente lontani, l’impatto che le scelte di oggi possono avere sul domani, ma anche le relazioni di individui e gruppi con l’ambiente che li circonda; poi la capacità di immaginare il cambiamento, cioè un approccio innovativo in grado di modificare lo status quo sostituendolo con altri modi di vivere e di pensare la contemporaneità, forse la competenza più importante quando si parla di economia circolare: sperimentare un futuro alternativo è un elemento imprescindibile, ed è a questo punto che entra in gioco l’innovazione tecnologica e quindi le competenze tecniche sui materiali, le risorse, il design. Per gli educatori all’educazione ambientale e al nuovo mondo possibile a ciclo chiuso, si auspica invece una pedagogia trasformativa che rivoluzioni l’insegnamento da sempre strutturato sull’infinitezza delle risorse e sullo sviluppo lineare.

L’economia circolare, un gioco da ragazzi

Un tentativo di nuova pedagogia è stato fatto attraverso il gaming grazie a EcoCeo, un gioco interattivo sviluppato da diversi enti di ricerca (tra cui il nostro CNR) che porta in classe agli studenti delle scuole secondarie strategie di economia circolare e modelli di business avvicinandoli alle sfide delle materie prime, alla progettazione di prodotti circolari e all’imprenditorialità sostenibile. Il gioco insegna agli studenti a strutturare un’impresa secondo l’economia lineare prima e poi in una seconda fase a fare i conti con l’ottimizzazione di risorse finite e quindi con le strategie di economia circolare. Dopo il gioco, segue una sessione di debriefing dell’insegnante per coinvolgere gli studenti in una discussione di gruppo sull’impatto di strategie aziendali sostenibili, modelli di consumo, scarsità di risorse e gestione dei rifiuti, nonché sulla performance finanziaria delle tecniche messe in atto.

L’accoglienza di EcoCeo da parte degli studenti ha messo in luce diversi dati, descritti in uno studio di Frontiers in sustainability: prima di tutto la presa di coscienza delle differenze tra l’economia lineare e l’economia circolare, ma anche delle questioni effettive con cui si scontrano nella realtà economica le imprese: i costi e le modalità della transizione, i dubbi se si debba mettere in atto una trasformazione dirompente o graduale e se invece le strategie di economia circolare possano coesistere con il tradizionale modello lineare. Un’esperienza educativa che può far parlare gli studenti di nuove tematiche con i loro linguaggi.

Le attività con le scuole, i progetti e i workshop con i bambini sono la mission del Rediscovery Center di Dublino mentre Ecodam ad Amsterdam continua la sua missione di educare i piccoli alle città sostenibili con diversi progetti ma si propone anche come hub di ricerca e condivisione della conoscenza sui temi della circolarità.

L’economia circolare è un processo nuovo, proprio come l’apprendimento. È chiaro che a nuovi modelli di apprendimento corrisponderanno nuovi modelli di vita più rispettosi delle risorse che abbiamo a disposizione. È dalle scuole che si dovrebbe partire per avviare la transizione.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here