La strada per la parità di genere passa dalle competenze digitali: intervista a Tiziana Catarci

Intervista a Tiziana Catarci nostra nuova ospite per la rubrica University 4 Digital Sustainability che ci espone il suo punto di vista per il raggiungimento di una piena consapevolezza della sostenibilità

È un nuovo mondo complesso, quello rivoluzionato dalla trasformazione digitale in atto. Per gestirne al meglio i pro e i contro, e indirizzare il cambiamento in un’ottica di Sostenibilità Digitale, sarà fondamentale diffondere competenze digitali e multidisciplinari: ambiti nei quali le università possono fornire un fondamentale contributo. È il punto di vista di Tiziana Catarci, nostra nuova ospite per la rubrica University 4 Digital Sustainability: laureata in Ingegneria Elettronica, è dal 2000 Professoressa ordinaria di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni e, dal 2018, Direttrice del Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale Antonio Ruberti (DIAG) alla Sapienza Università di Roma. Negli ultimi anni si è interessata a Etica e Intelligenza artificiale, essendo anche tra i soci fondatori di SIpEIA, Società Italiana per l’Etica dell’Intelligenza Artificiale.

Una consapevolezza non omogenea

Sembra esserci ancora molto da fare per il raggiungimento di una piena consapevolezza della sostenibilità, soprattutto verso il riconoscimento della dimensione di complessità che appartiene a questo concetto. Tuttavia, nel contesto universitario, la strada sembra oggi essere tracciata. “Sicuramente la sostenibilità è diffusa quantomeno a livello di conoscenza, perché tipicamente, per sua connotazione professionale, il docente universitario è una persona informata”, ha spiegato Tiziana Catarci. “Credo però che la vera consapevolezza dipenda molto, oltre che dalle sensibilità individuali, come accade per chiunque, anche dai settori nei quali si opera: ci sono infatti individui che, per ambiti disciplinari, oppure per coinvolgimento in attività nelle quali la sostenibilità rientra in maniera importante, sono senz’altro più preparati”.

Conoscenza, dunque, non significa necessariamente consapevolezza, e quest’ultima sembra ancora non essere diffusa in maniera uniforme. E ciò appare evidente in considerazione del fatto che, nella formazione su questi temi, “si guarda ancora principalmente alla componente ambientale. Ma credo che questa sia una condizione abbastanza diffusa anche nell’opinione pubblica: quando si parla di sostenibilità, la prima cosa che viene in mente alle persone è quella ambientale. Nonostante questo, ci sono alcune discipline e ambiti nei quali l’attenzione verso le altre componenti fondamentali di questo concetto si stanno affermando sempre di più: basti pensare ai temi della sostenibilità sociale nel mondo del lavoro, solo per fare un esempio. Insomma, quello della sostenibilità, almeno dal mio punto di vista, è un settore in crescita”.

I pro e i contro del nuovo mondo: l’importanza della consapevolezza digitale

Ma tra le diverse dimensioni che compongono il concetto, secondo Tiziana Catarci, è sicuramente quella della Sostenibilità Digitale a richiedere maggiore chiarezza: per evitare, da un lato, che il tema sia ricondotto a pochi e limitati ambiti – come quello dei consumi energetici – e dall’altro, soprattutto, per maturare una corretta percezione del digitale che, ancora troppo spesso, viene visto come un semplice strumento. “Ci sono delle tematiche che chi fa il nostro mestiere conosce perché le incontra, come ad esempio il consumo energetico dei supercalcolatori, e per questo sono ormai note. Tuttavia, guardando al contesto più generale, credo che oggi manchi ancora una solida consapevolezza digitale. Manca, in altre parole, la capacità di comprendere quanto il digitale sia di impatto nella nostra vita. Spesso si guarda infatti ad esso soltanto come ad una tecnologia, e questo rende difficile capire fino in fondo gli enormi vantaggi che potrebbe generare nella direzione della sostenibilità”.

Ma non soltanto. L’altra faccia della medaglia di questa mancanza di consapevolezza digitale, infatti, è l’incapacità di comprendere, al pari dei benefici, anche i potenziali rischi che questa rivoluzione digitale porta con sé. “Qui non intendo soltanto il problema dei consumi energetici connessi all’utilizzo degli strumenti digitali, che è forse uno dei più evidenti e al quale bisogna guardare con grande attenzione”, ha spiegato Tiziana Catarci, “ma ci sono anche altrettanto importanti rischi di natura più strettamente sociale. Tra questi c’è quello del controllo sul lavoro: gli algoritmi di intelligenza artificiale, le telecamere automatiche, i sensori, rendono potenzialmente possibile un controllo no-stop sui lavoratori, e questo è un grande rischio sociale, perché può senz’altro ledere i diritti dei lavoratori stessi. E poi ci sono i problemi inerenti al raggiungimento della parità di genere, che è ormai chiaro sia peggiorata dall’avvento del digitale. Non perché il digitale sia ‘cattivo’, ma per due principali motivazioni: in primo luogo, perché tra le persone con competenze digitali le donne rappresentano una minoranza. In secondo luogo, per via degli algoritmi. Basti pensare ai numerosi casi di algoritmi che, per la selezione del personale, discriminavano in base al genere. Ma ciò dipende semplicemente dal fatto che l’algoritmo fa quello che ha imparato, e se ciò che ha imparato è che un dato ruolo è ricoperto in larga parte da uomini, è chiaro che continuerà a selezionare perlopiù uomini. Anche questo, dunque, è un grande rischio, perché se vogliamo arrivare ad una uguaglianza di genere è chiaro che la direzione da seguire sia quella opposta”.

Insomma, le componenti da tenere in considerazione in questo contesto in trasformazione sono molte. Ed esserne consapevoli è oggi quantomai fondamentale, per indirizzare il cambiamento in corso in un’ottica di Sostenibilità Digitale. Ma la strada sembra essere ancora lunga, e appare chiaro soprattutto guardando alle nuove generazioni: “molto spesso le ragazze e i ragazzi vivono la tecnologia soltanto come uno strumento, e quindi, pur sapendo utilizzare perfettamente i propri dispositivi, sanno poco o nulla dei meccanismi che l’utilizzo di questi strumenti mettono in gioco. È quindi necessario lavorare con decisione all’aumento della consapevolezza digitale da parte di tutti, perché anche questo è un tema di sostenibilità: occorre arrivare ad avere una popolazione digitalmente consapevole, che viva nel mondo digitale conoscendone tutti i pro e i contro. Per sfruttarne le enormi potenzialità, ma senza sottovalutarne i rischi”.

Dall’alfabetizzazione digitale alla preparazione multidisciplinare

Ed è nel creare le condizioni affinché ogni individuo possa muoversi efficacemente in questo nuovo mondo che le università possono incidere in maniera importante. Seguendo, in funzione di questo obiettivo, due direzioni complementari. “In primo luogo, è fondamentale diffondere un’alfabetizzazione digitale, che crei quella consapevolezza di base necessaria per vivere in un mondo che non è più lo stesso. E che consenta, inoltre, di trarre degli importanti benefici: tornando al tema della parità di genere, bisogna che si comprenda quanto le competenze digitali rappresentino un enorme strumento di empowerment femminile. Se le donne capissero quanto è importante per loro acquisirle, sarebbe già un passo gigantesco verso le pari opportunità.

In secondo luogo, occorre lavorare nell’ottica di una preparazione multidisciplinare, perché se le competenze tecniche sono importanti, devono potersi accompagnare a competenze di natura più umanistica: una consapevolezza etica è in questo senso cruciale, per disporre del senso critico e degli strumenti cognitivi necessari ad un corretto utilizzo dei nuovi strumenti. Questo è un aspetto fondamentale in un mondo che sta ormai diventando completamente digitale.

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