Digital Tax, Carnevale Maffè: “annuncio inopportuno, il digitale va detassato e non tassato”

La Digital Tax annunciata dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, tassa o non tassa che sia, continua a suscitare perplessità, e in molti casi indignazione, tra i tanti esperti che, in queste ore, hanno cercato di approfondire il senso dell’annuncio anche alla luce di successive precisazioni ufficiali.

Quello che appare chiaro è che le parole del Premier, ci spiega Carlo Alberto Carnevale Maffé, economista dell’Università Bocconi, non hanno prodotto, e non producono alcun risultato di rilievo. Anzi, di risultati ne raggiungono almeno tre ma non sono certamente quelli attesi: “le parole del Premier sono state inopportune, imprecise e dannose perchè portano a tre conseguenze gravi: gettito fiscale zero, perchè non è certamente così che si annunciano nuove tasse senza calcoli e senza la possibilità di approfondirne le modalità; l’annuncio non porta nuovi investimenti perchè oggi chiunque era sul punto di investire in digitale sarà legittimato a bloccare qualunque iniziativa in attesa che qualcosa si compia; infine zero assunzioni: è collegato al punto precedente, niente investimenti niente nuovo lavoro.” “Renzi – chiarisce  – è una delle poche personalità politiche che sta facendo uno sforzo di riforma e innovazione ma in questo caso specifico ha detto una cosa inopportuna”.

Non è certamente così che si punta e si favorisce il digitale in uno Stato che deve recuperare tanto terreno su questo fronte, rispetto al resto del mondo e dell’Europa: “Pensare di tassare il digitale oggi è assurdo: per accelerare sull’innovazione del sistema Paese, esso va detassato, semmai andrebbe tassato l’analogico.” 
Ma per parlare seriamente di tasse bisogna sgomberare il campo da argomenti che nulla hanno a che vedere con la politica fiscale di un Paese: “Il problema non è fare più tasse, ma aumentare la produttività italiana. Se il problema del governo è fare giustizia fiscale, non ci siamo intesi, è da leninisti, il problema del governo è fare un disegno fiscale efficiente per aumentare la produttività. Le tasse non sono giustizia sociale, le tasse sono un metodo per rendere efficiente o correggere inefficienze del sistema.”

Non ha senso, pertanto, parlare di giustizia sociale come non ha senso pensare di fare leggi specifiche, per di più punitive, per talune imprese, i famigerati colossi della rete: “Fare questo è incostituzionale. Tutte le aziende certamente devono pagare le tasse, e i vari Google e  Facebook le pagano dove hanno sedi ufficiali. Pensare di dover obbligare tutte le imprese ad aprire una sede in Italia per assolvere a impegni fiscali, sarebbe decretare la fine della Comunità Europea che si basa su due principi fondamentali: la libertà di scelta della sede di impresa e nessuna barriera import ed export. E’ questo che fa di noi il cosiddetto mercato unico da cinquant’anni.”

E poi c’è l’Ocse: come è noto è l’ente deputato ufficialmente a trovare una soluzione interdisciplinare e comune a tutti sul tema fiscale e rilascerà le sue linee Guida al più tardi in ottobre. La mossa di Renzi, che Guido Scorza ieri ci inquadrava in uno scenario di presunta leadership politica proprio in vista delle linee guida, per Carnevale Maffè è da considerare attentamente: “Non ci può essere nessuna soluzione che non sia comune perchè il problema delle tasse è un tema internazionale. Ogni azione unilaterale sarebbe un affronto e andrebbe a danneggiare le fondamento del commercio internazionale.” 

Infine una riflessione sulla proposta Quintarelli, tirata subito in ballo dopo le dichiarazioni del Premier: “Né digital né tax. E’ una minaccia fiscale a chi non si stabilisce in Italia e si applica a tutte le imprese, anche a quelle della moda. Almeno p è razionale, ha una logica comprensibile, anche se personalmente ne dissento.” 

Tassa o non tassa, minaccia o meno, resta da capire come, ma soprattutto se, l’annuncio si concretizzerà in un qualcosa di più di un annuncio.

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