Broadband for all

Il diritto all’accesso ai servizi a banda larga è una priorità ormai ampiamente metabolizzata a tutti i livelli istituzionali.

La rilevanza dell’argomento si è ulteriormente consolidata negli ultimi mesi attraverso il “confronto creativo” tra i Parlamenti nazionali e i Governi, con due esempi degni di nota. Da un lato, il testo unificato sull’Agenda Digitale italiana presentato in Commissione Trasporti, in attesa della proposta del Governo italiano. Dall’altro, il dibattito nel Regno Unito attorno al piano nazionale per garantire la diffusione dei servizi a banda ultra larga (“superfast”) su tutto il territorio nazionale (House of Lords. Broadband for all – an alternative vision).

Veniamo al dibattito inglese, tralasciando l’originalità della rappresentazione delle architetture di rete fissa (oggetti in posizioni invertite rispetto all’iconografia continentale …).

L’ambizione. L’obiettivo strategico definito dalla Commissione parlamentare è di garantire che ogni “community” del Regno Unito sia raggiunta da una rete ad altissima velocità in fibra ottica. L’hub in fibra ottica verrà poi messo a disposizione degli operatori per garantire sia l’accesso ad alta velocità di rete fissa che come backhaul delle reti mobili. In particolare, la sfida è il raggiungimento dell’”ultimo terzo” del Paese, che rischia di non essere mai raggiunto dalle infrastrutture di nuova generazione.

La trappola della velocità. All’interno dei tre principi guida per le politiche britanniche per la banda larga, l’aspetto meno scontato (rispetto all’eliminazione del digital divide e all’affidabilità della rete) è il richiamo alla “trappola della velocità”, cioè al problema della definizione delle soglie prestazionali target. Citando Vint Cerf, si ricorda come “broadband è la velocità che non avete ancora” e la necessità di definire un continuum per indirizzare gli interventi. Il quesito amletico, e non risolto, rimane la quantità di banda realmente “necessaria” per consentire lo sviluppo virtuoso dei servizi. Secondo il rapporto occorre superare il problema indirizzando appunto le risorse verso la realizzazione di una rete neutrale che raggiunga i vari hub locali, lasciando poi al mercato la definizione delle soluzioni più idonee, mentre si rimprovera all’orientamento attuale del Governo di promuovere sostanzialmente la soluzione prescelta da Open Reach (BT) e quindi l’FTTC (fibra fino agli armadi stradali).

Visione alternativa. In sintesi, si propone il superamento di un approccio “per obiettivo prestazionale”e la focalizzazione sulla realizzazione di un’infrastruttura strategica di lungo periodo, che si spinga il più vicino possibile ai clienti finali e sia aperta in ogni sua componente (nel Regno Unito, il livello di apertura non è tuttora completo…). Come conseguenza, si chiede al Governo di valutare l’impegno economico necessario e la fattibilità concreta di tale approccio.

Lezioni inglesi. Ironia della sorte, l’approccio proposto è, ceteris paribus, quello che ha guidato la costituzione in Italia della società di scopo Infratel, ancora oggi focalizzata sulla chiusura del digital divide di base, ma con ipotesi di ulteriore espansione del proprio campo di azione verso le reti di nuova generazione, a cominciare dal nuovo Piano per il Sud. I nodi al pettine rimangono quelli noti: da un lato l’ingente fabbisogno di risorse, che per effetto delle economie di densità è maggiore per l’Italia, dall’altro, le condizioni per stimolare gli operatori a infrastrutturare “gli ultimi metri”, anche nelle aree più remote.

A volte siamo i primi a cominciare.

 

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