#scorpororete: E’ l’ora della separazione

Mentre all’estero scompaiono marchi prestigiosi come France Télécom, che fa spazio al più internazionale “Orange”, anche in Italia le trasformazioni nel mondo delle comunicazioni elettroniche proseguono veloci. Dopo estenuanti analisi, trattative e  confronti, sembra realmente giunta l’ora di sperimentare in Italia un modello originale per riorganizzare il settore delle telecomunicazioni e cercare di conciliare innovazione e concorrenza.
Il CdA di Telecom Italia ha dato ieri il via libera al processo di separazione della rete fissa in una società autonoma, che vedrà la possibile partecipazione di soggetti terzi, a cominciare dalla Cassa Depositi e Prestiti.

retiOccorre innanzitutto premettere che il processo è innescato, ma non è necessariamente senza ritorno. In particolare, l’aspettativa di Telecom Italia è che questa decisione crei un contesto più favorevole per allentare gli attuali vincoli regolamentari e qualora questo non dovesse accadere la decisione potrebbe essere rimessa in discussione.

Si intrecciano poi i piani industriali, finanziari e, visto l’interesse strategico della rete, anche quello politico, in particolare nella prospettiva della realizzazione della rete a banda ultra larga, infrastruttura strategica per il millennio.

Il punto di vista industriale. Il modello è sicuramente originale e si pone a metà strada tra la separazione funzionale adottata nel Regno Unito e il ritorno del controllo pubblico della rete del caso australiano. Cade definitivamente il tabù del controllo diretto di tutti gli elementi della catena tecnologica. Inoltre, la separazione della rete segue altre operazioni di “rightsizing”, che possono creare delle possibili tensioni sul fronte occupazionale, ma sembrano orientate verso un’azienda sempre più snella e orientata al mercato. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i benefici sono, appunto, da ricercare più sul piano industriale che su quello finanziario. La componente finanziaria può essere significativa, ma è subordinata a quella che sarà l’evoluzione del modello.

Gli operatori alternativi. Da un lato, la richiesta è che non vengano allentati i vincoli regolamentari attuali, mentre, dall’altro, la volontà sarebbe di poter conferire i propri asset, nel quadro di un soggetto realmente neutrale e indipendente. Il fronte non è però sicuramente coeso.  In realtà, la loro preoccupazione maggiore dovrebbe essere quella di ottenere delle sufficienti garanzie sulla governance separata e indipendente, strada che è stata seguita con apparente successo nel Regno Unito. In altri termini, in nodo è quello della concreta “equivalence of input”, la pietra miliare della concorrenza.

I fornitori. Dal loro punto di vista si aprono nuove opportunità sul fronte della gestione delle attività esternalizzate, ma la vera discontinuità è subordinata all’effetto che l’operazione avrà sull’eventuale apertura di un nuovo e duraturo ciclo di investimenti.

La finanza. L’interesse da parte degli investitori è fortemente condizionato all’assetto regolamentare, agli investimenti da realizzare e, conseguentemente, alla redditività attesa. D’altro canto, è nota l’intenzione di alcuni degli attuali azionisti di disimpegnarsi da Telecom Italia, fatto che crea una condizione favorevole per un riassetto del capitale della società. Cassa Depositi e Prestiti (e le sue partecipate) può accettare un ritorno degli investimenti di più lungo periodo, ma rimane un soggetto finanziario, con risorse verosimilmente non sufficienti ad acquisire il controllo. Inoltre, Telecom Italia rimane  molto restia ai modelli “condominiali” e va ricordato come, fino a prova contraria, l’orientamento sia quello di mantenere un saldo controllo della società.

Le istituzioni. La politica ondeggia e non sembra in grado di dare un indirizzo chiaro, mentre l’AGCOM sarà chiamata a ripetere le Analisi dei Mercati Rilevanti per valutare l’impatto dell’operazione sul contesto concorrenziale, giocando quindi  un ruolo chiave nell’esito finale.

I consumatori. Le associazioni dei consumatori temono una nuova monopolizzazione, con possibili effetti negativi sui prezzi. Ancora una volta, sarebbe più opportuno chiedersi quali saranno gli effetti di medio e lungo periodo sullo sviluppo dell’innovazione e la sua capillarità. In altri termini, meglio un uovo oggi o una gallina domani?

Il dopo. Infine, l’avvio dell’operazione di scorporo rende più agevole prendere in considerazione ulteriori operazioni, a cominciare dalle proposte avanzate da H3G.

La partita è aperta. I giochi sono ancora da fare.

 

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