Anche i ricchi piangono

Nell’immaginario collettivo gli operatori di telecomunicazioni fanno sicuramente parte di una categoria di privilegiati, che spendono e spandono in pubblicità più o meno gradevoli, ma sicuramente invasive, e guadagnano un sacco di denaro. Per il vero, dando un’occhiata ai bilanci si notano effettivamente dei valori interessanti a livello di margini operativi, mentre qualche problema in più appare dal punto di vista degli ammortamenti legati agli investimenti e della situazione finanziaria.

Può quindi stupire vedere comparire una campagna capeggiata dall’ETNO (che riunisce gli storici operatori di telecomunicazioni, quelli che vengono dalle situazioni di monopolio per intenderci.) e finalizzata alla definizione di un “nuovo ecosistema per Internet” nell’ambito della revisione dei trattati internazionali sulle telecomunicazioni (ITRs). Cosa vorranno combinare gli ex monopolisti?

Un mondo in trasformazione. Intanto, il position paper presentato da ETNO fornisce un’utile sintesi del definitivo cambiamento dell’ecosistema delle telecomunicazioni. L’affermazione del paradigma all-IP e la moltiplicazione delle applicazioni veicolate dalle reti mettono definitivamente in crisi un modello di business basato sulla realizzazione di grandi investimenti infrastrutturali “Paese” e remunerato dal traffico voce. Internet rivoluziona l’intero ecosistema, in termini di servizi (dati e oltre), di modelli di consumo (multidevice), di attori (gli Over the Top, OTT), di formule tariffare (Internet flat), di accordi tra operatori (di transito e peering). Fino a quando gli scambi tra i diversi attori sono bilanciati non è ovviamente necessario misurare e fatturare i singoli flussi, ma il  paper ci ricorda come oggi 10-15 attori (i famosi OTT, content provider e carrier) generano il 70% del traffico mondiale e circa la metà del traffico attuale è fatto di contenuti video. Allo stesso tempo, i ricavi emergenti (a cominciare dalla pubblicità) vanno essenzialmente ai nuovi attori dell’ecosistema e sempre meno agli operatori che hanno realizzato e gestiscono le reti che consentono di consegnare i dati agli utenti finali.

Un nuovo business model per Internet. Da quanto detto sopra, ne consegue la richiesta di modificare le regole del gioco. Al di là degli aspetti tecnici (la distinzione tra best effort e quality based services, l’applicazione del principio del sending party networks pays e così via), la sostanza è un tentativo di reintrodurre un modello di tariffazione e di redistribuzione del valore più simile a quello originario (“pago in funzione di quanto/cosa/dove viene trasportato”, ma soprattutto il “cosa”). In altri termini, la definizione di accordi commerciali deve essere legata alla natura dei servizi che vengono consegnati (la Quality of Service Delivery).

La levata di scudi. Per i fautori della rete e della “Libertà” su Internet (vedi ad esempio la Internet Society) queste richieste suonano naturalmente come un anatema. Il successo dirompente di Internet, la moltiplicazione di servizi e delle opportunità digitali sono appunto basati sulla continua e libera evoluzione dei  modelli di business: da questa regola aurea non si può prescindere. Inoltre, come richiamato anche nel paper, nulla vieta di negoziare tra le privati le condizioni economiche per promuovere diversi livelli di servizio, cosa che del resto i grandi attori stanno già facendo.

Torto e Ragione. Cosa cercano quindi di ottenere gli operatori di telecomunicazioni storici? Innanzitutto, l’aumento del potere negoziale nei confronti della controparte commerciale, senza dimenticare l’interazione nazionale con le autorità di settore. In secondo luogo, maggiori gradi di libertà nell’abilitazione di specifici servizi (i servizi VoIP gratuiti sono naturalmente al centro dell’attenzione, ma c’è tutto il tema della neutralità della rete). Infine, un quadro più uniforme a livello internazionale, per evitare eventuali “derive” nazionali. In altri termini, si tratta di interventi che mirano a creare le condizioni per lo sviluppo dei ricavi sui due versanti: quello del mercato all’ingrosso (altri attori), da un lato, e quello del mercato al dettaglio (gli utenti finali) dall’altro. Questo nuovo assetto condizionerà, infine, in modo significativo la direzione dei nuovi investimenti infrastrutturali degli operatori, visto che sono definitivamente tramontati i tempi degli “investimenti per il bene del Paese”.

Chi si dovrà quindi occupare di realizzare le reti di comunicazioni del futuro?

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