Uno spettro si aggira per l’Italia. E’ quello costituito dal futuro degli YEJ che non è un altro modo di indicare lo Yeti imalaiano ma l’acronimo dei Giovani, Istruiti e Senza Lavoro (Young, Educated, Jobless) che costituiscono ormai una categoria in crescita in Europa e in esplosione in Italia.
Il loro presente è fatto di lavoro precario a condizioni economiche al disotto delle necessità di vita e di costruzione di una famiglia o anche solo di pagare un affitto o di sottoscrivere un mutuo. Vale anche per i laureati in materie tecniche, smettiamola di raccontare la favola che gli ingegneri trovano lavoro più facilmente: non è vero! Se accade è alle stesse condizioni degli altri. Smettiamola di dire che non accettano lavori: i camerieri dei ristoranti sono sempre più laureati brillanti delle nostre università. Smettiamola di dire che la scuola italiana non prepara: quando vanno all’estero sono i più apprezzati. E non disprezzano affatto di cambiare città o paese se c’è da trovare lavoro.
Lo spettacolo spesso amorale e privo di valori della politica e l’arroganza di quel grumo di potere politico-burocratico-giudiziario che concorre a deprimere le prospettive di sviluppo italiano rende oscuro il loro futuro. Non oso pensare al welfare e alle condizioni economiche di retired che politica e una spesa pubblica improduttiva, nella migliore delle ipotesi, li condanna.
Tutto ciò avviene in un paese in cui la ricchezza privata procapite, maggiore che in Germania, è impegnata nella rendita immobiliare e finanziaria piuttosto che verso il rischio di impresa. Rischio reso impervio dalle condizioni in cui le imprese sono costrette a vivere in termini di costo del lavoro che raddoppia il costo delle buste paga e di tagliole della burocrazia di ogni livello che affatica la gestione delle imprese e delle professioni.
Tutto ciò avviene in un paese in cui il taglio netto dei costi della politica e una intelligente riduzione e rimodulazione della pubblica amministrazione darebbero ulteriore risorse per un impegno smart e light dello Stato verso le nuove diseguaglianze e i nuovi disagi sociali; e per un impegno forte per il
finanziamento della scuola e dell’innovazione tecnologica.
Indigen(t)i Digitali, nell’800 e nei primi del 900 si dovevano spezzare le catene di un lavoro faticoso e umiliato, nel vostro secolo la rete è lo strumento da usare. Voi sapete farlo, usatelo.
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