Se 26 cittadini fanno una lobby

Cominciamo dall’inizio. Cos’è la lobby 2.0? Semplice: la trasformazione digitale dei rapporti tra cittadini, imprese e istituzioni.

Al che si potrebbe obiettare che sarebbe forse più giusto chiamarla democrazia digitale. Solo che così suona pretenziosa. E poi non è per niente vero. Oggi discutiamo se i nostri siano davvero sistemi democratici, con tutti i loro problemi e le loro zavorre. Figuriamoci la democrazia digitale, soprattutto in un Paese come il nostro dove una buona parte della popolazione continua a non avere accesso a internet. Oppure, quando ce l’ha e lo usa, non trova interlocutori pronto ad assecondarlo. Sono poche centinaia i comuni attrezzati ai servizi online.

democrazia digitalePotremmo allora chiamarla lobby digitale. Ma sarebbe riduttivo. Perché la lobby, intesa come dibattito e pressione tra privati e pubblico non è soltanto digitale. Anzi, se c’è un mondo in cui la stretta di mano e il bigliettino da visita la fanno ancora da padrone quello è proprio il mondo dei lobbisti.

Vada allora per lobby 2.0. Dove il “2.0” indica l’evoluzione, il progresso tecnologico, ma anche le sue tante contraddizioni. Che, anzi, sono proprio la parte più interessante. Ci aiutano a raccontare in chiave diversa un mondo complesso, che si trasforma pur restando ancorato alle tradizioni. E le storie, per fortuna di chi scrive, non mancano mai.

Ecco, appunto, le storie. Una delle caratteristiche della lobby 2.0 è che, trovandosi il lobbista dietro uno schermo di computer, non lo inquadri mai veramente. A maggior ragione se il lobbista è un comune cittadino che difende i propri interessi. Quelli dell’1.0 almeno li trovavi in piazza a manifestare. Così era facile capire se erano tanti o pochi, pacifici o no. Al massimo ti divertivi a leggere i dati diffusi dalla questura e quelli degli organizzatori. Ci fosse stata una volta che coincidevano.

Quando però la pressione la eserciti dal web la quantificazione diventa difficile. Per dirne una: il 23 aprile il governo ha aperto una consultazione pubblica online sulla nuova disciplina dell’impatto della regolazione. La trovate spesso citata con l’acronimo AIR e serve per conoscere le conseguenze pratiche delle norme.

La consultazione si è conclusa un mese dopo, a fine maggio. Sono arrivati commenti da tutta Italia. La maggior parte dal Lazio (35%), ma anche da Toscana, Campania, Piemonte e Lombardia. 28% dei partecipanti è dipendente pubblico (il che probabilmente spiega la prevalenza dei commenti del Lazio). Il 19% è libero professionista. Più della metà dei partecipanti – il 60% per la precisione – ha giudicato “fondamentale”, o “molto utile”, la modalità di partecipazione.

Insomma, tutti contenti. Sì, ma tutti chi? Leggi il resoconto della consultazione e scopri che sono stati in 26. Non 2600 o 260, ma 26. In pratica meno di un commento al giorno. Una miseria.

Già, purtroppo questi sono i pro e i contro della lobby 2.0. Il numero non fa necessariamente la forza. E forse è un bene. La forza la fanno quelli che gli esperti della materia chiamano “gli attivi”. Persone che al potere dei numeri (che evidentemente manca) sostituiscono quello dell’iperattività. E la spuntano. Questo invece non sempre è un bene. Rassegnatevi. La prossima disciplina dell’AIR sarà costruita anche grazie al supporto dei cittadini-lobbisti. 26 opinioni, che valgono quanto i circa 59,999,974 italiani che non hanno fatto click.

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