Privacy, Censis otto italiani su dieci temono truffe o violazioni

Una ricerca del Censis “Il valore della privacy nell’epoca della personalizzazione dei media” ha messo in luce che più di 8 italiani su 10 sono convinti che sulla rete sia meglio non lasciare tracce (l’83,6%) mentre la quasi totalità degli italiani (il 96,2%) considera inviolabile il diritto alla riservatezza dei propri dati personali.

La ricerca evidenzia che oggi siamo nell’ “era biomediatica” in cui si è diffusa la pratica della condivisione delle biografie personali attraverso i social network. Oramai vivere in rete è diventato necessario ma l’82,4% degli italiani pensa che fornire i propri dati personali sul web sia pericoloso perché espone al rischio di truffe, mentre l’83,3% teme che molti siti web estorcano i dati personali all’insaputa degli utenti, inoltre il 76,8% pensa che usare la carta di credito per effettuare acquisti online sia rischioso.

Tra gli utenti di Internet, il 93% teme che la propria privacy possa essere violata online e il 32% lamenta di avere effettivamente subito danni, ma nella maggior parte dei casi si tratta della ricezione di materiale pubblicitario indesiderato. “La minaccia cibernetica oggi è la minaccia principale che arriva dalla Rete“. Rimarca Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali

L’88,4% degli italiani è consapevole che i grandi operatori del web, come Google e Facebook, possiedono gigantesche banche dati sugli utenti. La maggioranza pensa che i dati personali siano un patrimonio che può essere sfruttato a scopi commerciali (72,3%) o politici (60,5%). Il 60,7% ritiene quindi che il possesso di un gran numero di dati rappresenti un enorme valore economico. E il 51,6% è convinto che in futuro il potere sarà nelle mani di chi deterrà il maggior numero di dati personali.

La legislazione vigente in materia di privacy è ritenuta soddisfacente soltanto dal 7,5% degli italiani connessi in rete, mentre è pari al 54% la quota di chi giudica necessaria una normativa più severa. Ma il 24,5% è scettico, perché pensa che oggi sia sempre più difficile garantire la privacy. “Come successo per la difesa dell’ambiente, occorre far crescere una cultura della difesa dei dati personali contro la minaccia cibernetica – ha commentato Soro –. La bulimia di trasparenza, che per certi aspetti è considerata un elemento virtuoso, è d’altra parte un processo da cui occorre rientrare. Occorre un concorso dei singoli individui e delle istituzioni e non sarà facile trovare le tecniche più adatte“.

Il processo di digitalizzazione è più lento di quanto si pensi – ha aggiunto Giuseppe De Rita, presidente del Censis -. Ci sono sacche di resistenza, perché la società ha bisogno di tempo per assestarsi, di riflettere e metabolizzare. Si rifiuta il Grande Fratello per paura di una dimensione non controllabile. Il futuro sarà nel controllo dei sottoinsiemi, non dei singoli individui. Siamo di fronte a un processo regolabile non con la legge generale, ma con la regolamentazione dei livelli intermedi“.

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