Nella seconda metà del secolo scorso correva sui circuiti di tutte le categorie dell’automobilismo un pilota italiano naturalizzato USA: Mario Andretti. In quel periodo la tecnologia non permetteva, anche nel caso degli avanzatissimi modelli della Formula 1, di avere alcun aiuto al volante delle autovetture e Mario stesso sembra abbia detto che “Se tutto è sotto controllo allora vuol dire che stai andando troppo piano”.
L’inversione di tendenza è iniziata negli anni 70, quando i motori iniziarono ad avere i primi componenti elettronici per il controllo dell’iniezione di carburante. Da quel momento la complessità e il numero dei computer presenti a bordo hanno moltiplicato il volume delle informazioni che ad ogni istante vengono inviate alla centralina per ottimizzare prestazioni e migliorare la sicurezza delle persone trasportate, ampliando la possibilità di avere il controllo di buona parte degli eventi a bordo di una auto. Le automobili di serie producono quantità di dati difficilmente immaginabili (controllo della pressione degli pneumatici, clima, prossimità con ostacoli, posizione GPS), addirittura fino a 250Gbyte/ora, ma ancora nulla se confrontate con la produzione della Google Car, il prototipo di auto senza guidatore: 1 Gbyte/secondo… La maggior parte di queste informazioni provenienti da sensori di tutti i tipi vengono utilizzate per controlli in real time e non immagazzinate, in quanto per il momento non si intravede in esse alcun valore se non di monitoraggio. Ma è abbastanza evidente come pochi Mbyte di informazioni utili per ogni singola auto possano generare, considerando tutto il parco macchine disponibile, una incredibile fonte di informazioni per vari settori dell’industria automotive, dal marketing al post vendita. Vediamo come.
Una delle applicazioni di maggior rilevanza, perchè coinvolge buona parte della struttura aziendale, è la possibilità di utilizzare logiche avanzate di BI per arrivare alla cosiddetta predictive maintenance. Riduzione dei costi di esercizio e di servizi in garanzia, riduzione di periodi di guasto, incremento della qualità percepita dai clienti e ancora altri aspetti sono il frutto dell’intreccio tra modelli matematici spinti all’individuazione di modelli di comportamento e tutte le informazioni prodotte dall’automobile durante il suo funzionamento. Il cuore della questione è la possibilità di trovare una correlazione tra un evento dannoso per l’auto (rottura o perdità di funzionalità di un componente) e l’insieme degli eventi, registrati dai sensori, che si erano verificati in concomitanza: in altre parole individuare tra milioni di potenziali cause quella che effettivamente ha scatenato il problema. La conoscenza di questa concatenazione causa-effetto permette di gestire con anticipo il fenomeno eliminando, con operazioni di manutenzione mirata, il problema alla base. Le più importanti marche automobilistiche (come Volvo e BMW ad esempio) adottano da tempo sistemi di rilevazione di questo tipo per l’analisi di eventuali fragilità dei componenti meccanici, incrociando le statistiche di funzionamento con le condizioni e le località di esercizio.
Dall’utilizzo dei dati generati dai vari componenti di una autovettura (velocità, durata media dei percorsi, posizione, ecc) possono invece derivare suggerimenti per la vendita di parti o accessori, piuttosto che la fornitura di servizi orientati a migliorare customer experience e la sicurezza. Toyota ha sta sviluppando in Giappone un sistema per la rilevazione del traffico: forte della sua quota di mercato locale di circa il 40% sta dotando i suoi veicoli di sensori (T-probe) che collegati al sistema possono segnalare informazioni varie come le condizioni del manto stradale (sfruttando l’utilizzo dell’ABS abbinato ad determinate coordinate GPS) piuttosto che la eventuale presenza di un ostacolo nella carreggiata (misurando ripetute variazioni di direzione non naturali nella stessa zona).
Gli investimenti nel settore evidentemente stanno dando i proprio frutti, nonostante il periodo non proprio florido, visto che da qui al 2015 si prevede che questa industria sia la seconda a livello modiale per quantità di dati generati.
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