Consultazione sulle riforme. Un bel “ni”

Sono finalmente disponibili i dati sulla prima grande consultazione del Governo Letta. Obiettivo centrato? Ni.

Sui dati nulla da dire. Il lavoro di squadra – già rodata, proveniva dall’entourage del Ministro Profumo – una comunicazione discreta (ma efficace) e i numeri hanno contribuito a centrare l’obiettivo. Era una scommessa difficile da vincere. L’Istat ha validato 203mila questionari. Gli italiani hanno speso 4 milioni di minuti a partecipare online. Per la maggioranza uomini (66%), di tutte le fasce d’età, mediamente ben istruiti (32% laureato, 12% con un dottorato o master in tasca) e fiscalmente attivi (soprattutto impiegati, con il 21%, funzionari pubblici con il 14% e pensionati 15%).

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La rappresentatività, insomma, è sufficientemente estesa. Possiamo dire che il tallone di Achille delle consultazioni online è stato superato. Non c’è stata sotto-rappresentazione dell’italiano medio, ma nemmeno sovra-rappresentazione di alcune categorie. Qualcuno manca all’appello (studenti e pensionati a parte, possibile che nessuno dei partecipanti fosse disoccupato? Dai numeri diffusi il dato non si evince).

Veniamo ai punti dolenti. Il primo riguarda il livello di specializzazione delle risposte. Era plausibile che la maggior parte avrebbe risposto al questionario generico, senza inoltrarsi in quello più specifico. In effetti però il secondo questionario era quello più interessante, perché toccava i punti focali delle riforme istituzionali. Lo hanno compilato validamente in poco più di 71mila. Non sono pochi in assoluto. Lo sono rispetto ai 131mila e rotti che hanno risposto al primo questionario. C’è poi la qualità delle risposte date. A fronte di alcune posizioni piuttosto nette – una su tutte: quasi 9 italiani su 10 vorrebbero superare il bicameralismo paritario – molte altre segnano maggioranze variabili. E più i temi si fanno complessi maggiore è la frammentazione dei partecipanti. On the plus side, direbbero gli americani, è un segnale di dibattito acceso. On the minus side, tuttavia, è segno che non c’è una visione coerente. Il che conferma la difficoltà nell’affrontare riforme importanti per la struttura dello Stato. Terzo, e ultimo, punto dolente riguarda gli esiti della partecipazione. C’è ancora l’impressione che tutta l’operazione si riduca a un bel maquillage. Bello, ma inutile. È un’impressione che deriva da tanti fattori. Primo: lo scenario politico quanto mai variabile. Secondo: l’indice di gradimento per il governo in caduta libera. Terzo: l’assenza di una tradizione consolidata che possa far pensare che, tutto sommato, il processo andrà in porto. Quarto: il dubbio che ci si dimentichi della consultazione e che la politica segua una strada tutta sua.

Dubbi e critiche legittime, che è bene porsi per evitare che si disperda il valore dell’esperienza. Valore che non si può mettere in discussione. E che, anzi, rappresenta – ameno per ora – il vero grande risultato di questa consultazione. Ci vorrebbe il secondo: la riforma vera e propria. Quella però con il questionario online non la ottieni mica.

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