Diet-Social-Care: cibi social da evitare per riprendere la linea [col tuo network]

Inverno. Pioggia battente fuori. Freddo: ché anche se da secoli, ci dicono, non faceva tanto caldo a gennaio noi mica ce ne accorgiamo. Vediamo solo, dalla finestra, farsi buio alle 5. Se mai si può dire che sia uscito il sole.
Inverno pieno. «Sveglia!», ci grida però da dentro una voce. Ripigliati dal torpore: febbraio è alle porte, la primavera arriva d’un soffio. D’un tratto il sole: e quei jeans dell’estate da rindossare che, però, devon essersi ristretti in lavatrice. Proprio non ne vogliono sapere di rientrare. «Sveglia»! «Sarà mica che devo mettermi a dieta?!?». Eh sì. Mica le hai ancora smaltite le calorie dei capponi e panettoni natalizi; e nemmeno quelle di colombe e cioccolata della Pasqua prossima ventura.

dieta«Tutti in riga»! Tutti a dieta. Pronti alla prova costume: anche social. Sì, perché tra uno spumante e un tortellino la linea l’hai persa forse anche coi tuoi contatti: gli “amici” del network che hai certo ripreso a «gestire», smaltendo tutto il lavoro arretrato, ma di cui forse non stai «gestendo il problema». Quello dev’esser l’oggetto della tua «gestione»: non la «persona» che, pur nella foga dell’improrogabile multitasking, della contemporanea ripresa di plurime attività, va trattata come amico, non come un oggetto.
Tiriamo la cinghia allora, per una volta volutamente: recuperiamo la forma, “riprendiamo la linea” caduta, momentaneamente interrotta col nostro network. La fatica iniziale di digitare di nuovo il numero dell’interlocutore sarà ripagata dalla ritrovata leggerezza dei movimenti – anche in campo social, nel nostro Social Care.

Cosa eliminare allora dalla nostra “alimentazione online”? Quali i “cibi social” da evitare – o da usare senza abusarne, gustandoli e non divorandoli, per trasformarli in energie positive?

  1. Il tool. Chiamalo “piattaforma”, “software”, “strumento per il Social CRM”, è quell’aggeggio che un giorno le aziende si decidono a comprare quando [e se] prendono atto che dall’assistenza via Social non possono più astenersi. E allora spendono anche, pur di aggiudicarsi il [presunto] miglior prodotto sul mercato. Ma a dover far brillare il gioiellino sono le risorse: spesso selezionate avventurosamente, non sempre riplasmate da una formazione ad hoc. Sia chiaro, nulla contro i tool. Ci sono dashboard che non mollerei per nessun oro. Potenzialità e limiti vanno però conosciuti alla perfezione. Se no si rischia di non rispondere con la dovuta consapevolezza a messaggi social, che verranno pure notificati in real time [o quasi], ma finiscono per scorrerti davanti in un rullo solipsistico: “brandelli” di conversazioni distaccati dal loro cuore online, da riordinare invece come le tessere di un puzzle prezioso. Vai sui social allora, direttamente e internamente. Interagisci nelle discussioni da dentro. Tagga gli utenti quando rispondi – che magari li chiami anche per nome come ti hanno insegnato, ma il tool spesso non notifica all’utente la sua “chiamata in causa”. Va su Twitter con le mentions, usa con consapevolezza il Reply to all prendendo conoscenza del dibattito con un semplice clic su View Conversation. Va su Google+ scrivendo “+ Nome Cognome”. Va su Facebook con replies a commenti e post – senza disattivarle, come i tools t’inducono a fare non essendo preimpostati per thread interni. Tagga rendendo cliccabile il nome: solo quello, senza cognome. Vivi il dialogo, non «gestirlo»: ascolta, poi rispondi.
  2. replyIl risponditore automatico. «Reply», dicevamo. Sì, ma senza frenesia. Senza l’ansia, che inibisce l’ascolto, di dover battere in Response Time il competitor. Quella ti spinge a programmare, magari grazie al famoso «tool», messaggi automatici di replica a post e tweet che l’intelligenza artificiale del sistema recepisce come “richieste di assistenza” traducendone algoritmicamente i contenuti via parole chiave: messaggi solo in apparenza personalizzati e spontanei, preimpostati in versioni tutte ugualmente cieche. La fresca immagine di una prodiga prontezza, vincente anche nei numeri con l’abbattimento dei tempi di risposta – che sono medi, considerano anche la notte, quando le cosiddette “prese in carico” partono come di giorno – si sgonfia però come un soufflé laddove si sorprendano le mani nella marmellata.
    Replies a raffica alle 3 del mattino posson infatti insospettire anche il più candido osservatore: e il presunto stacanovismo di quel “povero” Community Manager – oggetto di compassionevole pietà più che di ammirazione, per un tanto instancabile adoperarsi verso il cliente – finisce per apparire davvero “troppo” singolare. Senza contare l’assurdità di repliche squillanti come «Ciao, mandaci in privato i tuoi dati, ti assisteremo!» o «Abbiamo preso in carico la tua segnalazione, una nostra operatrice ti contatterà al più presto!» a post che incitano a firmare petizioni, a rivoluzioni di piazza, a cliccare «Mi piace» sulla Pagina del concorrente. Altro che #EpicFail! Ci vorrebbe una sanzione. Che però comunque arriva: direttamente dal cliente, svelto nel ricambiare tradimento con tradimento. Meglio una risposta dopo ore da un umano che al volo da un bot.
  3. L’emotività. Paura, rabbia, fretta, freddezza: tutte le emozioni incontrollate che, inevitabilmente, si scatenano dentro vivendo a lungo sui Social, praticando il Social Care. Il dialogo con gli utenti, specie in situazioni di “crisi”, accende l’angoscia di non potere o non saper rispondere nel modo corretto, l’ansia di rintuzzare il problema con la lancia spuntata della velocità di una risposta che non risolve, perché non ascolta ma “apre bocca e le dà fiato”. Divampa l’ira funesta all’attacco ritenuto ingiusto, preso come personale tanto si è tutt’uno col network: e alla fine, individuata la risposta giusta per il Crisis Management, si è tentati di sbatterla orgogliosamente in faccia a chi ti si è rivolto male, per rimetterlo al suo posto.
    Ma così non va. «Gestire la crisi» – e in generale gestire il network, il Social Care – significa «gestire l’emotività» traducendola in emozioni vissute con la testa oltre che col cuore. Sii Zen: controlla te stesso, risolvi la crisi dentro di te e poniti in ascolto, prima di e per rispondere. Traduci la paura in prudente attenzione, la fretta in sollecitudine, la rabbia in fermezza, la freddezza in «quieta grandezza».
    Avvia il lungo percorso del socratico «Gnōthi seautón», del conoscere se stessi che porta all’autocoscienza. Riprendi la linea con te per riprenderla col network: forte di un plus esclusivo guadagnato, un vantaggio competitivo unico che ti distinguerà dalla massa e ti renderà nuovamente insostituibile. Così imparerai a comunicare – e dunque ad assistere: ad assistere – e dunque a comunicare. «Bring us your problems», ricorda Seth Godin. Sii un vero problem solver: il mondo farà la fila alla tua porta.

 

Facebook Comments

Previous articleAmazon e la consegna predittiva: prodotti “spediti” prima dell’acquisto?
Next articleNasce l’EASME, Agenzia Ue per le piccole e medie imprese
Digital Strategy R&D Consultant, Public Speaker, Lecturer, Coach, Author. Honoured by LinkedIn as one of the Top 5 Italian Most Engaged and Influencer Marketers. #SocialCare, «Utility & You-tility Devoted», Heart-Marketing and Help-Marketing passionate theorist and evangelist. One watchword - «Do you want to Sell? Help! ROI is Responsibility, Trust» - one Mission: Helping Companies and People Help and Be Useful To Succeed in Business and Life. Writer and contributor to books and white-papers. Conference contributor and Professional Speaker, guest at events like SMX, eMetrics, ISBF, CMI, SMW. Business Coach and Trainer, I hold webinars, workshops, masterclasses and courses for companies and Academic Institutes, like Istituto Tagliacarne, Roma, TAG Innovation School, Buzzoole, YourBrandCamp, TrekkSoft. Lifelong learning and continuing vocational training are a must.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here