We’re the Champions

E finalmente abbiamo il Digital Champion.
E mica uno qualunque: proprio lui, proprio quello che più o meno tutti volevamo che fosse. Riccardo Luna.
Ottima scelta, Mr. President. The right one.
Ed altrettanto ottima la prima (credo) dichiarazione pubblica di Riccardo: “voglio un digital champion in tutti i Comuni italiani”.
Solo che poi, qualche riga più sotto, arriva il primo problema: “non abbiamo budget, quindi i digital champions devono essere volontari”.
E non ci siamo, Riccardo. Non ci siamo.
Perché coi volontari non si va da nessuna parte. No cash, no commitment. Ritagli di tempo, discontinuità, nessun potere di controllo.
Possiamo ovviamente capire che “no budget” significa “il Governo non mi dà un budget su questa iniziativa”. Passi: non sono tempi di vacche grasse, è noto.
Ma da Riccardo Luna (e da Matteo Renzi) ci aspettiamo qualcosa in più: la fantasia, e quel minimo sindacale di coraggio e faccia tosta capace di sparigliare e andare in meta.

championProviamo a fare due conti. Abbiamo 8.100 Comuni: vogliamo dare 20.000 euro all’anno a ciascun digital champion locale? Fanno più o meno 160 milioni di euro. Facendo una media del pollo, sono 8 milioni di euro per ciascuna Regione italiana.
Possibile che non si trovino 8 milioni all’interno del mare magno dei fondi comunitari? Possibile che il fondo sociale europeo riesca a finanziare solamente corsi per lap dancer e iniziative per la promozione del teatro dei pupi (giuro, lo hanno fatto)?
Possibile che tutte le aziende ICT non riescano a tassarsi per cofinanziare un esercito di promotori del digitale, capaci di aprire nuovi mercati?
Perché poi, se questi champions li paghiamo, possiamo chiedere loro di andare davvero di capannone in capannone, di negozio in negozio, di scuola in scuola, di casa in casa, a fare quello che più o meno cent’anni fa fecero – negli USA – i piazzisti di lavatrici. Che non vendettero solamente lavatrici: finirono per essere il principale canale attraverso il quale si generò un’enorme domanda di energia elettrica e così nacquero le reti elettriche come servizio universale.
Un mix di piazzista di lavatrici e testimone di Geova digitale.
Suonerà male, suonerà poco istituzionale e ancor meno politically correct.
Machissene, verrebbe da dire.

Perché qui, Riccardo, il digitale a botte di convegni non lo faremo mai. E tu sei il primo a dirlo, che “basta convegni”. Ma non lo faremo mai neppure a botte di volontariato.
Qualche mese fa, proprio a Trieste nel “tuo” GoOnFVG, ebbi modo di “buttarla lì”: costituire una squadra (retribuita) di Digital Evangelist e mandarli a predicare il verbo porta a porta. E mi pare che qualche capo azienda (e di aziende neppure troppo piccole…) si dimostrò più che disponibile a parlarne.
Difficile farlo? Può darsi. Ma varrebbe la pena di provarci, non credi?

 

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