Lo Startupparo Immaginario

Lui ha un’idea. Non una banale idea. Una idea grandiosa. Rivoluzionaria. Praticamente la migliore idea da quando Steve Jobs è uscito dal suo garage e Zuckerberg ha cominciato a scrivere il codice di Facebook. La sua idea, come minimo, sconvolgerà non solo il mercato, ma il mondo. E’ lui, il protagonista del ritratto di oggi: lo Startupparo Immaginario.

idea-startupLo Startupparo Immaginario è giovane, ma non sempre. Diciamo che se è giovane lo è relativamente, e comunque è in quella fase della gioventù in cui dovrebbe essere già perfettamente in grado di distinguere i sogni dalla realtà. Solo che per lui, lo Startupparo Immaginario, la realtà è una cosa abbastanza vaga ed indefinita. Non che sia scemo, anzi. Molto spesso è sveglio, e persino preparato. In tantissimi casi l’idea che propone è addirittura davvero buona, o potrebbe diventarlo con qualche minimo aggiustamento di tiro.

Solo che, appunto, è un’idea. E un’idea non è un business plan. E’ questo il concetto che lo Startupparo Immaginario non riesce a cogliere. Affascinato dal mito del Nerd che crea durante notti insonni nel suo garage una impresa rivoluzionaria e diviene miliardario, ha dimenticato però che il Nerd, oltre che vivere nella Silicon Valley, era anche un tizio in grado, prima o poi, di farsi due conti e trovare finanziatori per trasformare la sua fantastica intuizione in realtà. Lo Startupparo Immaginario a questa fase critica non ci arriva mai. Avuta l’idea, che spesso è tra l’altro solo un patetico abbozzo, pensa di aver già fatto tutto il lavoro necessario. Comincia così a contattare a caso altri, che lui sa essere esperti del settore che gli interessa, per chiedere loro consulenze. Ma non appena questi gli dicono che sono disposti a fargliele, le consulenze, per carità, ma dietro regolare compenso, appunto perché sono esperti del settore e professionisti, dunque forniscono prestazioni solo se pagati, lo Startupparo Immaginario va in crisi, o si offende. Perché a lui questa idea che si debbano pagare i professionisti di cui si ha bisogno è ostica, anzi gli pare addirittura una cattiveria gratuita: che caspita, lui è giovane, ha una start up di successo pronta a partire, tutta lì, nella sua testa: è un dovere del mondo dargli una mano, ovviamente a costo zero, per permettergli di diventare il miliardario che merita. Al massimo offre loro di compartecipare alla sua magnifica startup (che ancora non esiste) come soci – ovviamente minoritari, che diamine: l’idea folgorante è sua! – a loro rischio e pericolo.

anger-rabbiaSe i professionisti in questione non lo filano o non si dimostrano entusiasti dell’offerta di lavorare gratis per diventare soci minoritari di un emerito signor nessuno, mette il broncio e si offende a morte. Quando non diventa un terribile scocciatore lagnoso e pericoloso per gli altri, lo Startupparo Immaginario rischia di essere un pericolo per se stesso. Dopo aver ricevuto porte in faccia dai professionisti seri, infatti, lo Startupparo Immaginario cade di solito preda del Venditore di Fuffa di turno, che gli promette aiuto per sviluppare la sua meravigliosa idea e gli ciuccia i pochi quattrini che lo Startupparo Immaginario ha racimolato prosciugando i conti correnti di genitori e nonni. Oppure diventa egli stesso Venditore di Fuffa, millantando presso terzi di avere una impresa già avviata e di successo, in cui è un affarone investire.

La geniale start up, nel 90% dei casi neppure viene mai alla luce, e nel restante 10% fallisce clamorosamente dopo pochi mesi di stentata sopravvienza. Perché, appunto, non è una start up, ma una idea, spesso nemmeno troppo originale. Dato che, nella maggioranza dei casi, quando lo Startupparo immaginario finalmente si decide a spiegare in cosa consista la sua geniale applicazione destinata a rivoluzionare il mercato, viene fuori che è un algoritmo per calcolare le calorie del pranzo o l’ascendente astrologico, oppure un nuovo social network destinato a soppiantare in pochi anni Facebook, perché è assolutamente uguale a Facebook, e quindi vincente. Ovvio, no?

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