Open Data Barometer: governi mondiali indietro su Open data, Italia nelle retrovie

La strada dell’Open Government è ancora lunga e irta di difficoltà in tutto il mondo. A rivelarlo nelle scorse ore è la seconda edizione dell’Open Data Barometer, condotta dalla World Wide Web Foundation, nota a livello mondiale per essere stata fondata da Tim Berners-Lee, il padre del world wide web.

I governi di tutto il mondo, si legge nel report consultabile qui, hanno riconosciuto il potenziale dell’open goverment per ridurre la corruzione, aumentare la trasparenza e migliorare i servizi pubblici, ma oltre il 90% degli 86 paesi esaminati non pubblica ancora set di dati chiave in formato aperto. Nonostante le promesse da parte dei paesi del G7  verso una maggiore trasparenza, rendendo i dati del governo “aperte per default”, quasi la metà dei paesi del G7 non pubblica i set di dati che hanno promesso di rilasciare nel 2013, mentre meno dell’8% dei paesi presi in esame in tutto il mondo pubblica dataset sui bilanci pubblici e la spesa, il 6% pubblica i dati aperti sui contratti pubblici, e solo il 3% pubblica i dati aperti sulla proprietà delle imprese.

Un panorama preoccupante. Commentando i risultati del rapporto, Tim Berners-Lee, ha osservato che “i governi continuano a rifuggire la pubblicazione di dati stessi, che possono essere utilizzati per rafforzare la responsabilità e la fiducia” e ha sottolineato il potere dell’open data “nel mettere il potere nelle mani dei cittadini”.

I dati

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Sulla base delle evidenze emerse il Barometeher identifica 4 gruppi di paesi in base al grado/livello di apertura dei dati. L’Italia, nella classifica globale, non compare neppure nella top ten e si piazza solo al 22esimo posto. Al vertice della classifica, invece, troviamo l’Inghilterra, seguita da America, Svezia, Francia e Nuova Zelanda.

Alta capacità: sono paesi questi paesi hanno stabilito politiche di open data, generalmente con un forte sostegno politico. Hanno esteso la cultura dei dati aperti non solo al singolo dipartimento ma a diverse agenzie governative e sempre più a livello di governo locale. Questi paesi tendono ad adottare approcci simili per aprire i dati e governo, società civile e settore privato hanno le capacità per beneficiare dei dati aperti.

I paesi inclusi in questo cluster sono: Regno Unito, Stati Uniti, Svezia, Francia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Canada, Norvegia, Danimarca, Australia, Germania, Finlandia, Estonia, Corea, Austria, Giappone, Israele, Svizzera, Belgio, Islanda e Singapore. Se quest’anno i primi cinque paesi comprendono tre dei firmatari del G8 Open Data Charter del 2013 (UK, USA e Francia), il resto del gruppo langue nella parte più bassa della classifica: Giappone, l’Italia e la Russia.

emerging-advancingEmergenti: realizzano iniziative dedicate, talvolta integrate in programmi politici esistenti. Molti di questi paesi stanno innovando e contestualizzando i dati aperti sulle esigenze delle rispettive popolazioni. Ad esempio, concentrandosi sulla necessità che i governi rendano accessibili i dati specifici in contesti di alfabetizzazione scarsa come in India.
I paesi inclusi in questo gruppo sono: Spagna, Cile, Repubblica Ceca, Brasile, Italia, Messico, Uruguay, Russia, Portogallo, Grecia, Irlanda, Ungheria, Perù, Polonia, Argentina, Ecuador, India, Colombia, Costa Rica, Sud Africa, Tunisia, Cina, Filippine e Marocco.

Capacità vincolata: i paesi in questo gruppo affrontano pesanti sfide per realizzare l’open government a causa di difficoltà legate ai limiti di accesso a Internet, alla debolezze nella raccolta e gestione dei dati digitali, nonchè per ostacoli sociali e politici. Un piccolo numero di paesi in questo cluster, come il Kenya, Ghana e Indonesia, hanno stabilito iniziative di dati aperti ma restano fortemente dipendenti da una piccola rete di leader ed esperti tecnici.

I paesi inclusi questo cluster, sono: Indonesia, Turchia, Ghana, Rwanda, Giamaica, Kenya, Mauritius, Ucraina, Thailandia, Vietnam, Mozambico, Giordania, Nepal, Egitto, Uganda, Pakistan, Benin, il Bangladesh, il Malawi, Nigeria, Tanzania, Venezuela, Burkina Faso, Senegal, Zimbabwe, Namibia, Botswana, Etiopia, Sierra Leone, Zambia, Yemen, Camerun, Mali, Haiti e Myanmar.

Iniziative unilaterali: in questi paesi vi è qualche iniziativa di open data, che vanno da pagine web dipartimentali che visualizzano i dati aperti, a portali pieni  di dati. Tuttavia, all’azione di governo nel pubblicare i set di dati selezionati non corrisponde la capacità e la libertà della società civile di interagire con tali i dati. Senza libertà politiche più ampie, il potenziale dei dati aperti non può portare a un cambiamento politico e sociale che, in questi contesti, sarà limitato. I paesi in questo gruppo sono: Malesia, Kazakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Bahrain e Qatar.

Cosa fare?
Il report identifica quelli che possono essere i principali passaggi chiave necessari affinchè la rivoluzione dei dati aperti possa portare effettivamente cambiamenti radicali nella trasparenza e nelle prestazioni dei governi di tutto il mondo. Nodale è il ruolo del committment politico nel processo di apertura progressiva dei dati del settore pubblico; in secondo luogo la necessità di sostenere investimenti in formazione che aiutino società civile e imprenditori a capire e usare i dati aperti e la contestualizzazione degli strumenti dell’open data alle esigenze locali. Infine il supporto alle iniziative cittadine dell’open data come complemento dei programmi nazionali e realizzazione di riforme normative per assicurare che le garanzie del diritto all’informazione e il diritto alla privacy siano alla base delle iniziative di dati aperti.

Nel corso dei prossimi sei mesi, si legge nel documento, i leader mondiali hanno diverse possibilità in tale senso, a partire dalla prossima Conferenza delle Nazioni Unite in Africa a marzo, il Global international Open Data Conference in Canada a maggio e il vertice del G7 in Germania a giugno. “E ‘fondamentale che questi incontri si traducano in azioni concrete per affrontare le barriere politiche e di risorse che minacciano di stallo sforzi di dati aperti.” 

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