Cristina Rigutto: scienza chiama social media

Cristina Rigutto è consulente e formatore nel campo della comunicazione della ricerca e, a partire dal mese di aprile, assumerà anche l’incarico di web e social media editor del Journal “Public Understanding of Science”. Un connubio stretto insomma tra social media e comunicazione scientifica. Se dovesse definire il suo lavoro in un paio di frasi, Cristina direbbe “Faccio venire l’orticaria ai ricercatori dicendo loro che i social media dovrebbero far parte della loro strumentazione di ricerca”.
La tecnologia ha attratto fin da piccola Cristina Rigutto, con un amore sbocciato poi negli anni Ottanta, quando, in azienda, ha liberato la sua scrivania per fare spazio al primo videoterminale VAX. “Mi è bastato lanciare i primi comandi in datatrieve – ricorda con un pizzico di nostalgia Cristina – per capire che avevo la possibilità di esplorare e combinare le informazioni in un modo del tutto nuovo. Mi si apriva un mondo, ed è stato in quel momento che ho capito cosa volevo fare: crescere professionalmente con quella tecnologia. Inutile dire che appena ho avuto accesso al web ho iniziato a nutrirmi voracemente di bit”.

In che rapporti sono social e mondo scientifico? E’ diversa la situazione italiana rispetto a quella estera?

In Italia c’è molta diffidenza nei confronti dei social media che vengono spesso liquidati dagli scienziati come un’inutile perdita di tempo. Questo è dovuto in parte al fatto che i ricercatori lavorano in un contesto che premia solo la produzione di letteratura scientifica: articoli in peer review, partecipazione a convegni, citazioni, ecc.; mentre non vengono forniti incentivi per stimolarli a comunicare con il pubblico.
All’estero, anche se permane il sistema di incentivi basato sulla pubblicazione scientifica, le università attivano corsi e workshop per incoraggiare i ricercatori a comunicare nei social media. Questo perché all’estero è più sentita la necessità sia di rispondere ai contribuenti, che ritengono che gli scienziati abbiano l’onere democratico di giustificare come vengono spesi i fondi destinati alla ricerca, sia di promuovere una cultura scientifica tra i cittadini che li renda più partecipi e consapevoli dell’importanza della ricerca per il benessere e lo sviluppo della società.

3 vantaggi nell’uso dei social per divulgazione scientifica

Informazione, partecipazione, promozione.
Informazione perché attraverso i social media si possono condividere informazioni su ricerche che non vengono pubblicate dalla stampa tradizionale. Inoltre, si possono condividere informazioni in modo puntuale e preciso, senza rischiare gli inevitabili errori o cattive interpretazioni che possono derivare da una trascrizione sintetica o dalla formulazione di un titolo troppo creativo.

Partecipazione perché i social media, Twitter in primis, sono uno strumento che permette di sviluppare con un costo irrisorio dei progetti di Citizen Scienze. Questi progetti vedono il coinvolgimento attivo di volontari di tutto il mondo nelle attività di ricerca e favoriscono la comprensione del metodo scientifico da parte del pubblico.

Promozione perché i social media possono servire allo scopo di stimolare l’interesse per la scienza, prendere coscienza dei problemi ambientali, incoraggiare i più giovani a intraprendere carriere STEM (Science, Technology, Engineering, and Mathematics), ma soprattutto hanno dimostrato di essere uno dei più efficaci strumenti di promozione della salute e diffusione di informazioni per la prevenzione e gestione delle malattie. Un esempio su tutti è il canale YouTube del CDC (Centers for Disease Control and Prevention).

Se dovessi sintetizzare i consigli, riportati in uno dei tuoi libri, per fare live tweeting durante le conferenze?

Nelle conferenze scientifiche nulla può essere lasciato al caso. Il mio suggerimento è quello di sviluppare un vero e proprio piano di comunicazione, progettando il live tweeting in ogni minimo dettaglio e valutando l’efficacia della comunicazione alla fine. Il live tweeting di un evento scientifico non ha l’obiettivo di far finire l’evento nei #TT (argomenti di tendenza), ma è e dovrebbe essere uno strumento di informazione puntuale per chi segue a distanza.

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