Storytelling: il fenomeno YouTube e il nuovo marketing del contenuto

PewDiePie è uno dei più famosi youtuber al mondo, con circa 45 milioni di seguaci. Una vera superstar che, grazie a un accordo con il gruppo Google, gli permette di guadagnare il 55 per cento degli introiti pubblicitari. Il fenomeno sta crescendo a vista d’occhio.

Qualche giorno fa su Affari & Finanza Filippo Santelli riportava una dichiarazione di Federica Tremolada, responsabile delle partnership con YouTube, che afferma che solo in Europa si parla di circa 3 milioni di creators, con un indotto per l’Italia calcolato da Deloitte di circa 40 milioni di euro per 500 posti di lavoro. In effetti, la possibilità di avere un flusso di contenuti praticamente illimitato, gratuito, molto diverso linguisticamente dai più rigidi e tradizionali palinsesti televisivi, sta dando ragione al video. YouTube rappresenta un elemento fondamentale di questo nuovo habitat tecnologico. Il Tubo ha il grande merito di aver preparato il terreno puntando sullo user generated content e stimolando la nascita di una nuova generazione di creativi. Le multiformi funzionalità che spaziano da una sorta di videoarchivio universale a un sofisticato strumento di promozione delle novità culturali (videoclip musicali, promo di spettacoli, ecc), fino all’invenzione di nuovi modi di realizzare i format (serie web, spot, video dei youtuber, talent, edutainment, animazione, ecc), consentono alla piattaforma di raggiungere livelli di target differenti.

Quello che conta sono i numeri, in meccanismi di marketing spesso non facili da seguire. La corsa alle visualizzazioni ha spinto Google a lanciare alla fine del 2014 Preferreduna soluzione per aziende che intendono fare pubblicità sul 5% dei canali più seguiti. L’eterogeneità dei contenuti di YouTube suggerisce un approccio antropologico e sociologico allo studio dei comportamenti in rete. Se pensiamo di poter arginare il fenomeno a un esclusivo fatto di costume dell'”istrione” che ne fa di tutti i colori tra montaggi incalzanti, effetti digitali e qualche bella gag, sbagliamo di grosso. Il mondo del video non si fissa sulle mode, è il medium in sé che, aprendo il potenziale espressivo più o meno a tutti, sdogana la selezione in rete, fatta di passaparola nati da semplici curiosità e materiali più o meno utili per situazioni specifiche e diventati, per questo, trend molto seguiti.

Facciamo un esempio: accanto alla voggler del momento Lilly Singh, che ha raggiunto la soglia dei 9 milioni di seguaci, con un contenuto specifico per adolescenti che è quello che ci aspettiamo da personalità mediatiche di questo tipo, troviamo il canale di Grant Thompson, The King of Random che, con i suoi 6 milioni di iscritti, ha polarizzato l’attenzione dei fissati del fai da te e del bricolage, oppure il canale Ryan Toys Reviews che, con oltre 3 milioni di iscritti, propone video gettonatissimi che mostrano il piccolo Ryan che gioca e si diverte. Per non parlare della moda dei talent che si sta sviluppando nelle forme più diverse: ci sono i performer musicali, soprattutto cantanti che si cimentano in cover come le sorelle Cimorelli, con 3 milioni e 700.000 iscritti, oppure il canale di Alan Becker che, forte dei suoi 2 milioni di seguaci, posta le sue splendide animazioni digitali ricche di effetti e trovate divertenti.

Potremmo andare avanti ancora con altri esempi, ma quello che interessa è mettere a fuoco un concetto, ovvero la trasformazione del medium televisivo in qualcosa di aperto che, il più delle volte, dà vita a fenomeni spontanei che nel tempo si strutturano secondo ben precise strategie di marketing in altrettanto precisi layout. Il punto, infatti, più che l’emulazione di un linguaggio, é avere un’idea portante da realizzare secondo una consequenzialità seriale, un appuntamento scandito dalla costruzione di uno specifico immaginario. Il video, così, diventa sempre meno uno strumento di sperimentazione e sempre più la calcolata costruzione di un progetto autoriale.

Se guardiamo per un momento le pagine degli YouTube channel owners ci rendiamo conto che la veste grafica, la brandizzazione di ogni materiale, il taglio dei formati (caratterizzati da precise scelte di stile e di comunicazione), obbediscono tutti all’obiettivo di commercializzazione del contenuto, non solo in ottica di ottenimento del consenso (la massa critica), ma di sviluppo di attività di merchandising collaterali.

Il mondo del video cresce e matura, diventando un’ottima opportunità per i marketer digitali. Sono due le notizie da tenere sotto controllo e riguardano la percezione, il sentiment del digitale di alcuni grandi protagonisti: Susan Woijcicki, AD di YouTube dichiara che la Interpublic, colosso della pubblicità, sposterà nel 2017 circa 250 milioni di dollari di investimento dalla televisione a YouTube e ad altre grandi piattaforme digitali; l’altra informazione è la previsione di Mark Zuckerberg che, con circa 8 miliardi di visualizzazioni al giorno di video su Facebook, afferma che il prossimo grande mercato sarà proprio quello. Ma YouTube, come abbiamo già sottolineato, offre ancora un modello free based che, grazie all’ingente flusso di utenti, punta sul marketing diretto del traffico pubblicitario ma, secondo la Lunga Coda anticipata da Anderson, a ogni picco di audience (il Top verticale del content) corrisponde un’ampia offerta di nicchie di diversa dimensione, ognuna depositaria di un possibile target di riferimento. Diciamo che, a ben vedere, c’è l’interesse che le professioni creative e performative continuino a crescere, con questa nuova inclinazione verso il linguaggio video post-televisivo e con prodotti finali sempre più “lavorati”. Se, infatti, la TV istituzionale soffre, anche il digital comincia ad avere le sue grandi competizioni. Amazon sta sbarcando nel mondo del video, mentre Netflix si sta aggiudicando una posizione di leadership tra i broadcaster a pagamento sul web, con libraries sempre più ricche di serie tv di alto livello e di film di prima e seconda visione. Non è un caso che anche YouTube abbia tirato fuori lo speciale pacchetto YouTube Redche dovrebbe permettere agli utenti di comprare special contents delle loro star preferite, come dire che a un’offerta free fa da riscontro il classico modello premium.

Ma allora: quali sono realmente le opportunità di questo mercato?

Direi che sono due e coinvolgono attori diversi per uno stesso segmento, che continua a essere necessariamente quello pubblicitario. 
Primo: sul versante dell’user generated content c’è il fronte del rappresentativecome per Show Reel di Luca Leoni o Web Stars Channel di Luca Casadei. Si tratta di società di management che selezionano e gestiscono i talenti nati sul video per mezzo di strategie di marketing molto mirate. Anche se allo stato attuale, dal punto di vista dei contenuti, queste strutture non intervengono quasi mai, limitandosi al miglioramento dei video in termini di packaging e alla gestione commerciale dell’artista nei rapporti con aziende e clienti vari, il trend è decisamente in crescita, anche per quel che riguarda l’urgenza di un nuovo standard di contenuto che, al momento, viaggia su livelli medio bassi. Si punta, cioè, a nuove factory che siano in grado di costruire personalità gradite al pubblico che, al di là della caratterizzazione dei personaggi, devono poter offrire contenuti più forti, come serie di video su argomenti specifici, web-series e format particolari. In Italia, il team di The Show (con il management della di Show Reel), nella pagina YouTube dedicata scrive: theShow importa in Italia, sul solco dell’esperienza americana, scherzi ed esperimenti sociali. Come reagirà l’italico popolo (laggente) a comportamenti fuori dal comune e ben oltre il limite della demenza? Una buona idea che si traduce in video che viaggiano da centinaia di migliaia fino a svariati milioni di visualizzazioni. Il futuro, quindi, è quello della casa di produzione che, seguendo logiche che vanno dall’auotrialità alla realizzazione tecnica, dal marketing alla distribuzione cross-mediale, siano in gradi di portare alla massima valorizzazione i talenti del web. 
L’altro punto interessa più i marketer digitali. Sì perché se fino a ora abbiamo ragionato, pur parlando di fenomeni nati e cresciuti su internet, nei termini delle tendenze che guardano al mainstream (già di per sé il concetto di webstar va molto oltre l’idea di pseudo artigianato artistico), le nicchie vere stanno alla base, e sono milioni. Piccoli creatori di contenuti con la loro audience e un pubblico di aficionados. Per il marketer da sempre ossessionato dal problema di non riuscire a massimizzare il flusso di utenti a causa dell’impossibilità di produrre il contenuto necessario a creare ingenti volumi di traffico, si apre la possibilità di lavorare nell’intermediazione tra le piattaforme di affiliazione che vendono prodotti creati da imprenditori digitali, e i proprietari di YouTube channels, creators e content managers. I marketer maturano competenze di ricerca dei trend culturali, tra sociologia e studio dei comportamenti di consumo dei modelli mediatici, pattugliano le piattaforme alla ricerca dei post più visti, utilizzano software evoluti, da Traffic Travis ai vari sistemi di monitoraggio dei feed e di content curation come Feedly, Scoop, Hootsuite, Pearltrees, dai tools online come Google Trend agli strumenti di social listening come Trendwalkeralerts e Buzzsumo, studiano il contenuto sui canali YouTube per poi creare il match tra creatore e digital sellers, che si trovano ormai in incredibile quantità in ambienti come Click Bank (che conta oggi circa 200 milioni di utenti). Questa è un’altra frontiera da approfondire e che, oggi come oggi, si affaccia su uno sterminato mondo di occasioni.

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Laureato in Lettere Moderne, specializzato in management della cultura e progettazione europea, collabora con università, enti pubblici e imprese nel settore dell'innovazione e sviluppo sostenibile. Ricercatore e manager attento al cambiamento del mondo contemporaneo ha maturato competenze in diversi settori, dalle scienze sociali alla digital economy. È il fondatore della rete The Next Stop dedicata all'incontro tra il management culturale e l'innovazione, è fondatore di Lateral Training think tank dedicato alla consulenza sui temi del business coaching, corporate storytelling e marketing digitale. È trainer e formatore professionista, sia nell'ambito comportamentale che in quello del design di nuovi processi organizzativi. È presidente dell'Associazione Italiana Sharing Economy e Direttore Scientifico del primo festival di settore, il Ferrara Sharing Festival. È in via di pubblicazione il libro per Franco Angeli Corporate Story Design, manuale per la progettazione e gestione di storie d'impresa. È web designer e senior content marketer per passione, curiosità, professione. Ama leggere, scrivere, vedere film in quantità industriale e occuparsi di nuove tendenze e linguaggi dell'ambiente digitale. Non disdegna gli studi sulla gamefication e il game design. Ha fondato diverse riviste, Event Mag, Limemagazine, The Circle (ancora in pubblicazione). Dal punto di vista tecnico è certificato come: esperto di epublishing Amazon Kindle, esperto di newsstand application design Apple-iTunes store ed esperto di sistemi WooCommerce per wordpress.

7 COMMENTS

  1. When that happens, expect county and shield cricket to demand a window all of their own. And when that happens, the ICC’s FTP goes through the window. Also no windows for the Champs Trophy, the World Cup(20 and 50 over), no scope for a “test championship”, no scope to make money.Hence the ICC’s intransigence.

  2. I have an iPhone 4 (my wife has an iPhone 3) – the dual processor is a great upgrade… just not sure if personally I would need that for what I use my iPhone for… but maybe. I have only had my iPhone for a year… so I don’t plan to upgrade just yet.

  3. Essa é mais ou menos a minha base para tortas, mas com menos ovos (6 para o meio quilo de açucar).Nem sei bem onde a manteiga contribui para o resultado final do doce, mas presumo que seja mesmo essêncial seguir a “receita”…uma bela proposta a “try” um dia destes.grande abraço

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