Il Veterans Day di Chili’s: quando la solidarietà si trasforma in “Epic Fail”

Una famosa catena di fast food si lancia in una grande operazione di solidarietà, ma finisce nell’occhio del ciclone per via di un fatto molto poco solidale accaduto in un ristorante della provincia americana. Come mettere in crisi anni di brand identity con un solo video, diventato virale sul web.

I protagonisti di questa storia sono tre: un veterano di guerra di Cedar Hill, in Texas, un presunto sostenitore di Donald Trump (sempre di Cedar Hill) e il manager di un ristorante Chili’s Grill & Bar, catena di ristoranti Tex-Mex nata proprio in Texas alla metà degli anni Settanta.

In occasione dell’ultimo Veterans Day -l’annuale giornata in cui si onorano tutti coloro che hanno combattuto nell’esercito americano – Chili’s Grill & Bar ha annunciato che, come ogni anno, avrebbe servito un pasto gratis a tutti i veterani che si fossero presentati in uno degli oltre 1500 ristoranti della catena in ogni punto degli Stati Uniti. Per la cronaca, stando a quanto riporta Snopes, nella sola giornata dell’11 novembre Chili’s Grill & Bar ha servito oltre 180.000 pasti gratuiti ad altrettanti veterani dell’esercito statunitense.

Purtroppo però, il Veterans Day di Chili’s Grill & Bar è diventato famoso per quanto accaduto a Ernest Walker, un veterano che si è visto negare non solo il suo pasto gratis, ma anche la “doggy bag” al suo cane d’ausilio in un ristorante Chili’s della già citata cittadina texana di Cedar Hill.

Come riportano diversi media locali e nazionali che hanno intervistato Walker, le cose sarebbero andate così: l’uomo, di colore, si è recato al ristorante insieme al suo cane per accettare il proprio pasto gratis quando un uomo (che avrebbe indossato una maglietta di sostegno a Donald Trump) si è fatto avanti accusandolo di non essere un vero veterano perché “nell’esercito americano non accettano i neri”. Ne nasce un alterco, nel quale interviene anche il responsabile del Chili’s che chiede a Walker di dimostrare i propri trascorsi nell’esercito. Walker fornisce i documenti suoi e del suo cane ma, mentre sta riprendendo la discussione con il telefono, il responsabile gli toglie di mano il cibo e gli chiede di andarsene.

Quello che succede dopo è scontato: Walker pubblica il video sul proprio profilo Facebook, il video diventa virale scatenando la protesta contro Chili’s che viene tacciato di essere razzista nei confronti dei propri clienti.

epic fail chilis veterans day

La storia finisce con le scuse ufficiali di Chili’s Grill & Bar: un lungo comunicato stampa in cui si assicura che quanto accaduto a Cedar Hill non corrisponde ai valori del brand e che si è provveduto non solo a licenziare il responsabile del ristorante, ma anche a pensare a una sorta di risarcimento per Ernest Walker.

Come sempre accade in questi casi, un episodio negativo salito agli onori della cronaca è sufficiente a cancellarne cento o, per per essere precisi, a far passare in sordina 180.000 pasti di beneficenza. Per quanto l’episodio in questione possa essere fumoso e diversi dettagli sembrano essere omessi o mal ricostruiti, agli occhi degli utenti che hanno seguito tutta la vicenda ciò che conta è che c’è un veterano di colore che si è visto negare togliere di bocca un pasto gratuito a causa di un presunto elettore di Donald Trump.

A voler ben vedere, quello che è accaduto a Chili’s Grill & Bar non è molto diverso da quello che è successo – tanto per fare un esempio recente – a Gold’s Gym, e conferma come la comunicazione sul web annulli il concetto di periferia: qualsiasi cosa succeda in un punto qualunque del mondo, grazie ai meccanismi della viralità, diventa il centro del mondo. E, di conseguenza, anche il volto del responsabile del ristorante che ha sgarbatamente respinto un veterano in una cittadina di provincia è diventato, agli occhi di tutti, il volto del brand stesso.

Non solo: è lecito pensare che la risonanza avuta da quanto accaduto a Cedar Hill sia stata amplificata dai recenti fatti della politica statunitense, l’elezione di Donald Trump e le polemiche circa le sue dichiarazioni sull’immigrazione, che hanno scatenato proteste in tutto il paese anche in relazione al movimento di #BlackLivesMatter, che nei mesi scorsi ha denunciato la violenza delle forze di polizia statunitensi nei confronti degli afroamericani.

Ancora una volta, dunque, la crisi comunicativa che coinvolge un brand ha la sua origine al di fuori del brand stesso: la crisi si innesca “offline” ma trova improvvisa notorietà online per via dei meccanismi propri della viralità, supportata da un pubblico particolarmente sensibile a un tema preciso a causa di un clima già “caldo”. Tanto è vero che a favore del veterano Ernest Walker è stata aperta una sottoscrizione in crowdfunding per offrigli una cena in modo da riparare allo sgarbo subito: in 5 giorni sono stati raccolti quasi seimila dollari.

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Di fatto, episodi come questi sono in grado di bypassare qualsiasi tipo di social media strategy: si può puntare sull’engagement del proprio pubblico a suon di campagne ben congegnate e sviluppate ma, purtroppo, queste possono essere messe in ombra in ogni momento – e senza alcun tipo di preavviso – da un video pubblicato su Facebook che testimonia un evento negativo con il brand protagonista. Si tratta di un pericolo che non si può scongiurare a priori, ma soltanto arginato con una risposta tempestiva e ben veicolata in tutti i luoghi in cui il brand comunica se stesso.

Lesson Learned: Sei pronto a fronteggiare una eventuale crisi di immagine del tuo brand che è nata e si è evoluta senza che tu ne sapessi nulla?

(Immagine di copertina: CC BY-SA 3.0)

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