In effetti mancava. I Mondiali di calcio sono entrati nel vivo e nessuno si era ancora avventurato in qualche genialata sui social a sfondo pubblicitario. Nessuno a parte Burger King, che ha aperto le danze del “facepalm” con una campagna destinata al mercato russo. O, per la precisione, alle donne russe.
In breve: Burger King ha offerto hamburger a vita a tutte le donne che fossero riuscite a farsi mettere incinte da un calciatore dei Mondiali.
La faccenda ha dell’incredibile, me è tragicamente vera: con un video pubblicato su VKontakte – il corrispettivo russo di Facebook – il colosso statunitense dei fast food ha lanciato una campagna dedicata alle donne russe: chiunque fosse riuscita a farsi ingravidare da un componente di una delle squadre di calcio presenti in Russia per i Mondiali, avrebbe beneficiato di Whoppers a vita e di un premio in denaro di tre milioni di rubli, circa 40.000 euro.
Con un’unica “clausola”: il calciatore non avrebbe dovuto essere uno qualsiasi, ma uno bravo. Possibilmente un fuoriclasse. Tutto questo – spiega Burger King – al fine di creare un “vivaio” di piccoli futuri calciatori, in grado di alzare la media del calcio russo per gli anni a venire. Il video termina con un «crediamo in te» rivolto alle consumatrici, chiamate a fare il “proprio dovere” per il “bene comune”.
In che modo le “fortunate” avrebbero dovuto dimostrare la paternità della creatura resta un mistero, ma in fondo non è più nemmeno un problema di cui preoccuparsi. Com’era prevedibile, infatti, il video di Burger King è sì diventato virale in pochissimo tempo, ma si è tirato addosso tanti di quei commenti negativi da indurre i vertici della divisione russa di Burger King a eliminare il video e a pubblicare un messaggio di scuse.
Non è certo la prima volta che qualcuno, nell’ebbrezza calcistica, si lascia andare a qualche “trovata” molto poco politically correct: basti pensare al post della compagnia aerea olandese KLM che, durante i Mondiali del 2014, salutò i rivali messicani con un sombrero dopo il 2-1 di Olanda-Messico.
Ma, se in quel caso si poteva trattare di una “reazione a caldo” e di un modo per buttarsi nella conversazione generata dalla vittoria olandese, il caso di Burger King vede invece una certa premeditazione. È davvero difficile credere che nessuno si sia posto il problema di come sarebbe stata recepita la “campagna” e quali reazioni avrebbe provocato. Quindi sì, Burger King l’ha deliberatamente fatto apposta, mettendo in conto di dover cancellare il video non appena fosse diventato virale, e avendo già pronto il messaggio di scuse con cui sostituirlo.
Il punto però è cercare la provocazione a tutti i costi senza domandarsi quali conseguenze a lungo termine avrà sull’immagine del brand. È vero che questa storia non avrà fatto perdere a Burger King nemmeno un cliente ma è altrettanto vero che il web non dimentica: e l’immagine che Burger King vorrà dare di sé in futuro verrà recepita sulla base della storia che il brand ha scritto nel proprio pubblico giorno dopo giorno. “Genialate social” comprese.
Lesson Learned: Siamo ancora tutti sicuri che la tecnica del “bene o male purché se ne parli” sia ancora una strategia valida per comunicare sui social?
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