Spatial Data Infrastructures (SDI) e Catasto delle Reti

L’evoluzione del sistema per la gestione delle informazioni territoriali/cartografiche di un Paese può essere ricondotta, nell’era digitale, alla definizione della Spatial Data Infrastructure (SDI) nazionale, componente del Sistema Informativo della PA indispensabile per consentire l’uso dei dati geo-referenziati ed erogare servizi efficienti di fruizione dei dati territoriali, basata sullo sviluppo di analoghe infrastrutture di livello gerarchico inferiore, regionali e locali.

Il concetto di SDI, in termini generali, individua un insieme di risorse tecniche e organizzative aggregate e impiegate per facilitare e coordinare funzionalità di accesso, utilizzo e condivisione dei dati geo-spaziali digitali.

La definizione istituzionale di questo termine è stata coniata negli Stati Uniti nel 1994. Si deve infatti all’Amministrazione Clinton la costituzione della National Spatial Data Infrastructure (NSDI), come atto per promuovere le relazioni intergovernative coinvolgendo i Governi statale e locale nella produzione di dati geo-spaziali e migliorare le prestazioni del Governo federale.

Il significato assegnato al termine SDI non è rimasto immutato ma ha seguito l’evolversi delle tecnologie e delle esigenze degli utenti. Nel tempo ha assunto un valore più ampio, includendo anche la promozione dell’uso dei dati geo-spaziali e del loro riutilizzo per molteplici scopi, non solo in ambito pubblico ma anche con crescente attenzione verso il settore privato, stante l’incremento di prodotti e applicazioni rivolte al mercato consumer.

La direttiva europea INSPIRE (Infrastructure for Spatial Information in the European Community) del 2007 mette anche in risalto, elencandole dettagliatamente, le sue principali componenti (art. 3): «La SDI è l’insieme di metadati, set di dati territoriali e servizi relativi ai dati territoriali, servizi e tecnologie di rete, accordi in materia di condivisione, accesso e utilizzo dei dati e meccanismi, processi e procedure di coordinamento e monitoraggio stabilite, attuate o rese disponibili conformemente alla presente direttiva».

In tempi più vicini a noi, il significato attribuito alla locuzione SDI ha inteso anche accogliere un’interpretazione in termini sistemici, quando viene suggerito di individuare come vero obiettivo di una SDI non (solo) soddisfare le funzionalità per la gestione dei dati in sé, ma (anche) supportare le esigenze della collettività per cui l’SDI viene creata – per questo trovandosi in sintonia con l’introduzione del paradigma della “Società 5.0”, che aiuta a risolvere i problemi della collettività piuttosto che semplicemente migliorare la produttività. Assumendo che i principali stakeholder di una SDI siano le organizzazioni in relazione con essa, la sua effettiva consistenza risiede nel suo contributo al miglioramento del funzionamento delle organizzazioni e dei loro processi.

E in Italia?

In Italia, l’avvio della transizione della gestione delle informazioni territoriali da analogica a digitale può essere fissato al 1996, anno della formalizzazione della Intesa Stato, Regioni ed Enti Locali per la cooperazione e il coordinamento tra le amministrazioni pubbliche, relativa alla realizzazione di sistemi di Informazione Geografica”, la cosiddetta “Intesa GIS (Geographic Information System)”.

L’atto normativo fondamentale è il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), cui occorre fare riferimento anche per il tema delle SDI. Esso dedica ai dati territoriali digitali uno specifico articolo (il 59), aggiornato ma confermato anche nell’ultima revisione del 2016, che affida all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID):

  • la gestione del Repertorio Nazionale dei Dati Territoriali (RNDT), quale infrastruttura di riferimento per l’erogazione dei servizi di ricerca dei dati territoriali e relativi servizi, e punto di accesso nazionale ai fini dell’attuazione della direttiva INSPIRE per quanto riguarda i metadati;

  • il coordinamento delle attività per la definizione delle regole tecniche per la definizione e l’aggiornamento del contenuto del RNDT e la formazione, la documentazione, lo scambio e il riutilizzo dei dati territoriali detenuti dalle amministrazioni pubbliche.

In questi anni sono state prodotte un numero rilevante di regole tecniche, e altre sono in elaborazione. In particolare sono disponibili le Regole tecniche per la definizione delle specifiche di contenuto dei database geo-topografici” (ufficializzate con il DPCM del 10.11.2011, Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27.2.2012, supplemento n. 37) che definiscono una struttura standard nazionale per la modellazione degli oggetti geografici.

Le competenze acquisite nell’arco di questi vent’anni dalle Amministrazioni Pubbliche (ai diversi livelli), dalle Aziende del settore Geo-ICT, dalle Università e da altri Centri di ricerca interessati alla materia costituiscono un patrimonio – soprattutto se considerato come unitario – veramente ragguardevole rispetto all’esigenza di un’evoluzione della SDI nazionale verso una soluzione certamente più complessa, ma il cui sviluppo è fondamentale per il Sistema Paese.

Nonostante questo quadro positivo, e molte Regioni e Comuni siano impegnati nella realizzazione di database geo-topografici secondo le specifiche nazionali, ancora (troppo) pochi Enti mettono a disposizione e distribuiscono i propri dati territoriali garantendone l’interoperabilità. Inoltre, sebbene l’Italia abbia recepito la Direttiva INSPIRE, è tuttora insufficiente l’impegno per rendere disponibili, attraverso servizi interoperabili, i dati territoriali secondo i regolamenti europei. Come riportato nel nostro articolo dell’agosto scorso, tale condizione è stata puntualmente registrata nel GeoBuiz 2018 Report, che ripropone l’analisi comparativa tra 50 nazioni rispetto al loro grado di maturità e propensione all’utilizzo delle tecnologie geospaziali — espressa in termini di Geospatial Readiness Index (GRI). A fronte di una valutazione assai positiva circa l’adozione di policy sulla materia (l’Italia è segnalata nel gruppo dei Paesi leader), per l’infrastruttura nazionale dei dati geospaziali sono stati rilevati margini di miglioramento in termini di fruibilità di dati “open and free”, di livello di precisione e frequenza degli aggiornamenti delle immagini satellitari e dei tematismi (catasto, topografia, infrastrutture tecnologiche, ecc.), e infine di implementazione di architetture tecnologiche.

In tale contesto, il “Modello strategico di evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione” e le caratteristiche salienti del Sistema Informativo della P.A. cui si vuole tendere (alla base del Piano Triennale per l’Informatica nella P.A. 2017-2019), forniscono elementi fondamentali per accompagnare anche l’evoluzione della formazione della SDI nazionale. Tale modello, il cui schema è riportato in Figura 1, è fortemente orientato a soddisfare i bisogni del cittadino. Elemento riconducibile ai due livelli superiori dello schema – Strumenti per la generazione e diffusione dei servizi digitali ed Ecosistemi di servizi riferiti ad ambiti applicativi – in cui la struttura piramidale dell’Amministrazione pubblica svanisce, anzi (in ottica citizen-centric) si stabilisce la presenza del contributo anche di una componente erogata dal settore privato, variabile in ragione della presenza di questo nei diversi ambiti.

Fig. 1 modello strategico di evoluzione del sistema informativo della PA
(fonte: AgID)

Lo sviluppo degli ecosistemi poggia sulla disponibilità di infrastrutture:

  • immateriali di riferimento nazionale;

  • fisiche, con la realizzazione delle quali si arriverà alla costituzione del cloud di Paese, e si otterrà un efficientamento dei data center, conseguendo economie di scala e un aumento degli standard di sicurezza e cyber security.

È quindi un disegno complessivo e organico dell’evoluzione del Sistema Informativo della P.A., adeguato per essere articolato sui contenuti di ogni Amministrazione – centrale e locale – per beneficiare delle ICT utilizzabili ma con una visione orientata al lungo periodo, avendo identificato un target futuro possibile, raggiungibile e misurabile (nei tempi e nei risultati).

È altresì un modello riferibile ad un sistema di governance multi-scala, possibile grazie:

  • alla disponibilità di regole condivise, perché stabilite attraverso processi cooperativi (come la comunità Designers Italia);

  • al ruolo di coordinamento affidato ad unico soggetto, AgID, inteso anche come compito di servizio a beneficio degli attori del nuovo sistema informativo — all’adozione, quindi, di un approccio abilitante centralizzato attraverso il modello delle application programming interfaces (API);

  • a una decentralizzazione della realizzazione dei servizi, anche con il contributo dei privati, i quali, attraverso il Sistema Pubblico di Connettività (SPC), potranno accedere ad un costituendo ‘Registro delle API’ per realizzare nuovi servizi;

  • alla realizzazione di una interfaccia utente con un elevato grado di usabilità, di semplificazione e di integrazione dei servizi.

Questo modello di sistema informativo della P.A. è un’opportunità per considerare anche l’evoluzione della SDI nazionale. I principi che ne hanno ispirato la formulazione possono essere trasferiti anche nell’ambito del framework geo-spaziale, per superare alcune criticità che rallentano lo sviluppo armonico e razionale delle SDI di livello sub-nazionale, ad esempio il superamento dell’organizzazione basata soltanto in relazione alle suddivisioni istituzionali, soluzione che non sembra più adeguata per rispondere ai bisogni di dati geo-spaziali espressa dalla società.

Il Catasto delle Infrastrutture

Una declinazione estremamente importante di una SDI nazionale riguarda il “Catasto delle Infrastrutture”, prerequisito per la realizzazione di reti avanzate di comunicazione in fibra ottica a banda ultra-larga (BUL) a copertura capillare del Paese — next generation (access) network (NGAN). L’accesso alla Rete è prerequisito per un equal level playing field, l’uguaglianza degli individui nell’accesso ai saperi e alle opportunità di sviluppo, e di conseguenza per l’esercizio dei diritti e della partecipazione democratica. È pertanto cruciale promuovere l’infrastrutturazione a banda (ultra) larga del Paese, come peraltro previsto dagli obiettivi dell’Agenda Digitale per il 2020 – 100% della popolazione coperta a 30 Mbps, con il 50% di abbonati a 100 Mbps. I costi dei lavori civili di scavo e installazione delle infrastrutture a banda ultralarga costituiscono però la maggior parte del costo totale e sono pertanto un serio ostacolo all’implementazione delle reti di nuova generazione. Esistono, tuttavia, infrastrutture poco o non utilizzate che potrebbero essere adatte a realizzare reti in fibra ottica senza necessità di nuovi scavi come dotti per acqua, elettricità, gas, ecc. Una mappatura dettagliata (a livello “fisico”) delle infrastrutture disponibili nel territorio permetterebbe di evitarne la duplicazione. Un tale registro delle infrastrutture costituirebbe quindi uno strumento di informazione geo-referenziato, basato su software GIS, che consentirebbe di pianificare e facilitare lo sviluppo di reti ultrabroadband, ed aumentare trasparenza e efficienza delle infrastrutture nazionali, riducendone sensibilmente i costi (20-30%, secondo i piani governativi). Al contrario, la mancanza di un dettagliato “catasto elettronico” delle infrastrutture tecnologiche, cioè di una mappa dettagliata delle reti esistenti (sopra-sottosuolo), non solo impedirebbe un’adeguata pianificazione dei lavori di posa della rete in fibra ottica mediante il riutilizzo di condutture esistenti, ma priverebbe il Paese dello strumento fondamentale per la gestione efficiente ed efficace delle proprie infrastrutture nel tempo, e la pianificazione e gestione delle attività riguardanti il sotto-suolo e il sopra-suolo, attraverso il coordinamento tra Enti Locali e operatori del settore.

Allo scopo di realizzare un tale catasto elettronico, è stato approvato il Decreto Ministeriale (GU Serie Generale n.139, 16 giugno 2016) che istituisce, a cura del MISE, il Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI), a tutti gli effetti una Spatial Data Infrastructure “tematica”, parte della SDI nazionale.

Lo sviluppo del SINFI e il suo popolamento prevede l’impegno di vari attori, pubblici, privati e rappresentativi del settore no-profit, con conseguente necessità di modalità cooperative tra i soggetti coinvolti. Dato il rilevante numero di player nelle comunicazioni elettroniche (operatori piccoli e grandi, gestori delle varie utilities, Comuni, Enti Locali, …) e le procedure di popolazione del database SINFI non di immediata comprensione e attuazione da parte di molti piccoli e medi operatori, il SINFI non è stato ancora completato, suggerendo l’opportunità di (ri)esaminarne le procedure, e prevedere strumenti di supporto e assistenza agli attori meno esperti, onde facilitarne il rispetto degli adempimenti da porre in atto.

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Gli autori condividono la partecipazione a due Associazioni impegnate da alcuni anni nella promozione della Geo-ICT e la valorizzazione dei dati geospaziali: Stati Generali dell’Innovazione (SGI) e Automated Mapping/Facility Management GIS Italia (AM/FM GIS). FULVIO ANANASSO. Ingegnere elettronico, ha ricoperto varie posizioni manageriali nell'industria e nei servizi -- Direttore Marketing e Regolamenti Internazionali, Dir. Studi, Direttore Iridium Program Office, DG/AD di Iridium Italia (società del gruppo Telecom Italia per la resa di servizi Iridium in Europa e Sud America). E’ stato Professore Associato all’Università di Roma-Tor Vergata dal 1987 al 1990 e DG Studi AGCOM dal 2007 al 2012. Dal 2013 è imprenditore e mentore di iniziative ICT-driven, curando formazione imprenditoriale e open innovation per lo sviluppo e accelerazione di startup e piccole-medie imprese (PMI). Ha 40+ anni di esperienza nelle telecomunicazioni / ICT - general management, negoziati e operazioni internazionali, innovazione e trasferimento tecnologico, marketing, promozione e sviluppo business, … -, con copertura di aspetti tecnologici, giuridici e socio-economici. E’ Presidente degli Stati Generali dell’Innovazione, Consigliere del Club dei Dirigenti Tecnologie dell’Informazione di Roma e socio di AM/FM GIS Italia. SERGIO FARRUGGIA. Laurea in Fisica, è consulente Geo-ICT. Collabora a progetti nazionali ed europei inerenti: Geographic Information, Spatial Data Infrastructure, GIS. In precedenza, dirigente responsabile del Sistema Informativo Territoriale del Comune di Genova, dal 1995 al 2007. Membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Geographic Information Systems International Group (GISIG), dal 1996 e, dal 2014, in rappresentanza di ANCI, membro del GdL8 “Reti di Sottoservizi” e GdL 2 “DB geotopografici”, promossi dall’Agenzia per l’Italia Digitale, AgID. Attualmente è v-presidente di SGI e Segretario Generale di AM/FM GIS. MONICA SEBILLO. PhD, professore associato di Ingegneria Informatica, afferisce al Dipartimento di Informatica dell’Università di Salerno. E’ responsabile scientifico del laboratorio GIS dove è tutor di tirocini formativi e relatore di tesi di laurea e di dottorato. Svolge attività didattica per i corsi di laurea in Informatica. I suoi interessi scientifici includono: i database spaziali, i sistemi informativi geografici e la Human-GIS interaction. È iscritta all'albo degli esperti per il MISE e per il MIUR. E’ ACM senior member, Segretario ASITA, Presidente AM/FM GIS e socio SGI. E’ membro di comitati di programma di conferenze internazionali ed è responsabile scientifico di progetti e convenzioni con aziende ed enti pubblici. E’ autrice di oltre 100 pubblicazioni.

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