Come cambia il giornalismo culturale e non: intervista a Lella Mazzoli

Le parole della cultura. Proprio le parole che oggi sono a volte svuotate di significato sono protagoniste della sesta edizione del Festival del giornalismo culturale, che si tiene dal 25 al 28 ottobre a Urbino, Pesaro e Fano. “Abbiamo a disposizione un vocabolario che si rinnova – afferma Lella Mazzoli, organizzatrice del festival e direttrice dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino- e cercheremo di riflettere su cosa accade all’informazione culturale e alla sua comunicazione attraverso i vari media“.

Il Festival si aprirà a Urbino giovedì 25 ottobre nel Salone del Trono di Palazzo Ducale con la Lectio di Nicola Lagioia, scrittore Premio Strega e direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino. A seguire la presentazione dei dati della ricerca dell’Osservatorio News-Italia Come si informano gli italiani. Pubblici, media, prodotti culturali, introdotta da Lella Mazzoli, che ha risposto a qualche domanda per dare una anteprima dei contenuti presentati nei prossimi giorni.

Qual è il futuro del giornalismo culturale?

Bisognerebbe chiedersi qual è il futuro del giornalismo. Io alla informazione credo molto e credo che una società senza giornalismo sia una società povera, non democratica, senza un futuro. Questo è ovviamente vero anche per l’informazione culturale. Anzi aggiungo che la cultura, i saperi assieme all’informazione rendono un Paese più ricco, anche economicamente.

È però importante che si rifletta su come la professione del giornalista cambi. È già cambiata. Tanti sono gli strumenti per fare informazione, tanti sono gli strumenti che la gente usa per essere informati. Ciò significa che fare questa professione vuol dire avere conoscenza e competenza dell’innovazione. Per non avere paura della tecnologia, ma conoscerla.

Intelligenza artificiale, IoT, social networking devono essere delle opportunità anche per chi fa informazione e nello specifico informazione culturale. Quindi penso a che queste innovazioni possano essere a supporto di una professione più contemporanea che guardi all’integrazione e non all’esclusione.

Quali i risultati più interessanti della ricerca sul come si informano gli italiani? Quale la differenza con altri Paesi?

 La ricerca su come si informano gli italiani dell’osservatorio NEWS-ITALIA è condotta da un team di ricerca dell’Università di Urbino Carlo Bo e monitora, dal 2010, a periodicità annuale, le trasformazioni dell’ecosistema dell’informazione nel nostro Paese, focalizzandosi su alcune tendenze emergenti nel panorama mediale connesse alle nuove pratiche di consumo.

Nella rilevazione 2018 è possibile osservare almeno due tendenze nette: in primis, il costante calo nella percentuale di italiani che dichiarano di informarsi sfogliando le pagine dei quotidiani cartacei nazionali, compensato dalla stabilità del quotidiano locale; in secondo luogo, quest’anno Internet ha subito una battuta d’arresto per quanto riguarda l’informazione. A questo rallentamento fisiologico del trend dovuto allo stabilizzarsi della penetrazione del mezzo nella nostra società si aggiunge l’effetto deterrente delle polemiche legate alle “fake-news”.

Guardare la televisione riveste ancora un ruolo centrale per l’informazione, il dispositivo invece non è più il fulcro dell’ambiente domestico e del tempo libero. I contenuti televisivi si frammentano in momenti di visione in differita rispetto al palinsesto e su dispositivi diversi, più piccoli e portatili (pc, smartphone o tablet).

Oltre a monitorare come si informano gli italiani in generale, l’osservatorio si occupa anche di rilevare i comportamenti di consumo di informazione culturale.

Per quanto riguarda l’informazione culturale, i prodotti mainstream e tradizionali si affiancano a fonti più specializzate: da un lato, per arte a patrimonio culturale troviamo tra i più citati i documentari in tv, Superquark, Ulisse Il piacere della scoperta, Geo&Geo oppure le riviste settimanali come Tv Sorrisi e Canzoni per cinema e serie tv, dall’altro troviamo invece siti web specializzati in recensioni, come Coming Soon e MYmovies oppure portali dove acquistare biglietti per quanto riguarda musica e concerti, ad esempio Ticketone.

In linea con le tendenze degli anni passati, anche dalla rilevazione di quest’anno emerge che non il rapporto fra pubblico ed editori/produttori di contenuti tende a essere piuttosto disfasico, rivelando una scarsa attenzione alle richieste dei pubblici da parte di coloro che fanno informazione.

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