Prada, le accuse di razzismo e la non-gestione della crisi sui social

New York, quartiere SoHo. Nel cuore del “quadrilatero della moda” newyorchese, un negozio di Prada allestisce le proprie vetrine con delle statuine che ricordano in modo piuttosto inequivocabile quelle caricature delle persone di colore tipiche del blackface, particolarmente popolare negli Stati Uniti – e non solo – tra Ottocento e Novecento. Qualcuno nota quelle statuine e ne scrive sui propri profili social. Si innesca quindi una polemica che non riguarda solo quel negozio o gli store Prada su territorio statunitense, ma che investe l’intero brand su scala globale. Benvenuti nell’era dei social media.

Più nello specifico, a notare quelle statuine è stata Chinyere Ezie, noto avvocato newyorchese attivista per i diritti civili e la giustizia sociale, che ha pubblicato un vibrante post sul suo profilo Facebook dopo essere entrata nello store di Prada con un collega. La Ezie avrebbe anche chiesto a un commesso se il personale del negozio si fosse reso conto di quanto fossero offensive e stereotipate quelle statuette ma, a quanto pare, si sarebbe sentita rispondere che «un commesso di colore si era lamentato» ma che «non lavorava più in quel negozio».

 

Il post di Chinyere Ezie diventa immediatamente virale, e nel giro di 48 ore le foto delle vetrine di Prada con le statuine e l’allestimento blackface fanno il giro del mondo, mentre verso la maison di moda non soltanto si comincia a puntare il dito contro tanto cattivo gusto, ma piovono vere e proprie accuse di razzismo.

La cosa potrebbe anche finire qua, e per Prada sarebbe già una bella gatta da pelare: nessun brand vorrebbe mai avere a che fare con delle accuse di razzismo, lo sanno bene – tanto per restare in tema di maison – anche Stefano Gabbana e Domenico Dolce. Ma a peggiorare le cose, qui, c’è anche una gestione piuttosto opinabile della crisi da parte di Prada, per lo meno sui social network.

Prada, che su Facebook ha un’unica pagina globale – a differenza di molti altri brand che hanno una pagina gestita localmente per ogni Paese in cui il marchio è presente – si è affrettata a pubblicare un post in cui si spiega che quel particolare allestimento nel negozio di SoHo era stato pensato per il lancio dei Pradamalia, una serie di charms da appendere come ornamento alle borse o ai portachiavi. Questi oggettini, come si può vedere anche nelle foto pubblicate dalla Ezie, sono molto simili alle figure esposte come allestimento della vetrina. Tuttavia, il Gruppo Prada ha sottolineato che si trattava di «creature immaginarie» che non volevano fare riferimento a nessun elemento nel mondo reale «e certamente non al blackface». In ogni caso, nonostante non ci fosse «nessuna intenzione di offendere nessuno» e poiché Prada «considera ripugnante ogni forma di razzismo», stando alle dichiarazioni della maison, gli oggetti in questione sarebbero stati ritirati.

prada razzismo
facebook.com/Prada

Peccato però che il comunicato di Prada, pubblicato a una manciata di ore dallo scoppio della polemica, non sia stato “fissato” sulla pagina Facebook come post in evidenza, e che la pubblicazione dei post sulla pagina sia andata avanti come se nulla fosse. Così, nel giro di ventiquattr’ore, il post è “scivolato in basso” perdendo completamente la propria visibilità. Il risultato? Tutti gli utenti che vanno sulla pagina di Prada non trovano nessun segno immediato delle dichiarazioni del brand in merito alla vicenda, come se l’intera faccenda non fosse nemmeno stata presa in considerazione dalla maison.

Non è migliore la situazione sul profilo Instagram di Prada, dove addirittura il comunicato non è nemmeno stato pubblicato. In entrambi i casi, le conseguenze sono le stesse: i post delle pagine vengono indistintamente presi d’assalto dagli utenti che – in toni più o meno urbani – vogliono esprimere il proprio dissenso contro la “trovata” della maison milanese.

Difficile dire se questa comunicazione piuttosto scialba sia frutto di una certa inesperienza nella gestione delle crisi d’immagine sul web o se si tratti di una strategia di Prada per cercare di liquidare il più presto possibile la faccenda. Certo è che mai nessun brand è riuscito a cavarsi d’impaccio – né tantomeno a scrollarsi di dosso le accuse di razzismo – facendo finta di niente sui social. E, comunque siano andate le cose, Prada dovrà vedersela con una crisi d’immagine che ancora resta sospesa, nonostante le dichiarazioni dei suoi vertici.

Lesson Learned: Sui social media non puoi pensare di poter nascondere la polvere sotto al tappeto: quando devi difenderti o chiedere scusa, fai in modo che tutti lo sappiano.

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