È veramente necessario assumere un Growth Hacker?

Quella del Growth Hacker è una professione nata ormai da qualche anno. Fin da quando ha iniziato a far parlare di sé dagli Stati Uniti a quando è arrivata a Londra e nel resto del mondo si è contraddistinta per l’hype, ossia per il fatto che tutti la considerassero come l’ultima grande scoperta di chi fa marketing.

E certo, sono ovviamente d’accordo, anche io mi occupo di Growth Hacking e se avete già letto questa rubrica, avrete visto il mio sforzo per spiegarvi in più occasioni perché anche io considero il growth hacking l’innovazione nel mondo del marketing. Avrete ormai anche capito che, di misterioso o di magico in realtà non c’è quasi nulla. Per comodità, potremo inserire il tutto in una formula che di magico non avrebbe nulla, solo la combinazione di una spiccata conoscenza del marketing, di canali e campagne pubblicitarie e un pizzico di dati, correlata a una continua analisi degli utenti e del loro comportamento secondo un approccio creativo e sperimentale.

E fin qui potrei anche essere d’accordo, viene considerato alla stregua di un professionista di marketing digitale, ma, più o meno ci siamo. In realtà c’è un problema perché quello che fa il growth hacker secondo questo primo paragrafo del Sole 24 Ore è esattamente la stessa cosa di chi fa marketing nel mondo online. C’è qualcosa in più, speriamo venga detto in seguito? Se continuiamo a leggere scopriremo che non è così.

Nonostante il fatto che ormai da anni si parli in questo modo, cercando di farsi spazio tra fraintendimenti e percezioni sbagliate, le fonti autorevoli che guardano a questa metodologia e quindi a questa professione non diminuiscono. E fin qua non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che descrizioni superficiali alimentano ancora di più la confusione.

L’ultima di queste è uscita su Il Sole 24 Ore qualche tempo fa in un articolo volto a inquadrare le posizioni lavorative con gli stipendi più alti tra le quali viene inserita anche la figura del growth hacker. Viene definito come “un esperto dell’area digital, in grado di comprendere ed applicare le strategie di prezzo, capace di attivare una strategia di copywriting persuasivo, che conosce i vantaggi dell’outbound e dell’inbound marketing.” E fin qua potrei anche essere d’accordo, viene considerato alla strega di un professionista di marketing digitale ma più o meno ci siamo. Quello che fa il growth hacker secondo questo primo paragrafo del Sole 24 Ore è esattamente la stessa cosa di chi fa marketing nel mondo online. Ni, c’è qualcosa in più, speriamo venga detto in seguito. Se continuate a leggere scoprirete che non è così.

La definizione continua con: “Il growth hacker è anche un designer che sa comprendere le logiche di esperienza d’acquisto. Allo stesso tempo, però, è anche un analista di mercato che sa combinare i diversi canali, sa gestire campagne pubblicitarie e, infine, è anche un programmatore che sa applicare i principi di automazione e che conosce gli strumenti e le tecnologie.”

Vi lascio immaginare i commenti sarcastici che sono usciti da questa seconda parte che, oltre a mettere sul piatto moltissimi elementi in modo confuso e poco pertinente, non si focalizza sulle differenze tra growth hacking e marketing. Anzi, quest’ultima descrizione non è nemmeno tanto realistica, considerando il fatto che in una giornata ci possono essere 8, massimo 10 ore da dedicare al lavoro e da soli sarebbe impossibile gestire tutti questi aspetti. Mi aggiungo alla risatina di chi ha da sempre criticato questa metodologia e ha letto la definizione confusionaria dell’articolo del Sole 24 Ore, perché messa così non ha nessun senso. Grazie, peccato che questi articoli non siano utili a fare chiarezza in un panorama, quello digitale italiano, oggetto di critiche continue e poco costruttive, in un mondo, quello internazionale, che lascia l’Italia indietro per la mancanza di figure davvero specializzate in questo nuovo mondo.

Perché assumere un Growth Hacker?

Prendete la definizione del Sole 24 Ore e buttatela, per cortesia. Se proprio volete, tenete la prima parte ma la seconda è da cestinare in toto. Il Growth Hacker non è un alieno onniscente in grado di conoscere e gestire qualsiasi cosa. Anzi, vi dirò di più: assumerne uno, anche se lo trovate con queste fantomatiche caratteristiche, non vi darà la garanzia di crescere velocemente liberandovi da ogni preoccupazione. Questo è semplicemente il racconto che è stato costruito attorno da chi non ne sa molto, il Growth Hacker non è un super eroe che conosce tutto.

Il lavoro del Growth Hacker non è fine a se stesso e soprattutto non viene fatto in autonomia. Inizia da voi, dal vostro prodotto e dalla vostra azienda e continua collaborando in un team multifunzionale che mette assieme chi fa growth e i designer, i programmatori e altri specialisti.
L’ho scritto più volte in Startup Marketing e mi ripeterò anche qui, ma se il vostro prodotto o la vostra idea di business non sono state testate oppure non funzionano bene come dovrebbero, oppure ancora avete un budget esiguo e sperate di assumere una persona sola invece di cinque vi do un consiglio da amica: andate a farvi un viaggio in Messico, almeno vedrete la vostra barca affondare da una spiaggia di cipria bianca e farà meno male. Assumere un Growth Hacker non vi aiuterà. Non vi farà crescere, anzi, correrete il rischio di rimettere in discussione tutto il lavoro che avete fatto fino a ora oltre a dover pagarlo perché vi dica dove avete sbagliato. Lasciate perdere se non volete cambiare la vostra idea. Fallirete tra qualche anno, non c’è speranza. Vi do un secondo consiglio da amica: andate a farvi un viaggio in Messico, almeno vedrete la vostra barca affondare da una spiaggia di cipria bianca e farà meno male. Assumere un Growth Hacker non vi aiuterà.

Il Growth Hacker mette assieme dati, utenti e prodotto sperimentando e testando nuove idee per combinare utenti, metriche e obiettivi di business. Considererà nuovi canali di marketing digitale su cui sperimentare nuove idee oppure analizzerà gli insight ottenuti fino a quel momento per farvi capire come migliorare lo sforzo fatto. Sperimenterà sul copywriting, sul design, sulla tecnologia ma non lo farà da solo chiuso nel suo ufficio anni luce distante da voi, perché appunto non è un supereroe, serve un team, risorse e persone.
Se il vostro prodotto non funziona, per cortesia, non convinceteci che in realtà è un semplice bug sul quale state lavorando.

Si tratta di un professionista non di un smanettone che sa bene quali manopole girare in piattaforme, app ed e-commerce per aiutarvi a trovare la vostra formula, quella che riuscirà a farvi ottenere il successo. Non si fanno le cose a caso, cioè sì lo fa chi non sa fare il Growth Hacker ma quella è un’altra storia.

Ricordatevi, il successo non si basa su una formula, si basa su un progetto di business costruito su basi solide. Il mondo è cambiato da quando è arrivato internet sì, lasciandoci tutti in un turbine confusionario che continua a cambiare molto velocemente, lasciandoci attoniti, spesso confusi, ma non è l’utilizzo di nuove parole che ci farà avere maggiori certezze sulla direzione da prendere.
Seguitemi in questo pensiero che ho condiviso con un imprenditore in uno degli ultimi voli fatti per rientrare a Londra dopo un workshop in Italia. Rispetto al passato non è cambiato “il cosa” ma “il come” e non vi servirà assumere una persona,  potete cercare di capire da soli qual è il significato di questo “come”. Poi, potete certo assumere un Growth Hacker per aiutarvi a declinare questo “come” nel modo più veloce e importante per la crescita del vostro business, ma siete sicuri farà il lavoro al posto vostro?

Iniziamo davvero a pensare a questo quando parliamo di Growth Hacking e lasciamo tutto il resto a chi vuole solamente imparare parole nuove.

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