Sostenibilità e digitale, una rivoluzione per il futuro delle aziende: intervista a Marzio Bonelli

Favorire un modello di leadership diffusa, diffondere a tutti i livelli una cultura su sostenibilità e digitale e sviluppare nuove competenze digitali. Questa la strada, per le imprese, per governare un cambiamento disruptive come quello della Sostenibilità Digitale: lo spiega Marzio Bonelli, Direttore Information Technology di Metropolitana Milanese SPA

Dalla Dichiarazione di Rio all’Agenda 2030 è passato quasi un quarto di secolo, un periodo sufficientemente lungo per attendersi un significativo passo in avanti nel percorso verso la sostenibilità. Le cose purtroppo stanno andando molto diversamente, tanto che la Generazione Z accusa le generazioni precedenti di essere state dei pessimi ‘custodi’ di un pianeta che non ha risorse infinite. Non solo: soprattutto nei Paesi emergenti, c’è la convinzione che la sostenibilità ambientale sia in contrasto con la crescita, e che lo sviluppo sostenibile venga sbandierato dai Paesi industrializzati con lo scopo di mantenere l’egemonia economica a livello mondiale”. Insomma, c’è ancora molto da fare sul campo della sostenibilità secondo Marzio Bonelli, Direttore Information Technology di Metropolitana Milanese SPA – società creata dal Comune di Milano nel 1955 per progettare e costruire le prime linee metropolitane, e che da allora ha partecipato alla realizzazione e la gestione delle principali infrastrutture della città – e nostro nuovo ospite per la rubrica Sustainability Talk: convinto sostenitore del fatto che la trasformazione digitale consapevole rappresenti un elemento ineludibile per lo sviluppo sostenibile, il suo è un percorso professionale vissuto all’interno dell’Information Technology, dove ha ricoperto progressivamente ruoli crescenti di responsabilità. Nel corso della sua carriera ha lavorato in importanti aziende nei settori Energy & Utilities; dal 2019, ricopre il ruolo di Direttore IT di MM S.p.A.

La sostenibilità, una rivoluzione culturale

Guardando specificatamente alle imprese, la situazione non sembra essere migliore. “A distanza di anni, il livello medio di consapevolezza del management delle aziende non è ancora sufficiente. Nella maggioranza dei casi il concetto di sostenibilità è circoscritto all’ambiente, trascurando le altrettanto importanti dimensioni sociali ed economiche. Le grandi aziende, che hanno maggiori capacità di investimenti, hanno fatto i maggiori progressi, ma la strada è comunque ancora lunga”.

Tuttavia, quello dell’acquisizione di una piena consapevolezza sulle tematiche della sostenibilità è un percorso che deve essere intrapreso con decisione perché, come ha spiegato Marzio Bonelli, in un contesto nel quale il concetto di valore è strettamente correlato alla redditività economia ed al profitto, i principi dello sviluppo sostenibile sono una vera e propria rivoluzione culturale, che non riguarda solo le nazioni o le aziende, ma coinvolge tutte le persone. “Ed è proprio sulle persone che bisogna lavorare ed investire: è la singola persona che, con i suoi valori ed i suoi comportamenti, può da un lato essere promotrice di questo cambiamento, e dall’altro trascinare con l’esempio tutti coloro che sono invece più restii”.

Per intraprendere questo fondamentale percorso di cambiamento culturale, che rappresenta di fatto la base dalla quale partire per sviluppare una diffusa consapevolezza del concetto della sostenibilità, nonché della sua importanza, secondo Marzio Bonelli è necessario agire – in parallelo – su due fronti. “Innanzitutto si deve partire dalla scuola, dalla primaria agli atenei, con dei percorsi formativi specifici, basati su percorsi cognitivi, induttivi ed esperenziali, in grado di costruire una sensibilità diffusa sui temi della sostenibilità: quello del ‘Sustainability by design’ è un paradigma che le nuove generazioni potranno portare nel mondo del lavoro”. Contestualmente, serve un impegno da parte delle aziende: “sebbene soprattutto nelle medie e grandi aziende siano stati fatti dei passi in avanti, in particolare nel settore ambientale, è necessario che nella catena del valore l’Agenda 2030 sia un punto di riferimento ineludibile, dalla definizione della strategia alla sua attuazione. Non solo, le azioni devono essere accompagnate da una serie di azioni formative, mirate e continue, finalizzate a sensibilizzare l’intera forza lavoro su questi temi”.

Sul lato aziende, inoltre, secondo Marzio Bonelli è importante la costruzione ed il mantenimento di un sistema di misura in grado di definire dei KPI significativi, misurarli in modo oggettivo e con cui confrontarsi frequentemente. Questi KPI devono guardare a tutte e tre le dimensioni della sostenibilità e, proprio per questo motivo, la loro definizione non è semplice, soprattutto per quelli sulla dimensione sociale: “se quelli economici sono chiari agli addetti ai lavori, e in buona misura quelli ambientali, i KPI che riguardano la dimensione sociale sono quelli più difficili da definire e misurare. Inclusione, work life balance, sono aspetti molto soggettivi che trovano maggiori difficoltà quando si tratta di tradurli in indicatori misurabili nella catena del valore”.

Il digitale, un fenomeno democratico e rivoluzionario (per la sostenibilità)

Le tecnologie digitali costituiscono un fattore abilitante decisivo per conseguire gli obiettivi di sostenibilità”. Di questo è fermamente convinto Marzio Bonelli, spiegando il valore che queste possono ricoprire per le imprese, per le quali le tecnologie “costituiscono una vera e propria rivoluzione, perché se adottate in modo virtuoso mettono nelle condizioni di trasformare in modo più efficiente ed efficace il modello di business, con risvolti positivi a livello ambientale, sociale ed economico”.

Per adottarle in modo virtuoso però, specifica Marzio Bonelli, e dunque per far sì che il digitale possa rappresentare un fattore centrale e determinante per lo sviluppo sostenibile, è necessario che anch’esso sia concepito e realizzato in modo sostenibile: insomma, il digitale per la sostenibilità ha come precondizione un digitale sostenibile. Ed è in questo modo che si possono sfruttare i benefici offerti da uno strumento che però, in quanto tale, è neutro: “è ancora una volta compito delle persone cogliere queste potenzialità e trasformarle in opportunità. In questo senso, non basta conoscere le nuove tecnologie, occorre immaginarsi nuovi modi di lavorare, dismettere processi di lavoro validi nel mondo tradizionale e promuoverne dei nuovi abilitati dal digitale. E questa non è una prerogativa del management o di poche persone”.

Serve infatti partecipazione, coinvolgimento di tutte le persone che operano nel contesto dell’azienda, per sprigionare tutto il potenziale degli strumenti digitali. “Bisogna superare le tradizionali metodologie: le tecniche di design thinking, idea generation, l’onboarding di nuove tecnologie, permettono di liberare un potenziale enorme di energie che fanno sentire le persone protagoniste e non semplici comparse della trasformazione, coinvolgendo con il loro entusiasmo quelle persone che, per loro natura, vivono il cambiamento con ansia. Da questo punto di vista, il digitale è un fenomeno democratico e rivoluzionario, perché è coinvolgente e non rispetta le gerarchie: proprio per questo ha bisogno di una nuova governance che esca dagli schemi tradizionali”.

Che sia la dimensione ambientale, economica o sociale, le nuove tecnologie possono dunque generare enormi benefici per la sostenibilità. “L’applicazione di tecnologie come l’IoT, i Big Data, gli Analytics, l’Intelligenza Artificiale, il Machine Learning, permettono di raccogliere ed elaborare grandi moli di dati con lo scopo di comprendere dei fenomeni fino ad ora sconosciuti e sviluppare nuovi servizi. La robotizzazione e il digital twin possono eliminare lavori inutili o pericolosi aumentando il livello di sicurezza sul lavoro. Il Cloud permette la delocalizzazione delle attività lavorative migliorando la qualità della vita e riducendo le emissioni determinate dagli spostamenti. Inoltre, la spinta verso il digitale permette una maggiore inclusione: alcune attività in campo, infatti, supportate da una adeguata sensoristica, possono essere spostate in ufficio, facendo sì che possano essere realizzate anche da persone che sul campo non avrebbero potuto svolgerle”. Insomma, un impatto totale ed a 360 gradi sulla sostenibilità nel suo complesso.

La Sostenibilità Digitale: governare un cambiamento disruptive

Quello della sostenibilità digitale, secondo Marzio Bonelli, è quindi un cambiamento disruptive che le aziende devono imparare a governare. Questo richiede però un importante trasformazione, che rende necessario per le aziende l’agire su più fronti. “Per prima cosa è necessario intervenire a livello organizzativo e favorire un modello di leadership diffusa. La sostenibilità digitale, come l’innovazione digitale, è un processo aperto che vede la partecipazione delle principali funzioni aziendali. La traduzione della strategia in obiettivi sostenibili deve nascere da un comitato di decision maker che mettono a fattor comune le idee, cercando soluzioni condivise, evitando così l’effetto ‘torre d’avorio’, staccata dalla realtà aziendale, tipica di una struttura dedicata”.

Ma l’aspetto culturale, come già evidenziato da Marzio Bonelli, è essenziale: per questo motivo, un’altra azione da intraprendere è quella di “favorire a tutti i livelli la cultura della sostenibilità digitale. Per fare ciò bisogna partire da una indagine sulla readiness di tutti i dipendenti in relazione ai temi di sostenibilità e innovazione digitale. Dovranno essere studiati necessariamente dei percorsi di formazione e sensibilizzazione personalizzati in funzione dei cluster rilevati”.

Infine, non certo per importanza, bisognerà poi sviluppare nuove competenze digitali nelle aziende, necessarie in questo contesto di cambiamento. “Innovation manager, Digital Champions, Data scientist, esperti di Cybersecurity, sono solo alcune delle figure professionali di cui le aziende si dovranno dotare. Credo sia importante che queste figure vengano sviluppate all’interno delle aziende, perché non basta, ad esempio, avere degli esperti Data scientist, ma è anche importante che questi ultimi conoscano molto bene il business ed il contesto in cui poi dovranno agire. È auspicabile, inoltre, che una parte del PNRR destinato alla trasformazione digitale del Paese venga utilizzato per formare nuove figure professionali e promuovere la cultura del digitale, ancora una volta, a partire dalla scuola”.

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