“La fatica che le piccole cooperative fanno per trasformarsi digitalmente può essere alleviata lavorando insieme, facendo squadra e costruendo progetti di filiera. Oggi più che mai è necessario uscire dalla logica individuale e riscoprire l’importanza del costruire partnership, e in questo il ruolo delle associazioni di categoria è fondamentale”. Questo uno dei requisiti indispensabili per la sopravvivenza delle piccole e medie cooperative secondo Danilo d’Elia, amministratore delegato di Node Coop, società di consulenza del sistema Confcooperative che si occupa di erogare servizi IT specializzati per le imprese aderenti.
“Le associazioni – continua – devono fare un salto in avanti, impegnandosi in prima persona nell’aiutare gli imprenditori a comprendere l’importanza del digitale. Per farlo, devono passare dall’essere spettatori a promotori della trasformazione digitale, azione che spesso viene compiuta dalle imprese fornitrici di servizi IT, che non godono certo della stessa fiducia di cui gode una organizzazione”.
Nell’innovarsi c’è un tema legato alla dimensione delle cooperative? Perché le imprese di piccole e medie dimensione fanno fatica?
Dal mio osservatorio posso dire che le grandi cooperative e le startup, che partono con idee innovative e grande apertura mentale, sono già al passo con il mondo che cambia. Nel mezzo ci sono tante cooperative che faticano, non tanto perché non abbiano risorse sufficienti da investire, quanto perché a volte non percepiscono il bisogno di innovare e, spesso, non hanno il tempo materiale da dedicare a individuare una strategia di trasformazione. I limiti sono culturali e organizzativi. Per i primi, come associazione di categoria si può fare molto attraverso la promozione di momenti di informazione e formazione, mentre per i secondi c’è bisogno di accompagnamento. Purtroppo le misure previste dal Governo non sono sufficienti a supportare le PMI.
Quale una possibile misura da attivare per supportare la digital transformation delle coop di più piccola dimensione?
Gli aiuti previsti finora a sostegno delle imprese, come il piano impresa 4.0, hanno sicuramente il vantaggio di aver acceso un faro sul tema della trasformazione digitale e di aver messo risorse finanziarie a disposizione, ma alcune misure, come l’iperammortammento e il sostegno a ricerca e sviluppo tramite i crediti di imposta, non sono certo pensate per le piccole realtà. Anche con i Punti Impresa Digitale si può avere una forma di sostegno, ma serve un cambio di mentalità. E’ inutile finanziare dieci piattaforme e-commerce, tanto per fare un esempio: nessuna di queste, infatti, potrà competere con le grandi, mentre se si lavora su un progetto di filiera e si costruisce una piattaforma cooperativa, dove i soci beneficiano di uno strumento comune, la differenza sarà tangibile. Occorre convogliare le risorse su progetti di rete, costruendo vere piattaforme cooperative dove si condividono proprietà, processi e lavoro. Queste possono essere motori sia per rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro (come per esempio gig economy, riders, ecc.) ma anche per riformare in senso più ampio il modello cooperativo, che vede nella partecipazione e nella condivisione della base sociale suoi valori fondanti. Una grande fatica, certamente, ma l’unica di valore che si possa immaginare.
Come Confcooperative sostiene la digital transformation?
Molto si sta lavorando, attraverso l’organizzazione di seminari e corsi, sulla sensibilizzazione sul tema, sia con le strutture interne all’associazione che con quelle territoriali, che sono più a stretto contatto con le coop e possono contribuire a far crescere una cultura dell’innovazione. Stiamo poi pensando a come introdurre nei modelli di servizio la figura del Temporary Manager digitale, una risorsa da poter condividere tra più cooperative che non possono permettersi singolarmente un IT manager, e che possa supportarle nei processi di digital transformation.
Quali i possibili interventi del Governo a sostegno dell’innovazione?
Ritengo che più che contributi in conto esercizio siano necessari contributi in conto capitale, in grado di sostenere le imprese per periodi più lunghi, necessari a trasformarsi. Servirebbe un soggetto pubblico o pubblico-privato che possa co-investire con l’impresa, partecipando alla sua gestione. Il finanziamento senza partecipazione e contribuzione a sviluppare e indirizzare l’idea purtroppo non funziona più.
Quali le tecnologie che hanno cambiato il modo di lavorare in coop?
Il digitale impatta su tutte le imprese, anche se molto dipende dai settori di attività: per esempio la logistica e l’agricoltura stanno sperimentando l’importanza di Big Data e IoT. E quando non lo fanno cominciano a risentirne in termine di competitività. Il settore socio-sanitario e assistenziale avrebbe innumerevoli opportunità dallo sperimentare per esempio telemedicina e assistenza da remoto, anche se qui c’è bisogno che il pubblico traini la trasformazione con progetti concreti. Diverse cooperative, poi, iniziano a guardare con interesse alla tecnologia BlockChain, in parte perché di moda, ma che se utilizzata con la giusta consapevolezza e conoscenza potrebbe davvero portare vantaggi importanti in diversi settori dove è fondamentale dare certezza e trasparenza ai processi, e penso in particolare alla sanità.
La partita con grandi piattaforme gestite da grandi player è ormai persa o ci sono ancora speranze?
Siamo vicini al punto di non ritorno: le persone usano le grandi piattaforme, come per esempio Booking, perché le trovano comode, facili e soprattutto perché le ritengono convenienti, cosa non sempre vera. Le cooperative non devono certo restare inermi a guardare: devono organizzarsi, unirsi, fare vera cooperazione tra loro. Non è un processo banale, ma è l’unico possibile per non cedere mercato ai grandi player dell’IT e soprattutto per ritrovare il valore della comunità e quindi della persona.
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