Sembrava un EpicFail, invece era GreenWashing

I grandi brand che comunicano se stessi sui social media devono sapersi inserire nelle grandi discussioni globali che avvengono sul web e interpretare i trend del momento. Che si tratti del meme sul finale della serie tv più vista di Netflix o dei grandi temi internazionali il risultato finale non cambia poi così tanto: non mettere il proprio brand all’interno della discussione significa rinunciare a una buona fetta di visibilità.

Ma se il tema di cui parlano tutti è l’ambiente? Mettere in campo azioni concrete per ridurre l’impatto ambientale di una grande azienda – indipendentemente dal suo core business – non è un’attività che si improvvisa dall’oggi al domani, né tanto meno lo sono i suoi risultati. Ma è molto più semplice… parlarne sui social.

Ed è così che i brand ricorrono al greenwashing: ovvero, particolari strategie comunicative che permettono a un’azienda di costruirsi una brand identity “green” e di diffonderla al proprio pubblico, indipendentemente dalla reale propensione di quella stessa azienda alla sostenibilità ambientale delle proprie attività.

Il greenwashing di un brand – che si può tradurre come un “lavaggio verde” – è una pura azione di marketing che può concretizzarsi in diversi modi, dall’affiancare il proprio nome a una specifica azione ambientalista con una particolare visibilità, fino a cercare di spostare l’attenzione del pubblico sulle attività “verdi” intraprese dall’azienda (vere o presunte) per nascondere invece altre attività non esattamente a favore dell’ambiente. Una strategia dalle molte facce con un unico scopo: dare un alone “green” ai brand per renderli più “simpatici” agli occhi di un pubblico sensibilizzato sul tema ambientale.

Nonostante la questione sia più attuale che mai, il greenwashing non è certo nato sui social: già negli anni Ottanta si faceva riferimento alla pratica delle grandi catene alberghiere che chiedevano ai propri ospiti di non mettere a lavare quotidianamente gli asciugamani se non strettamente necessario. Presentata come una “buona azione” per ridurre l’impatto ambientale del lavaggio degli asciugamani, in realtà altro non era che un espediente per ridurre gli ingenti costi di di lavanderia.

Sui social però la pratica del greenwashing attrae i social media strategist peggio delle sirene di Ulisse, allettati dalla prospettiva di raggiungere il massimo risultato con uno sforzo tutto sommato limitato: ovvero sfruttare le dinamiche della viralità sui social per ottenere un sacco di visibilità positiva per il brand e una reputazione “verde” che ben si sposa con i temi caldi della discussione del web.

Ovviamente non sempre le cose vanno come ci si aspetta: ma può capitare che quello che a prima vista venga archiviato come un “social media fail”, ad un esame più attento si riveli come un tentativo di greenwashing non particolarmente ben riuscito.

È il caso, ad esempio, dell’ormai storico post che Volkswagen pubblicò all’indomani del Capodanno 2012. Il 3 gennaio di quell’anno, sulla pagina Facebook ufficiale del colosso automobilistico tedesco, apparve una domanda apparentemente innocua: cosa vorreste che facessimo per voi, quest’anno?

Quello che sembrava solo un modo come tanti per stimolare un po’ l’engagement del pubblico di Facebook nel periodo di stanca post festività natalizie, celava invece un tentativo nemmeno troppo sottile di enfatizzare la propria disponibilità ad assecondare i desideri dei propri potenziali clienti e mostrarsi sensibile alle stesse tematiche che stavano a cuore del pubblico. Tutto questo accadeva nonostante, soltanto qualche mese prima, Volkswagen venisse accusata da Greenpeace di fare ostruzionismo nei confronti di diverse leggi comunitarie sul clima e sulla regolamentazione delle emissioni di Co2.

Come sappiamo, in quell’occasione le cose non andarono troppo bene per Volkswagen che si vide sbattere in faccia centinaia di accuse: quel post divenne il collettore della protesta degli utenti che, nei commenti, accusarono la casa automobilistica di “svendere il pianeta per perseguire i propri interessi”.

Lesson Learned: Il greenwashing è una tentazione per moltissimi brand, specialmente quando riprende forza il dibattito sulla questione ambientale. Nonostante le molte forme in cui può presentarsi, molto spesso però questa pratica viene “smascherata” per quello che è: una strategia come molte altre che poco ha a che vedere con un reale impegno di un’azienda per la salvaguardia del pianeta. 

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