Girl Scouts: su Twitter non puoi fare la signorina Rottenmeier

Avete presente, nei film, quando si vedono gli scout vendere biscotti porta a porta? Ecco, Girl Scouts fa proprio questo: incoraggiare le ragazzine a svolgere attività benefiche tra cui, appunto, la vendita di biscotti agli abitanti del proprio quartiere, per poi devolvere il ricavato in beneficienza. L’organizzazione, fondata più di un secolo fa, ha cercato di tenersi al passo con i tempi comunicando i propri valori e la propria mission sul web.

E poi c’è Emma, una ragazzina americana che fa parte di Girl Scouts. Emma è particolarmente sveglia, e nei suoi piani c’è quello di produrre tantissimi biscotti da spedire alle truppe americane impegnate nelle missioni all’estero, e di farsi pagare via PayPal. Da nativa digitale quale è, Emma considera assolutamente normale vendere biscotti su Internet invece che porta a porta e di raccogliere le donazioni usando un conto virtuale.

Ma lo spirito di iniziativa di Emma si scontra con le regole di Girl Scouts, che non permette alle sue affiliate di operare con pagamenti digitali, ma solo di ricevere personalmente i contanti (o gli assegni!) guadagnati con la vendita dei biscotti porta a porta.

Appena si scopre il guazzabuglio Emma chiede lumi via Twitter direttamente a Girl Scout. Ma la risposta che ottiene non sembra risolvere l’empasse:

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 [Fonte: Steamfeed.com. “Siamo orgogliosi della tua dedizione e ci scusiamo se abbiamo creato confusione retwittando la tua iniziativa. Le ragazze possono “commerciare” biscotti online ma non possono portare a termine una transazione online. Deve essere fatto di persona, per imparare. Pensiamo che tu sia fantastica e siamo sicuri che troverai un modo per continuare a fare del bene nel rispetto delle nostre regole”.]

Al di là dei toni affettati e tralasciando il fatto che ad Emma è stato detto più o meno di arrangiarsi, questi tweet rivelano una grande confusione nel modi di gestire la comunicazione sui social media da parte di Girl Scout: prima di tutto questa sarebbe stata una faccenda da gestire in privato. Emma avrà anche undici anni ma il sito che ha messo in piedi, probabilmente spalleggiata da mamma e papà, dimostra una certa padronanza degli strumenti. Quindi, probabilmente, sarebbe stato più corretto gestire la questione lontano da Twitter e cercare una soluzione che non mettesse in cattiva luce Girl Scouts.

In secondo luogo, stiamo parlando di una ragazzina di undici anni che vuole fare del bene. Bacchettarla in quel modo pubblicamente quando, tecnicamente, non ha fatto nulla di sbagliato significa attirare su di sé lo sdegno di quanti hanno assistito alla scenetta. Un altro motivo per sbrogliarsela in privato, evitando così di suscitare le reazioni indignate dei genitori e degli utenti più grandicelli pronti a correre in soccorso di una ragazzina e salvarla da una serie di regole vetuste e assurde.

Infine, l’escalation dei tweet. Prima la lodi per la sua iniziativa, poi le dici che sì, le ragazzine possono vendere biscotti online ma poi che no, non possono accettare pagamenti online e alla fine le dici più o meno vedi un po’ di arrangiarti, ché ci sembri tanto sveglia. Insomma, Girl Scouts decidetevi e prendete una posizione! Possibilmente senza cambiare versione a ogni tweet e senza dare l’idea che, dall’altra parte dello schermo, stiate ferocemente discutendo di cambiare la vostra policy per non inimicarvi una potente undicenne e rovinarvi la reputazione.


Lesson Learned
: Stare sui social media significa anche ammettere che qualcuno possa saperne più di noi, avere idee migliori delle nostre e metterci in difficoltà agendo in un modo che non avevamo preventivato. In caso che questo accada è bene tentare di gestire la questione in sicurezza, cercando di non farsi cogliere in castagna davanti a tutti (e fare una figuraccia).

 

 

 

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